Voxyl

La storia della radio italiana , nella consueta rubrica curata su VOCI.fm da Enzo Mauri. Questa volta si parla di giovani e di quanto fu fondamentale il contributo che diedero a metà anni ’70 a un fenomeno inarrestabile.

Articolo realizzato da Enzo Mauri



Cosa induceva centinaia per non dire migliaia di giovani ad accostarsi al mondo delle radio libere negli anni ’70? Bisogna innanzitutto dire che proprio l’esplosione demografica di quegli anni, di conseguenza la gran quantità di ragazzi e ragazze (i 50/60enni di oggi) che popolavano città e paesi italiani, è da individuare fra i motivi che favorirono in poco tempo l’espansione del fenomeno in tutta la penisola. Quelle piccole strutture, alcune destinate a durare nel tempo e a divenire vere e proprie aziende, corrispondevano grosso modo ai social di oggi e riuscivano a intercettare l’esigenza insita in tutti in noi e quindi anche negli individui di allora, di mettersi in evidenza, proporsi, comunicare le proprie idee.

Altro aspetto rilevante, il modesto investimento economico iniziale, un po’ come capitò a un gruppo di miei amici alla fine degli anni ’70, tramite autotassazione si raccoglieva la somma necessaria all’acquisto di un piccolo trasmettitore da pochi watt che permetteva comunque di coprire con il segnale qualche chilometro, questo finche’ le frequenze si presentarono relativamente sgombre, presto le cose sarebbero cambiate. Quanto all’attrezzatura interna: mixer, giradischi, microfono e una piastra di registrazione, ognuno contribuiva con quello che aveva in casa, musica compresa. Le radio libere ebbero l’indubbio merito di supplire alle carenze della struttura statale, nella fattispecie la Rai, dalla programmazione ingessata e poco disposta ad offrire, tranne poche eccezioni, trasmissioni rivolte a un pubblico giovane, la stessa informazione locale compresa quella sportiva, divenne prerogativa delle emittenti sorte sul territorio nazionale perché trascurata dalla Rai, sebbene la recente riforma del 1975 stabilisse la nascita di redazioni in loco.

In poco tempo la FM si popolò di segnali che offrivano tanta di quella musica come nessuno fino a quel momento avrebbe potuto immaginare e al centro di quell’universo fatto di voci e suoni c’era lui: il conduttore radiofonico, lo speaker, il disc jockey. Quelli al microfono vennero considerati dei marziani, in grado di attirare folle adoranti di ascoltatori che pendevano letteralmente dalle loro labbra. La possibilità di diventare dei piccoli divi incentivò nei giovani il desiderio di fare radio, un po’ quello che capita oggi con gli influencer da migliaia di follower. Quanto allo stile di conduzione, agli esordi avendo pochi punti di riferimento ci si basava soprattutto sull’improvvisazione, i risultati erano ben altra cosa rispetto ai programmi di mamma Rai, un po’ troppo istituzionali ma di sicuro molto ben curati e con voci in linea di massima dalla dizione ineccepibile.

Le radio libere invece offrirono tutto il folclore tipico dei luoghi da cui trasmettevano, le inflessioni dialettali impazzavano, gli errori tecnici pure, ma gli ascoltatori non ci badavano troppo ammaliati com’erano da quel fenomeno cosi accattivante, una sorta di piacevole febbre che stava contagiando ogni strato del tessuto sociale. Le radio favorirono anche i rapporti interpersonali, inutile nasconderlo il disc jockey in genere uomo, poche le donne in onda, poteva permettersi anche una nutrita schiera di fan dell’altro sesso con cui nascevano innumerevoli relazioni di breve durata, spesso promiscue. Tutto questo agli albori dell’epopea delle radio libere, presto fare radio per molti sarebbe diventato il lavoro di una vita.
 

mettiti in evidenza
mettiti in evidenza
mettiti in evidenza
mettiti in evidenza

index