Voxyl

Sul blog di Voci.fm siamo pronti per raccontarvi dal vivo un’altra storia legata ai nostri professionisti. Oggi siamo in compagnia di una voce che non avrebbe assolutamente necessità di presentazioni perché è diventata come direbbero gli inglesi “familiar”, dato che è entrata milioni di volte nelle nostre case attraverso la radio e la tv. Vi stiamo parlando di Alex Poli, Voce ufficiale di Rtl 102.5, per tanti anni è stato speaker istituzionale di Rete4, doppiatore e attore. Un’intervista che si è trasformata in un’occasione speciale, in cui non sono mancate risate, consigli per i più giovani e la condivisione di un ricco bagaglio di esperienza che ispirerà tantissimi di voi! Ma andiamo subito a scoprire qualcosa di più…

Intervista realizzata ad Aprile 2016 da Matteo Mattiacci

Come inizia la tua carriera?
La curiosità è stata la spinta iniziale. Era il 1976,un giorno ho acceso la radio perché spesso ascoltavo la Rai e ho sentito Radio Rimini. La cosa mi ha stupito moltissimo, non me ne capacitavo perché era una cosa fuori da ogni immaginazione. Non avevo ancora grande confidenza con la radio. Presto mi accorsi che c’era un’altra radio in zona e si chiamava Radio Adriatico. Era una radio non solo di quartiere, ma proprio di “garage”. Una sera, in maniera apparentemente “casuale”, in discoteca ho incontrato una ragazza che faceva parte di questo piccolo “consorzio” di amici che avevano costruito questa piccola emittente. Quindi anziché corteggiarla, ho iniziato a romperle le scatole per andare in onda! Fu così che durante il mese di agosto mi dissero di andare a fare un provino. Non c’era una sala di registrazione, quindi l’unico modo per mettermi alla prova era quello di fare una diretta. Era il 13 di agosto, lo ricordo ancora, ore 13.00, erano tutti al mare ed io sono stato in onda fino alle 17. Sapete perché? Perché quello era l’orario in cui si “cuccava”…Quindi loro erano a rimorchiare al mare ed io li ho sostituiti per 4 ore abbondanti!

Ti ricordi ancora l’emozione delle prime volte on air?
Assolutamente si e ricordo anche il primo disco che misi: “Zodiac” di Roberta Kelly. Da li è partito tutto perché poi la passione è cresciuta in modo esponenziale di giorno in giorno. Ho avuto la possibilità di fare pubblicità alla “Publifono” per la quale ho lavorato diversi anni . Finchè un giorno insieme ad una mia carissima amica, Betty Miranda, ci guardammo negli occhi e ci dicemmo: perché non andiamo a Milano?
Io avevo 17 anni e siamo partiti insieme. Una volta arrivati abbiamo cominciato a telefonare a tutti gli studi e piano piano ci siamo presentati. Lei ha avuto subito il suo momento, è andata da Cecchetto e ha iniziato a lavorare a quella che sarebbe diventata poi Radio Deejay. Io ho aspettato ancora un po’, nel frattempo, mi sono spostato a Roma dove sono andato a fare dei provini con il famoso Pino Locchi e dove ho conosciuto i più grandi doppiatori. Successivamente sono tornato a Milano e qui ho avuto la mia grande occasione andando tutti i giorni a “rompere le scatole” ad un tal Franco Godi; e lo dico con entusiasmo perché è stato il talent scout che mi ha dato la possibilità di partire, lui è stato il primo jingle man d’Italia, quello che aveva fatto tutte le pubblicità dagli anni ’60-’70. Mi disse: “basta non ti si può mandare nemmeno a quel paese perché sei troppo simpatico, vieni domani a fare un provino! C’è il manager della Kodak che sta cercando la voce di brand per i prossimi 12 anni, se sei bravo vediamo cosa si può fare!”. Andai e a 19 anni ottenni, con grande orgoglio, il mio primo contratto.

Tu hai studiato tutto da solo? Come ti esercitavi?
Gli strumenti che esistevano oggi all’epoca non c’erano. Esisteva il D.O.P, il dizionario di orto pronunzia italiana secondo la Rai. Io ho ascoltato tanto, ho esercitato l’orecchio e questo mi ha aiutato molto. In questo modo ho appreso la dizione e imparato il modo di leggere. Abbiamo creato degli stili perché in quel momento eravamo dei pionieri e questi seppur modificati, sono rimasti ancora oggi dei punti di riferimento.

Quali sono le caratteristiche che rendono una voce riconoscibile?
La riconoscibilità è uno stile assolutamente proprio. Il fatto che esistano dei clichè a cui molti si ispirano, non fanno altro che perdere di personalità. Ognuno dovrebbe trovare un modo proprio di esprimere il proprio sentimento, il proprio colore spirituale e interiore. Per quanto mi riguarda, quello è un fatto  dovuto solo esclusivamente ad una sorta di maturazione interiore e anche di vita che ognuno di noi ha. E’ quella che si deve esprimere ed è quella che da valore alla lettura e all’interpretazione. Mai ispirarsi a dei clichè perché è la cosa più sbagliata che si può fare.

Cosa consigli ai giovani che iniziano ora a fare questo mestiere?
Di guardarsi dentro. E’ da tanti anni che insegno comunicazione, ma quella che faccio io è improntata su presupposti diversi. Non faccio quello che produce per tutti. I coach normalmente ti danno un vestito che ti devi mettere anche se non ti calza del tutto. Per quanto mi riguarda, chi viene da me fa prima di tutto un percorso di crescita interiore e alla fine gli insegno anche la dizione, perché è l’ultima cosa. Noi siamo l’espressione divina del divino stesso e in quanto tali dobbiamo essere riconoscibili. Bisogna essere veri, essere propri; la bellezza vocale non c’entra più nulla.

C’è qualcosa che vorresti creare con la voce che ancora non hai mai fatto?
Mi sono dedicato molto alla pubblicità e non ho potuto fare tantissimo doppiaggio nella mia vita. Se c’è un sogno rimasto nel cassetto direi che è quello di poter incrementare un po’ di più quell’attività.

Recentemente è iniziata la tua avventura come conduttore su Radio Zeta l’Italiana. Come sta andando?
L’esperienza è ricominciata, ne ho fatta tanta di radio…ho avuto anche una Radio “ Hot One Undred” a Rimini. E’ stata un’esperienza durata 7 anni e non avendo più il tempo di seguirla, ho dovuto lasciare tutto. Dunque dopo 22 anni, sono tornato a condurre in radio ed è una bella esperienza.

Arriviamo al gioco passa la Voce. Qual è il collega che hai scelto e quale la domanda che dobbiamo portargli?
Nomino Roberto Pedicini e potete chiedergli se quella famosa frase di Kavin Spacey che dice “ la più grande beffa del diavolo è quella di aver fatto credere di non esistere” pensa sia vera. Lui sa a cosa mi riferisco.


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