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Scorrono brividi nell'ascoltare l'emozionante racconto "Da dietro il leggio" del doppiatore Bruno Conti e dei tanti turni in sala al fianco di Tonino Accolla, compianto mostro sacro del doppiaggio italiano, direttore dell'edizione italiana de "I Simpson", voce di Homer Simpson, Eddie Murphy, Jim Carrey e tantissimi altri grandi attori internazionali. 

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Quel che era sicuro era che il turno con Tonino non sarebbe stato un turno “normale”! Questo lo sapevo già da casa. Nel senso che i turni con lui erano pieni di inventiva, trovate, fatica, discussioni, risate e confronti.

Tutti sanno della sua bravura come attore ma io (ed altri come me) conosco bene la sua bravura come direttore. Certo può sembrare banale ma non lo è. Non tutti i bravi attori erano (e sono) dei buoni direttori di attori.

Tonino Accolla era un personaggio controverso; chi lo amava, chi no, ma per quel che mi riguarda... mi divertiva.

Lo conobbi nei primi tempi da “libero”, nel senso che aveva la sua società, non sapevo bene chi fosse, poi mi fu spiegato. Non ricordo di aver fatto provini; vidi poi che faceva lavorare gli attori in turni di brusio e così li sentiva. E usava molto noi giovani, sapeva collocarti nei ruoli che tu eri all’altezza di fare.

Lui si incuriosì a me dopo un fatto: aveva un problema e andò via lasciando la direzione al grande Sandro Iovino. Prima di andare mi disse: “provaci tu a doppiare questo qui, attento che non è facile ti lascio con Sandro”. Era il personaggio di un lustrascarpe che per attirare i clienti si serviva di una cantilena strana (oggi la definiremmo “rap”), era molto “nero” ed effettivamente non era facile ma bastava andargli dietro coi tempi e non recitare. Ancora mi ricordo l’incipit: “splendi e vai, splendi e vai” e via coi vantaggi di avere le scarpe pulite: “con la fidanzata, il lavoro, la gente”. A pensarci bene, forse non era nemmeno un attore tanto era vero; va a capire! Io lo doppiai seguendolo e Sandro (che conoscevo poco allora) mi disse che l’avevo fatto molto bene e di stare tranquillo.

Io andai, come spesso accade, dubbioso del mio operato; sono sempre stato umile ma alle volte lo ero (e lo sono tuttora) un po’ troppo. In breve seppi che lui era stato molto contento di quel pezzo “rappato” e infatti me lo confermò. Ogni tanto un collega mi faceva, ridendo, “splendi e vai, splendi e vai”; io neanche capivo che era un complimento. Cominciai così a lavorare anche con lui (ho la fortuna di poter dire che i miei maestri sono stati spesso anche colleghi oltre che direttori) e lui diceva che bisognava “recitare coi nervi”. Una sua massima, come numerose altre, che poi diventavano fonte di battute fra noi e lui. Io lo prendevo in giro ma sempre col massimo rispetto.

Lui era di quelli che mi inibiva non so se l’abbia mai saputo. E per me era una fatica in più, perchè molti sottovalutano l’emotività davanti al leggio, io no. E non riguardava solo me. Lui faceva recitare bene tutti, anche quelli che avevano un vero e proprio terrore di lui. Dava tempo, scherzava, ma se decideva che dovevi farlo tu... lo dovevi fare tu! 16 volte una battuta di un poliziotto ne “Il silenzio degli innocenti”; me la ricordo ancora: “Un’altra” diceva, e basta, ma me la fece ripetere finché non la feci buona. Con lui questa era la “routine”; a volte infatti risultava molto tosto ma alla fine la battuta era giusta e questo contava.

Io mi sono sempre ascoltato mentre lavoravo e capivo quando la battuta era stonata; con lui non succedeva. Quindi, quando capisci che puoi “fidarti” non è cosa da poco. A volte inventava delle cose un po’ buffe, come dire la battuta dietro le spalle del collega se il personaggio era dietro una porta; era più naturale, secondo lui, del cartone davanti al microfono. Spesso citava il suo maestro (forse perchè si sapesse in giro) ma comunque si lavorava, si discuteva di questo e di quello, ci si prendeva una pausa. A volte si “sforava” di brutto. Doppiammo “Robin Hood” con un cast indovinatissimo; io però facevo troppi ruoli e si sentiva e in questo a volte non se ne accorgeva. Io colpa non ne avevo. E “Leon”, “Alien 3”, i film di Mel Brooks, film francesi d’autore, tutti diventati grandi successi. Su “Braveheart”, che io vidi a Padova perchè ero in tournée, non sbagliò una voce. Mi ricordo anche quando mi fece doppiare James Brown: “dì I feel good, metticelo che ci sta bene!”.

A volte faceva “l’artista” e parlava come certi tromboni all’interfono, poi sbragava in siciliano se facevi una cazzata. Ho doppiato con lui indigeni, neri, bianchi, ispanici, eleganti, sporchi, vecchi, giovani, di tutto. E' stata una gran bella palestra. Poi arrivarono “I Simpson”... e si aprì un mondo. All’inizio sembrava fossero dei cartoni normali (ora sarebbe lunga e non c’entra) poi lui “capì” cos’erano (noi che doppiavamo personaggi secondari all’inizio arrancavamo), poi capimmo piano piano anche noi (anzi ce lo fece capire lui) e furono turni dove lui poté divertirsi come voleva e quanto voleva inventando voci, caratterizzazioni, linguaggi, di tutto.

I “dialetti” cominciarono proprio con me, facevo il capo della polizia e lo stavo guardando... lui pensieroso disse “me lo fai un po’ burino?” Non era convinto e gli stava scattando qualcosa e io pensai di farlo imitando la parlata scenica di Silvio Spaccesi. Mi girai e tutti ridevano. E dal quel momento quello calabrese, quello napoletano e così via. Insomma, cominciò li un’altra delle sue invenzioni. Tonino Accolla ha dato soddisfazioni a molti attori, a volte era duro a volte perfino antipatico, ma io lo smontavo prendendolo in giro.

Un giorno, in un momento “artistico”, diede come indicazione ad un attore : “mettici un po’ di Strurm”; io mi girai e lo guardai sconsolato. Lui per non ridere si attaccò al suo sigaro Avana. Io penso che tutti dobbiamo qualcosa a Tonino. In maniera diversa. Io non sono mai stato un doppiatore importante e non lo sarò mai. Ma la sala la conosco. E la perdita del nostro "pazzo diamante" (per dirla coi Pink Floyd) e come scrissi quando mi arrivò sul cellulare la notizia... non è stata da poco. E questo tutti lo sanno. Io da parte mia sono tranquillo perchè Tonino sapeva quanto lo stimassi, nonostante ci fu tra noi un momento di allontanamento professionale. E quando gli feci i complimenti per il suo bellissimo “Romeo + Giulietta”, rimase ancora una volta sorpreso. E disse “ah ti è piaciuto?” “E certo! Perchè? ti meraviglia?” “No... tu sei uno vero, lo so”; il tutto senza alzare la testa, quasi timidamente. Perchè pur se in quel momento non lavoravamo insieme, io ero andato a dirgli “bravo”; lo meritava.

Lavorammo ancora insieme sempre prendendoci in giro e rispettandoci. Fino a quel messaggio.

E certo, per finirla, sarebbe da dire: ”I wish you were here... pazzo diamante”.

Articolo a cura di Bruno Conti

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