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"LIFE The AudioMOVIE": Casting per 107 voci

Per noi è questo "IL CASTING DELL'ANNO": 107 voci per realizzare il primo "film senza immagini" ispirato alla trilogia "LIFE" di Alex Poli.
Tutta l'emozione di un thriller mozzafiato indossando soltanto le cuffie. Questo è il senso dell'AudioMOVIE di "LIFE", che prende vita grazie ad una colonna audio capace di suscitare più emozioni di un kolossal, con un mix perfetto di grandi voci, ambientazioni cinematografiche, temi musicali inediti.

Perchè un AudioMOVIE non è un audiolibro; non “narra” una storia, ma la fa vivere a chi ascolta, proprio come un film! Lo dimostriamo con questo trailer:

https://soundcloud.com/voci-fm/life-audiomovie-trailer

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VOCI.fm SELEZIONA 107 VOCI, maschili e femminili, per altrettanti caratteri dell'AudioMOVIE "LIFE" di Alex Poli.
E' richiesta PROFESSIONALITA' già acquisita (e documentabile) NEL CAMPO DELLA RECITAZIONE.

CASTING RISERVATO AD ATTORI PROFESSIONISTI CON ESPERIENZE IN SALA DI DOPPIAGGIO / REGISTRAZIONE
Indispensabile disporre di proprio home-studio o struttura di appoggio per registrazione in autonomia

Se sei iscritta/o a VOCI.fm e vuoi partecipare a questa selezione clicca sul tasto e potrai visualizzare l'elenco dei personaggi da interpretare


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Al cinema con David Leitch's DEADPOOL 2

Prendiamo un film, ne analizziamo la trama, gli attori e il doppiaggio. E lo facciamo insieme ad un esperto di cinema del calibro di Alessandro Delfino. E' la rubrica “AL CINEMA CON...”, un appuntamento speciale solo sul #sitodellevoci. In questo articolo vi parliamo del mercenario più popolare, più comico e più irriverente della saga mutante degli X-Men, nonché di tutto il mondo dei cinecomics e del secondo film che lo vede protagonista: signore e signori... “Deadpool 2”.

Recensione a cura di Alessandro Delfino


Deadpool è un personaggio davvero insolito per il mondo dei fumetti. Creato nel 1991 da Rob Liefeld, si è sempre distinto per il suo essere sopra le righe, anticonformista, capace di parlare direttamente al lettore ed essere l’unico personaggio inventato a sapere di esserlo.

Una figura per niente facile da trasporre in pellicola, ma nel 2016 grazie agli sforzi congiunti dell’attore Ryan Reynolds e del regista Tim Miller, la 20th Century Fox (casa di distribuzione di tutti i film degli X-Men) porta con successo al cinema la prima storia dedicata al mercenario chiacchierone.

La pellicola è fresca, inedita, piena di battute irriverenti verso il mondo dei cinecomics e parodia del cinema in generale, ma riesce anche ad essere un ottimo omaggio ai film action degli anni novanta; il successo è clamoroso, e non è poco visto anche il divieto ai minori per l’innumerevole violenza sparsa in tutto il film.

Il primo Deadpool inaugura un nuovo ciclo di pellicole vietate ai minori ("Logan" del 2017, altro grande successo di pubblico) e porta quindi tanta attesa per il seguito che esce a Maggio 2018; il sequel si rivela ancora un grandissimo successo di pubblico arrivando a superare di gran lunga il primo film.

La storia di questo Deadpool 2 si rivela molto più intricata del suo predecessore, dove assistiamo ad una evoluzione del personaggio di Wade Wilson, da mercenario dal cuore d’oro nel primo film a giustiziere dedito a salvare l’anima di un ragazzino mutante molto pericoloso; non solo, si evolve anche in maniera inaspettata la storia d’amore tra Wade e Vanessa, già molto forte in Deadpool.

Inoltre la novità vera e propria arriva nel rinnovamento del cast: oltre alle simpaticissime spalle Dopinder e Weasel (già comparsi nel precedente film) arrivano Cable e Domino, due nuovi mutanti pronti a costituire insieme ai vecchi “amici” di Deadpool Colosso e Testata Mutante Negasonica un nuovo gruppo di eroi.

Soprattutto la presenza di Cable, oscuro mutante proveniente da un misterioso futuro, porta il film a molti momenti drammatici e di azione, perfettamente in equilibrio con le parti comiche del film, qui ancora più spinte al limite. La regia inoltre cambia: da Tim Miller si passa a David Leitch (già regista dei due film che hanno riportato in auge il cinema d’azione: John Wick e Atomica bionda), ma Leitch non fa rimpiangere il predecessore portando il film ad una dose ancora maggiore di violenza e scene adrenaliniche di alto livello. Un film quindi completo a tutti gli effetti che porta novità e freschezza nell’ormai usurato mondo dei cinecomics.



L’edizione italiana di questo film è curata da Fiamma Izzo (direttrice anche di tutti i film degli X-Men) che mette insieme la sua squadra di mutanti: se da un lato riconferma il protagonista Francesco Venditti (che curiosamente aveva già doppiato Reynolds / Pool anche nel brutto film "X-Men le origini: Wolverine"), Francesca Manicone su Vanessa, Simone Crisari su Weasel, Alessandro Budroni su Dopinder, il madrelingua Ivan Melkumjan su Colosso, Gaia Bolognesi su Testata Mutante e Rita Savagnone su Al, dall’altro arrivano le nuove entrate costituite da Pino Insegno su Cable ed Erica Necci su Domino, e non ultimo il giovane Tommaso Di Giacomo sul mutante adolescente Firefist.

Un team che funziona a tutti gli effetti, in particolare Francesco Venditti, che si dimostra ormai il perfetto alfiere non solo di Deadpool, ma anche dell’attore Reynolds, dotato di un’irriverenza comica molto particolare, Pino Insegno che restituisce la ruvidezza e la drammaticità del mutante cyborg ed Erica Necci, simpatica e cazzuta voce della mutante fortunata Domino. E voi? Quale voce vi ha fatto più ridere? Scrivetecelo qui o sui nostri social
 

 

Alessandro Quarta: voce di Ethan Hawke, Topolino...

Il viaggio di VOCI.fm nel mondo del doppiaggio non può non fermarsi dalle parti di Alessandro Quarta, doppiatore di numeri uno del cinema come Ethan Hawke o di veri e propri “miti” come Topolino. Nell'intervista realizzata da Diego Bandinelli, scopriamo i segreti di un successo che prosegue da 40 anni. 

Intervista realizzata da Diego Bandinelli


Come ti trovi a doppiare l'attore Ethan Hawke e qual'è un suo film che ti è particolarmente piaciuto?
Dico la verità, per me Ethan Hawke è un attore come gli altri che doppio e che ho doppiato; dovendo proprio scegliere un titolo, direi “L'attimo fuggente” che mi evoca ricordi piacevoli perchè è un film intenso, con una cura maniacale per ogni particolare.

Preferisci doppiare film cinematografici o cartoni animati?
I cartoni animati sono più difficili da doppiare, sia per il tipo di recitazione sempre sopra le righe, sia perchè ci sono meno punti di riferimento da seguire, tipo le espressioni del viso che invece aiutano tantissimo nel doppiaggio di un attore in carne ed ossa. Nei film hai più sentimento, mentre in un cartone animato è quasi sempre questione di tecnica e dinamica della voce.

Sappiamo Alessandro che sei anche direttore del doppiaggio. Puoi parlarci di questo lavoro?
Beh, io sono un musicista direttore di gruppi vocali, quindi mi sono trovato a gestire contemporaneamente anche più di 20 elementi di un'orchestra, ognuno con un ruolo ed uno strumento diverso. Capisci da solo che “ridurre” la direzione ad uno, due o tre persone che recitano è molto più semplice! Amo molto il ruolo di direttore del doppiaggio, perchè ti permette di “creare”, pur restando nella tematica del film sui cui sto lavorando.

Parlaci quindi della tua passione per la musica!
Io ho iniziato a circa 18 anni studiando musica, per poi specializzarmi nel canto che considero l'espressione a me più congeniale. D'altronde la voce è il mio strumento e mi sono divertito a metterla alla prova nei generi più disparati; mi sono fermato tanti anni alla musica medievale e antica per poi passare ai miei progetti voce-percussioni.

Come ti sei trovato a doppiare per ben 9 stagioni il personaggio di J.D. nel telefilm “Scrubs”?
Scrubs” è una serie fantastica, che ricordo con grande piacere; sia perchè era così ben fatta da poterla riguardare all'infinito senza mai stancarsi, sia perchè ho lavorato con un team di colleghi che conosco fin da bambino e quindi mi sono sentito sempre in famiglia. E l'aver curato il personaggio di J.D. per tutti questi anni ha fatto si che la gente associasse (ed associ tuttora) il suo volto alla mia voce; una cosa molto bella.

E parlando di altre seri tv che hai doppiatore, cosa mi dici di “Lost”?
Di “Lost” ho un ricordo molto vivo, perchè il mio personaggio è stato introdotto tardi e quindi mi sono trovato a lavorare da solo, entrando in una serie già avviata da tempo. Ho fatto affidamento sulle indicazioni del direttore di doppiaggio e l'ottimo risultato finale è stata davvero una bellissima sorpresa. Ho rivisto la serie tutta di seguito e mi è piaciuta moltissimo!

Come ti è nata la passione per il doppiaggio?
Ammetto che inizialmente mi avvicinai al doppiaggio per avere una vita “normale”; lavorando fin da bambino in teatro, gestivo dei tempi piuttosto diversi dalle persone comuni, ero spesso in tournèe o comunque lavoravo in orari “da spettacolo”. Il doppiaggio era quindi quell'alternativa che mi permetteva di restare vicino alla recitazione ma senza compromettere troppo la mia vita privata. Poi mi ha letteralmente conquistato!

Alessio Cigliano: un grande doppiatore su VOCI.fm

Che cosa hanno in comune Ken il Guerriero, Yattaman, Walton Goggins (detective in “The Shield”) e Erdogan Atalay (poliziotto di “Squadra Speciale Cobra 11”)? Semplice! La voce di Alessio Cigliano, uno dei più noti e versatili doppiatori italiani. Conosciamolo meglio nell'intervista a VOCI.fm

Intervista realizzata da Diego Bandinelli

Cominciamo con la domanda di rito: qual'è il personaggio preferito tra i tantissimi che hai doppiato?
Non c'è un personaggio preferito, ci sono personaggi che ho seguito per anzianità di servizio, che ho doppiato di più. Ci sono degli attori che seguo da tanti anni, soprattutto televisivi: il dr. Carter di “E.R. (Medici in prima linea)” oppure il poliziotto del telefilm “Squadra Speciale Cobra 11” che faccio da due decenni.

Cosa ci puoi dire della serie tv “The Shield” in cui doppi Shane?
Molto divertente farlo, un bel personaggio con un sacco di sfaccettature; lui ha fatto molto bene ed io gli sono andato dietro, che poi è il segreto del doppiaggio! Ho cercato di incollarmi il più possibile alla sua mimica, alle sue espressioni, alla sua psicologia, a tutto quello che esprimeva Walton Goggins.

Sappiamo anche che hai doppiato il mitico Zachary Quinto nella serie “Heroes”...
In “Heros” e nei film di “Star Trek” di Abrams, quelli dal 2009 in poi.

Ma c'è un attore che ti piacerebbe incontrare di persona?
Ho incontrato l'attore tedesco che doppio in “Squadra Speciale Cobra 11” ad un premio, eravamo entrambi invitati ed ho incontrato successivamente un altro paio di personaggi. A loro fa molto strano vedermi, in quanto rappresento la parte esclusivamente “italiana”.

Nel 2013 hai anche doppiato un film di fantascienza molto particolare: “Snowpiercer”! Eri la voce italiana di Chris Evans, il protagonista.
In quel caso è stata una bella scommessa del direttore perchè non è un attore che doppio abitualmente, anche anagraficamente non è proprio nella mia fascia di età. Mario Cordova ha voluto fare questo tentativo che alla fine mi è sembrato ben riuscito. Certo non sarebbe ripetibile su “Capitan America” o su altre sue interpretazioni, però quella è venuta bene.

Oltre ai personaggi di azione ti riescono molto bene anche i ruoli da cattivo, come in “12 Anni Schiavo” in cui doppi Michael Fassbender.
Una parte molto difficile da interpretare vocalmente. Siamo stati misurati ed abbiamo ricreato una sonorità interessante, non simile all'originale perché Fassbender ha un “vocione”, ma decisamente coerente.

Tu sei famoso per aver doppiato “Ken il Guerriero”, ma io ti conosco anche come voce del celebre gioco di X-Files.
Certo! Mi ci sono anche divertito, a parte il delirio di doppiare videogiochi in cui devi ripetere le cose cento volte. Di solito si doppiano sulla traccia audio e basta, ma in quel caso lo doppiammo con il sincro del video.

A questo punto la domanda è d'obbligo: preferisci doppiare film, videogames o cartoni animati?
Io mi diverto molto a doppiare cartoni animati, soprattutto se devo cercare sonorità, giochi di voce, adattarmi ad un personaggio. É tutto più semplice, non c'è la cosiddetta “introspezione”.

Hai un sogno nel cassetto? Un personaggio in particolare a cui dar voce?
Non ho un attore di riferimento al quale dare la voce, diciamo che mi piace seguire un attore nell'arco della sua carriera anche se non è proprio detto che tutte le interpretazioni che riesce a dare un attore possano essere seguite anche da chi presta la voce. Ci sono state situazioni in cui mi sono rivelato adattissimo a doppiare un attore, magari sul 90% delle cose che ha girato andavo bene, ma per un altro 10% non ero adatto. Amo ritrovare un attore che magari non faccio da un anno, che ha seguito altri progetti, calarmi con lui in altre parti e crescere insieme.

So che tu Alessio sei anche direttore del doppiaggio, parlaci un po' di questa parte del tuo lavoro.
Il direttore del doppiaggio è il regista della parte vocale, della recitazione localizzata nei vari paesi. Deve studiare il lavoro che ha sottomano, decidere chi lo interpreterà, chi meglio si potrà adattare a quella voce, a quel carattere, a quel personaggio; dopodiché concertare il tutto avendo studiato quello che sta facendo.

Ma come ti è nata la passione per il doppiaggio?
Un gioco da bambino che poi è continuato negli anni, è andato avanti e si è trasformato in un lavoro.

Quali consigli dai a chi vuol intraprendere la carriera di doppiatore?
Chi vuol diventare doppiatore deve essere “attore” o “bambino”, perché da bambino impari sul campo (certo, devi avere anche un po' di talento!). Se invece ti avvicini al doppiaggio da adulto una scuola è indispensabile, devi saper recitare e poi imparare la tecnica del doppiaggio.

Come vede Alessio Cigliano il doppiaggio in Italia, la polemica tra sottotitoli e doppiaggio?
L'unica cosa che ricordo sempre quando viene fatta questa domanda e che quello che vediamo in televisione, in qualsiasi forma, è finzione. Finzione destinata esclusivamente al pubblico madrelingua, non all'estero. Perchè se scrivo una cosa in italiano, non la scrivo perché la comprendano i francesi, i tedeschi o gli spagnoli, la scrivo perché la comprendano gli italiani. Per venderla all'estero, ho bisogno che possa essere compresa esattamente come in Italia. Quello che mi meraviglia, ogni tanto, è che ci sono delle persone che dicono che se tutto non fosse doppiato, gli italiani saprebbero parlare perfettamente l'inglese. Non mi sembra che la tv sia un mezzo con il quale la gente deve andare a scuola, ma un semplice intrattenimento! Poi che ci possa essere il regista o il cineasta che la mette sul personale e dice “le mie opere doppiate fanno schifo” è tutto legittimo. Ognuno può pensare quello che vuole, ma quel cineasta non avrebbe nessuno che lo ascolta in Italia se la sua opera non fosse doppiata, perché il grande pubblico non lo conquisti con i sottotitoli. Intanto non è vero che il sottotitolo non distrae dalla fruizione; costringe a guardare una porzione in basso dove in pratica non succede mai niente.

Alex Polidori e Manuel Meli: giovani talenti del doppiaggio

Patrizia Simonetti incontra Alex Polidori, voce di Spiderman e Manuel Meli, doppiatore di Jack Gleeson (Joffrey de “Il Trono di Spade”). Due ragazzi giovanissimi ma già da tempo pluripremiati protagonisti del doppiaggio italiano.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Manuel Meli e Alex Polidori, due doppiatori giovanissimi! Quando avete iniziato?
A: Beh, diciamo molti anni fa, più o meno 17. Avevamo 5 anni, siamo cresciuti insieme al leggio nelle sale di doppiaggio e siamo grandi amici anche al di fuori.

Cosa si doppia a 5 anni?
M: Nel film Pixar “Alla ricerca di Nemo”, Alex ha doppiato Nemo, io Pulce. Da piccolissimi, a 5 anni doppi i bambini o gli animaletti tipo “Winnie The Pooh”.
A: Si, in quel cartone animato io sono il cangurino e lui è l’elefantino. Abbiamo fatto tantissime cose insieme e adesso, riguardandole, quasi ci commuoviamo.

Ma qual’é il personaggio a cui vi piace di più prestare la vostra voce?
A: Per quanto mi riguarda, recentemente ho avuto il piacere di doppiare il nuovo Spiderman, quindi diciamo che mi sono affezionato a quello ed è il mio preferito, per ora.
M: Io ho doppiato Baby Driver, Joffrey nel “Trono di Spade” e quindi questi sono quelli a cui mi lego un pò di più… Un saluto agli amici di VOCI.fm da Alex Polidori e Manuel Meli. Ciao!



ALEX POLIDORI: CENNI BIOGRAFICI

Nato a Roma il 16 novembre 1996, Alex Polidori si fa notare giànel 2003, doppiando Nemo nell'omonimo film Pixar e Greg Heffley nella serie “Diario di una schiappa”. Ha inoltre doppiato Koda nei due film Disney “Koda, fratello orso”, Danny in “Ritorno all'Isola che non c'è”, Ranjan de “Il libro della giungla 2”, Tamburino in “Bambi 2” e Stanley in “I Robinson - Una famiglia spaziale”. Ha vinto il premio "Voce emergente dell'anno" al Gran Galà del Doppiaggio - Romics 2006. Nel 2016 doppia Tom Holland nel ruolo di Spider-Man in “Captain America: Civil War”. Il doppiatore ha doppiato Holland anche nei film “Spider-Man: Homecoming” e “Avengers: Infinity War”. Nel 2018 doppia l’attore Timothée Chalamet nel film “Chiamami col tuo nome”.

MANUEL MELI: CENNI BIOGRAFICI

Nato a Roma il 25 Marzo 1995, Manuel Meli è la voce italiana di Josh Hutcherson, soprattutto nella serie “Hunger Games”. Il suo indiscutibile talento lo fa notare fin da bambino, prestando la voce a tantissimi personaggi animati:Ash in “Fantastic Mr. Fox”,Effy in “Winnie the Pooh e gli Efelanti”, Pulce in “Alla ricerca di Nemo”, Tantor in “Tarzan 2”, “Khumba” in “Khumba - Cercasi strisce disperatamente” e molti altri. Tra gli attori più imporatnti, ricordiamo Freddie Highmore, Logan Lerman, Brenton Thwaites, Colin Ford, Justin Bieber, Ben Walker, Jake Cherry ecc. Nel 2016 riceve il premio come “Voce dell'anno” al festival “Le voci del cinema”.

Anita Sala: a 9 anni voce della principessa Elsa

Anita Sala ha solo 9 anni ed è già una doppiatrice provetta. A scoprire il suo talento è stata, per puro caso la grande Giuppy Izzo che ad una cena tra amici dove c'era anche Anita con mamma e papà, le ha chiesto di leggere a voce alta il menù del ristorante e ne è rimasta immediatamente conquistata. Anita ha dato voce alla figlia del protagonista Tim nel film d'animazione “Baby Bosse alla piccola Elsanel cortometraggio Disney PixarFrozen - Le avventure di Olaf”, che accompagna al cinema, precedendolo, il tanto osannato lungometraggio “Coco”. Conosciamo Anita Sala nella videointervista realizzata da Patrizia Simonetti per VOCI.fm

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Anita Sala su VOCI.fm! Hai 9 anni ma sei già una doppiatrice provetta; tanto per cominciare, diciamo che hai doppiato la piccola Elsa nel corto Disney-Pixar “Frozen - Le avventure di Olaf”. Come è stato?
E' stato molto bello e adesso sto lavorando ad un documentario sui Gipsy in cui sono la voce di una bambina molto esuberante che comanda tutti a bacchetta.

Un personaggio molto diverso dalla principessa di Frozen. Quale ti è piaciuto di più?
Beh, devo dire che fare la bambina Gipsy mi piace molto perchè è davvero particolare. In generale, invece, mi piace tanto Olaf, perchè fa molto ridere.

Ti fa strano che fino a poco tempo fa i cartoni animati li guardavi soltanto e invece adesso dai la tua voce?
Si è molto strano, ma mi piace tanto.

Come è nato tutto questo?
Beh, io quando ero piccolina (5-6 anni) guardavo sempre il film “Zootropolis” della Pixar e mi incuriosivano molto le voci dei personaggi, volevo scoprire di chi fossero veramente. Ad esempio c'era Leo Gullotta e tantissimi altri grandi doppiatori. Mi divertivo ad abbassare tutto il volume col telecomando e a replicare le battute, andando a tempo sincronizzato.

Quindi una passione che vive in te da sempre quella per il doppiaggio! Ma ha influito un pochino il fatto che mamma e papà lavorano nel settore (Francesco Sala attore e regista e Viola Pornaro attrice)?
Un pochino si, perchè da piccola ho fatto anche il personaggio di “Cristina di Svezia” in teatro; in sala di doppiaggio però è diverso, io ero abituata ad avere il pubblico davanti ed invece lì c'è solo lo schermo con le animazioni da doppiare.

Cosa bisogna saper fare per diventare bravi nel doppiaggio già da piccoli e cos'è che ti piace di più di questo lavoro?
La prima cosa è leggere bene il copione ed è importante saper recitare; io, ad esempio, in questi giorni ho imparato a cercare gli anelli, le pagine e le battute. Poi bisogna rilassarsi; a me la sala di doppiaggio fa un effetto “zen”; anche se parto emozionata (sono sempre tutta rossa), quando arrivo al leggio mi passa tutto e mi rilasso.

E che consiglio daresti a chi vuol avvicinarsi a questa professione?
Mai distrarsi dal copione, secondo me è un lavoro difficile proprio perchè devi nello stesso tempo guardare lo schermo, ascoltare la voce originale, seguire il direttore di doppiaggio. E' tutto un fatto di concentrazione. Ciao VOCI.fm da Anita Sala.

(consenso alla pubblicazione rilasciato a VOCI.fm dai genitori di Anita Sala in data 17-12-2017)




Antonio Albanese: amo il doppiaggio ma senza fretta

Questo articolo ci permette di parlare di “voce” con un personaggio davvero sopra le righe ma altrettanto amato dal pubblico italiano: VOCI.fm ospita Antonio Albanese, che dal 6 Ottobre 2018 è in TV (Rai 3) con la sua prima serie, di cui è autore, regista e protagonista. Antonio, intervistato da Patrizia Simonetti, ci racconta anche del suo amore (poco coltivato) per il doppiaggio.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Chi non ricorda almeno uno tra i tantissimi personaggi interpretati da Antonio Albanese (Olginate, 10 Ottobre 1964)? Ognuno è, a modo suo, caratterizzato non solo da un aspetto particolare ma soprattutto da una voce, da un dialetto e da un modo di parlare unici. Fin dai tempi di Epifanio o di Alex Drastico, da Pier Piero o Cetto Laqualunque, Antonio Albanese riesce ad immedesimarsi e “trasformarsi” con ironia. Lo fa anche nella fiction Rai "I Topi", diventando Sebastiano, boss latitante siciliano che vive con tutta la sua famiglia in una casa provvista di bunker nel quale si cala ad ogni suonata di campanello, attraversando cunicoli e passaggi segreti. Ma con questo suo grande talento che gli permette di cambiare tonalità e calata ad ogni personaggio, perché mai, vi chiederete, non si è mai cimentato nel doppiaggio? Beh, forse non tutti lo ricordano, ma tanto tempo fa lo fece, ne “La gabbianella e il gatto” di Enzo D’Alò, e sempre di un topo si trattava :-)


Antonio Albanese su VOCI.fm! Tu, un sacco di tempo fa, hai doppiato un topo nella “Gabbianella e il Gatto”!
Si, stiamo parlando, però, di 20 anni fa circa :-)

Come mai non hai più fatto doppiaggio?
La verità è che me lo hanno proposto e mi piacerebbe tantissimo doppiare, ma devo imparare! Mi avevano offerto un cartone animato importante, avrei dovuto cambiare le voci. Sarei stato in grado di farlo, però mi hanno chiesto di riuscirci in pochissimo tempo. Mi sono detto: “No, in pochissimo tempo non viene come dico io!” e allora sono scappato.


Quanto conta in un personaggio, come Sebastiano ne “I topi”, la mimica facciale, i movimenti, gli sguardi, e... la voce? Come imposti il modo in cui parli? Tu fai tantissimi personaggi e ad ognuno dai un suo dialetto particolare.
Si, è una domanda fondamentale, perché la risposta è il segreto di tutto. Potrei dire che nasce tutto dal desiderio; se tu desideri raccontare quella cosa, partendo da Epifanio il mio primo personaggio, il corpo si modella come vuoi tu (e speri sia anche come vuole il pubblico!), e anche le parole escono di conseguenza. Ti faccio un esempio: nel 1991, volevo raccontare un personaggio ingenuo, dolce. Il desiderio, di conseguenza, ha modellato il personaggio e lo ha fatto parlare. Poi, ad un certo punto, mi sono più arrabbiato, volevo fare il Ministro della paura e ho lavorato su questo desiderio; se tu desideri, sto parlando da attore, di conseguenza viene, ma lo devi desiderare veramente e ci devi lavorare sodo.

Sebastiano sarà uno dei tuoi prossimi personaggi, lo rivedremo?
No, non credo… Sebastiano serviva lì per raccontare quella cosa ne “I topi”, non lo puoi spostare. Magari lo puoi modellare, però tendenzialmente resta il capo della famiglia.
Saluto VOCI.fm, buon lavoro, buon tutto, buon divertimento!

 

Claudio Bisio: adoro trasformare la mia voce

Claudio Bisio è uno di quei personaggi che sa fare e ha fatto praticamente di tutto: teatro, cinema, televisione, cabaret, pubblicità, radio... ma adora utilizzare la sua voce in sala di doppiaggio e trasfomarla in quella di tanti simpatici cartoni animati! Ne parla proprio su VOCI.fm, in questa videointervista a cura della giornalista Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Claudio Bisio su VOCI.fm, doppiatore, attore di teatro, fai televisione e hai fatto anche radio... come usi la tua voce, quanto la curi e quando hai capito che potevi lavorarci anche senza la tua immagine?
Casualmente! Io ho frequentato la scuola del “Piccolo Teatro” (Milano), 30 anni fa. Subito dopo ho provato a fare dei provini come doppiatore ma... mi hanno “segato”! Quindi pensavo di essere incapace a doppiare. Poi, tanti anni dopo, mi hanno chiamato in sala di doppiaggio come “talent” ed il primo personaggio a cui ho dato voce è stato il cartone animato “Sid”. Ho iniziato a divertirmi , camuffando la mia tonalità; anche di recente, doppio Dracula nella serie “Hotel Transylvania”. In teatro non serve cambiare voce, allo stesso modo nei film non ce n'è bisogno... quindi lo faccio nei cartoon e devo dire che uno dei complimenti che mi gratificano di più è quando mi dicono “Ah, ho capito che quel personaggio lo doppiavi tu soltanto leggendo i titoli di coda!”. Vuol dire che riesco proprio a “trasformarmi”, a rendere la mia voce irriconoscibile! Invece, in quanto alla “cura della voce"... purtroppo non ci bado tanto!

Quindi non bisogna scoraggiarci se all'inizio uno prova e dicono di no, bisogna insistere?
Direi di si, per me è stato proprio così ed ho ricevuto i complimenti dei direttori di doppiaggio che mi hanno detto di avere un talento naturale... vaglielo a dire a quelli di 30 anni fa! :-) Ciao VOCI.fm, da Claudio Bisio!



CLAUDIO BISIO: CENNI BIOGRAFICI

Claudio Bisio è nato a Novi Ligure il 19 Marzo 1957. Cresciuto a Milano, si è diplomato alla Civica scuola d'arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano. Molto bravo, la sua insegnante gli consigliò di giocare la carta della comicità, che si è poi rivelata vincente! La sua prima apparizione in televisione fu nel programma Zanzibar del 1988. E' un'icona indiscussa di “Zelig”, che conduce, in più trance, dal 1997. In ambito cinematografico, importante è il sodalizio con il regista Gabriele Salvatores, per il quale recita in Mediterraneo, Puerto Escondido, Sud, Nirvana. Appare poi in diverse commedie, come Amore, bugie e calcetto, Ex e Maschi contro femmine. Attore di teatro, scrittore, cantante, protagonista di spot pubblicitari di enorme successo, Claudio Bisio è anche doppiatore.

Questi i personaggi a cui ha prestato la voce da inizio millennio:

Atlantis - L'impero perduto (2001) - Gaetan Mole Molière

L'era glaciale (2002) - Sid

L'era glaciale 2 - Il disgelo (2006) - Sid

Terkel in Trouble (2006)

L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri (2009) - Sid

L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva (2012) - Sid

Hotel Transylvania (2012) - Dracula

Ernest & Celestine (2012)

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene (2015) - Ian

Hotel Transylvania 2 (2015) - Dracula

L'era glaciale - In rotta di collisione (2016) - Sid

Hotel Transylvania 3 (2018) - Dracula

Claudio Santamaria: una voce da supereroe

Chi lo conosce per "L'ultimo bacio", chi per "Romanzo criminale", chi per "Lo chiamavano Jeeg robot". Per noi di VOCI.fm, Claudio Santamaria è prima di tutto il doppiatore italiano di Christian Bale nella trilogia di Batman e la voce dello stesso supereroe in "Lego Batman - il film". La nostra giornalista Patrizia Simonetti lo ha incontrato per un'intervista... flash!

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Claudio Santamaria su VOCI.fm, attore e doppiatore. Ma preferisci fare l’attore o il doppiatore?
Beh, il doppiaggio lo trovo molto difficile, perchè a volte è più complicato doppiare una scena che farla “ex-novo” perché devi seguire i tempi di un altro attore che già l'ha fatta. Quindi, creativamente, sei un pò più “costretto”, ma è un mestiere molto bello e divertente, soprattutto perché vai a lavorare e non devi pensare a come sei vestito, truccato o pettinato. Fare l’attore, però, è più creativo.

Tra l’altro, tu hai doppiato Batman ed un supereroe sei stato anche nel film “Lo chiamavano Jeeg Robot”!
Una grandissima soddisfazione ed è il riempimento di un desiderio infantile che tutti hanno, perchè tutti vorrebbero essere un supereroe. VOCI.fm io vi saluto, ciao a tutti



CLAUDIO SANTAMARIA: CENNI BIOGRAFICI

Claudio Santamaria, nato a Roma il 22 Luglio 1974, debutta appena 16enne nel doppiaggio. Solo qualche anno dopo (1997) esordirà anche come attore cinematografico, nei film “L'ultimo capodanno“ di Marco Risi e “Fuochi d'artificio” di Leonardo Pieraccioni. Dopo numerose apparizioni in varie pellicole, è uno dei protagonisti del grande successo “L'ultimo bacio” di Gabrielle Muccino (2001), per cui viene candidato al "David di Donatello". Nel 2005 conferma la sua popolarità in “Romanzo Criminale” di Michele Placido e si porta a casa il Nastro d'Argento. Nel 2006 interpreta Carlos nel film “007 Casino Royale”. Un anno dopo presenta il “Concertone del primo maggio 2008” a Roma. Importante ricordare il boom di critica di “Lo chiamavano Jeeg Robot” (2015) e la sua splendida interpretazione di Batman sia come voce italiana di Christian Bale nella trilogia che in “LEGO Batman” (2017). Claudio Santamaria è molto legato al lavoro in studio di registrazione e realizza anche numerosi audiolibri di grande successo.

Cristiana Capotondi: cinema, fiction e doppiaggio

Bellissima, con un talento indiscutibile ed una passione per il doppiaggio e la recitazione a 360°: incontriamo l'attrice Cristiana Capotondi per parlare come sempre di voce. Intervista a cura di Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Cristiana Capotondi su VOCI.fm, benvenuta! Attrice, di teatro, di cinema, ti vediamo in televisione... ma come curi la voce, uno strumento importantissimo per il tuo lavoro?
Io non sono un'attrice con un'impostazione classica, quindi utilizzo la mia voce al 60% delle sue possibilità; quindi, in questo senso, la proteggo anche. Va però detto che passo spesso da un accento ad un altro, lavoro molto su personaggi con dialetti diversi, che richiedono delle modifiche importanti all'impostazione della mia voce “al naturale”. Penso ad esempio al lavoro fatto con Tonino Accolla, un direttore di voci straordinario che, secondo me, ha avuto meno di quanto non abbia meritato perchè era un genio, “pazzo” ma con talento straordinario. Con lui ho partecipato al doppiaggio di un film girato “in babilonese”, cioè in cui ogni attore parlava la propria lingua. Abbiamo usato la voce per raccontare il personaggio che interpretavo, passando dai 16 ai 30 anni di età. Il lavoro con la voce è affascinante, bisognerebbe dedicarsi totalmente a questo, come magari bisognerebbe dedicarsi solo all'uso del corpo e poi... a mettere insieme gli strumenti e le tecniche per rendere più fluido il mestiere dell'attore.

Queste cose bellissime che ci hai raccontato aiutano molto in caso di doppiaggio no? Tu hai fatto doppiaggio?
Assolutamente si, quando doppi te stesso e quando doppi un cartone animato o altri attori. Ad esempio, io ho doppiato nel 2013 la protagonista femminile del film “Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores e ti rendi conto che, se hai uno strumento che sai utilizzare ed un bravo direttore di doppiaggio (in quel caso era Francesco Vairano) hai l'opportunità di fare cose speciali. Ciao VOCI.fm, da Cristiana Capotondi!



CRISTIANA CAPOTONDI: CENNI BIOGRAFICI 

Nata a Roma il 13 Settembre 1980, Cristiana Capotondi esordisce a soli dodici anni, nel 1993, nella serie "Amico mio" con Massimo Dapporto. L'anno successivo è già con Gigi Proietti e Nancy Brilli in "Italian Restaurant". Nel 1996 partecipa alla serie TV "SPQR" prodotta da De Laurentiis, al fianco di Nino Frassica e Antonello Fassari. La prima interpretazione al cinema risale al 1995, quando partecipa al film "Vacanze di Natale", ma fin dal 1992 appare in diverse pubblicità televisive lavorando con grandi registi come Nanni Loy e Marco Risi. Famosi gli spot "Maxi Bon". Dal 1998 torna in TV con "Un nero per casa", diretto e interpretato da Gigi Proietti e con le miniserie "Anni '50" e "Anni '60" dei Fratelli Vanzina. È tra i protagonisti, inoltre, con Lino Banfi, Ben Gazzara e Stefania Sandrelli di "Piovuto dal cielo"(2000). Nel marzo 2001 è tra gli interpreti della fiction di Rai Uno "Angelo il custode" e, sempre nello stesso anno, è Martina nella serie di Rai Due "Compagni di scuola". Ha partecipato successivamente a "Il giovane Casanova"(2002) con Stefano Accorsi, a "Luisa di Sanfelice" (2004) e, fino al 2006, è la principale interprete di "Orgoglio". Nel frattempo, per il grande schermo, è la protagonista di "Volevo solo dormirle addosso", per cui viene candidata al Nastro d'argento come miglior attrice non protagonista; interpreta il ruolo della figlia di Boldi in "Christmas in Love" (2004) e quello della liceale Claudia in "Notte prima degli esami" con Giorgio Faletti. Nel 2007 è protagonista di tre film per il grande schermo: "Scrivilo sui muri", "I Viceré" e "Come tu mi vuoi". Inoltre, è, con Mariangela Melato e Alessio Boni, in TV per il remake del famoso film di Hitchcock, "Rebecca la prima moglie", in onda su Rai Uno. L'anno successivo è nel cast di "Ex" di Fausto Brizzi, mentre nel 2010 interpreta "La Passione", che viene presentato in concorso alla 67^ Mostra del Cinema di Venezia, ed è la protagonista della fiction "Sissi". Nel luglio del 2005 si è laureata con 110 e lode in Scienze della Comunicazione presso l'Università di Roma "La Sapienza". Ama lavorare con la propria voce, anche nel settore degli audiolibri e del doppiaggio. E' sua la voce di Mavis in “Hotel Transylvania” (2012) e “Hotel Transylvania 2” (2015) e di Xenya, protagonista del film “Educazione Siberiana” (2013).

Da dietro il leggio: i ragazzi del leggio vecchio

Sul blog delle voci c'è uno spazio "emozionale" in cui il doppiatoreBruno Conti racconta aneddoti, retroscena e curiosità di anni ed anni passati al fianco di colleghi, attori, direttori e registi. Grandi nomi ma anche professionisti meno noti ma comunque dal talentosuperlativo: quelli che a Bruno piace chiamare "ragazzi del leggio vecchio".

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Ciao a chi legge. Mi incuriosisce quest’avventura di scrivere di doppiaggio su VOCI.fm, o meglio, mi stupisce... lo confesso.

Questo lavoro che amo e che ho amato mi piace raccontarlo senza fronzoli, senza retoriche. D’altra parte sono chiacchierate amichevoli.

In questi giorni ci sono diverse manifestazioni sull’argomento. E poi, con l’avvento dei cosiddetti “talent”, tutti sono più buoni e interessati al doppiaggio. Ma io non mi ritengo un nostalgico, tengo a dire, vivo nel mio tempo e ciò che racconto sono “solo” esperienze di lavoro.

Ecco, io non ho mai mitizzato il doppiaggio, a volte dissacravo e lo faccio ancora oggi! Ma il mondo del lavoro quando poi è così ristretto, alla fine diventa anche un pò la tua “famiglia”. Una buffa famiglia che va dal grande maestro al meno dotato, dal coglione al più intelligente.

E devo dire che li ho apprezzati tutti. Per me non ha mai avuto una vera logica l’ambiente del doppiaggio. Forse questo era il mistero. Io adoravo andare al turno immaginando cosa mi potesse aspettare. A volte dipendeva dal direttore e già potevi capire che turno sarebbe stato. Un altro momento era vedere i tuoi compagni di turno: se erano alcuni potevi avere un ruolo, con altri era inevitabile il brusio. E inevitabile era il direttore, o anche il film; insomma... mai la stessa cosa. Naturalmente valeva per me come per gli altri.

Ma era sempre un appoggiarsi, uno spalleggiarsi, nel fare i fiati di un film, chi fa quello che grida, o chi dà il segnale per l’attacco all’unisono. Le risate per le papere, ma anche l’invidia di un pusillanime per chi faceva una battuta in più. Si... una battuta in più. Ma finiva lì.

Non conosco l’invidia io, solo il giramento per chi non merita. Io ero abituato a fare sempre i neri, i delinquenti o gli attori brillanti; insomma ero una specie di jolly e potevo doppiare un vecchio avvocato su Matlock, ad esempio, al fianco del grande Giancarlo Maestri. Ma poi tornavo a fare i caratteri.

E poi gli incontri con persone come Michele Gammino. Al primo turno lui esordì così: “Lo vedi quel bel ragazzo coi baffi, alto?” “certo”, risposi io. E lui: “Ecco, quello è il protagonista e lo doppio io! Tu doppi quello basso brutto e grasso!” Tutti a ridere naturalmente. Ho lavorato con parecchi grandi, ma io tengo molto ai miei compagni di turno di “piccoli ruoli” che erano e sono dei grandi professionisti e capaci di far tutto; vere macchine da guerra e presenti sempre in ogni turno, una garanzia vera e ho imparato tanto da loro.

Quelli più giovani sono quasi tutti oggi delle star. Io ero sempre presente e concentrato (ero famoso per le battute) ma io mentre arrivavo al leggio leggevo velocemente le battute più ostiche e specie se pioveva sapevo che dovevo star attento alle sibilanti, alle palatali, perchè conoscevo (e conosco) i miei difetti e quindi pensavo “ok S sorda qui, Z dolce là, frase veloce qua, quindi meno emissione qui e più articolazione là.” Mi correggevo prima in testa e poi in bocca. Poi si recitava e basta. A volte fino a casa a pensare “L’avrò soddisfatto?” E questo per anni. Però ho fatto anche molti ruoli, parecchi persi, alcuni no. Ma questa è un’altra storia.

Un’altra storia che mi diverte ancora è quella di Sergio Fiorentini. Il grande attore famoso in TV per “Il maresciallo Rocca” e uno dei più grandi doppiatori e direttori del doppiaggio dell’era moderna. Da Gene Hackman in su e in giù. Ed era anche una persona spiritosissima ma (come Gammino) non muoveva un muscolo quando scherzava. Lui andò qualche sera prima ad un concerto di Miles Davis, il quale ormai non parlava quasi più. E allora usava dei cartelli per “parlare” col pubblico. Questo fatto me lo raccontò quella che poi sarebbe diventata sua moglie, ma finì lì. Ora sono con lui al turno e si incide; di solito se nessuno dice “buona” ti giri verso la regia per capire. E quella volta mi trovai la faccia da mastino del mio Sergio con un cartello in mano con scritto “più timbro”. Ma lì per lì non capii, perchè mi ero dimenticato di Miles Davis, e dissi “Boh?”. Poi all’altra incisione lo stesso. Mi girai e un altro cartello “Più campo”, insomma tutte le indicazioni “standard“ che si davano e si cominciò a ridere di brutto, non si andava avanti dal ridere e fece impazzire parecchi colleghi perchè non ne sapevano.

Insomma che dire... ho incontrato davvero grandi personaggi. Ma io mi tengo comunque sempre stretti i miei compagni di tante fatiche, “piccoli ruoli” e brusii. Piccoli ruoli un beneamato! Senza di loro ancora oggi certe scene sarebbero “stonate”, perchè erano capaci di intonare tutti. Grandi ragazzi del leggio “vecchio", intonatissimi. Vi adoro.

Articolo a cura di Bruno Conti
 

Da dietro il leggio: in turno con Tonino

Scorrono brividi nell'ascoltare l'emozionante racconto "Da dietro il leggio" del doppiatoreBruno Conti e dei tanti turni in sala al fianco di Tonino Accolla, compianto mostro sacro del doppiaggio italiano, direttore dell'edizione italiana de "I Simpson", voce di Homer Simpson, Eddie Murphy, Jim Carrey e tantissimi altri grandi attori internazionali. 

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Quel che era sicuro era che il turno con Tonino non sarebbe stato un turno “normale”! Questo lo sapevo già da casa. Nel senso che i turni con lui erano pieni di inventiva, trovate, fatica, discussioni, risate e confronti.

Tutti sanno della sua bravura come attore ma io (ed altri come me) conosco bene la sua bravura come direttore. Certo può sembrare banale ma non lo è. Non tutti i bravi attori erano (e sono) dei buoni direttori di attori.

Tonino Accolla era un personaggio controverso; chi lo amava, chi no, ma per quel che mi riguarda... mi divertiva.

Lo conobbi nei primi tempi da “libero”, nel senso che aveva la sua società, non sapevo bene chi fosse, poi mi fu spiegato. Non ricordo di aver fatto provini; vidi poi che faceva lavorare gli attori in turni di brusio e così li sentiva. E usava molto noi giovani, sapeva collocarti nei ruoli che tu eri all’altezza di fare.

Lui si incuriosì a me dopo un fatto: aveva un problema e andò via lasciando la direzione al grande Sandro Iovino. Prima di andare mi disse: “provaci tu a doppiare questo qui, attento che non è facile ti lascio con Sandro”. Era il personaggio di un lustrascarpe che per attirare i clienti si serviva di una cantilena strana (oggi la definiremmo “rap”), era molto “nero” ed effettivamente non era facile ma bastava andargli dietro coi tempi e non recitare. Ancora mi ricordo l’incipit: “splendi e vai, splendi e vai” e via coi vantaggi di avere le scarpe pulite: “con la fidanzata, il lavoro, la gente”. A pensarci bene, forse non era nemmeno un attore tanto era vero; va a capire! Io lo doppiai seguendolo e Sandro (che conoscevo poco allora) mi disse che l’avevo fatto molto bene e di stare tranquillo.

Io andai, come spesso accade, dubbioso del mio operato; sono sempre stato umile ma alle volte lo ero (e lo sono tuttora) un po’ troppo. In breve seppi che lui era stato molto contento di quel pezzo “rappato” e infatti me lo confermò. Ogni tanto un collega mi faceva, ridendo, “splendi e vai, splendi e vai”; io neanche capivo che era un complimento. Cominciai così a lavorare anche con lui (ho la fortuna di poter dire che i miei maestri sono stati spesso anche colleghi oltre che direttori) e lui diceva che bisognava “recitare coi nervi”. Una sua massima, come numerose altre, che poi diventavano fonte di battute fra noi e lui. Io lo prendevo in giro ma sempre col massimo rispetto.

Lui era di quelli che mi inibiva non so se l’abbia mai saputo. E per me era una fatica in più, perchè molti sottovalutano l’emotività davanti al leggio, io no. E non riguardava solo me. Lui faceva recitare bene tutti, anche quelli che avevano un vero e proprio terrore di lui. Dava tempo, scherzava, ma se decideva che dovevi farlo tu... lo dovevi fare tu! 16 volte una battuta di un poliziotto ne “Il silenzio degli innocenti”; me la ricordo ancora: “Un’altra” diceva, e basta, ma me la fece ripetere finché non la feci buona. Con lui questa era la “routine”; a volte infatti risultava molto tosto ma alla fine la battuta era giusta e questo contava.

Io mi sono sempre ascoltato mentre lavoravo e capivo quando la battuta era stonata; con lui non succedeva. Quindi, quando capisci che puoi “fidarti” non è cosa da poco. A volte inventava delle cose un po’ buffe, come dire la battuta dietro le spalle del collega se il personaggio era dietro una porta; era più naturale, secondo lui, del cartone davanti al microfono. Spesso citava il suo maestro (forse perchè si sapesse in giro) ma comunque si lavorava, si discuteva di questo e di quello, ci si prendeva una pausa. A volte si “sforava” di brutto. Doppiammo “Robin Hood” con un cast indovinatissimo; io però facevo troppi ruoli e si sentiva e in questo a volte non se ne accorgeva. Io colpa non ne avevo. E “Leon”, “Alien 3”, i film di Mel Brooks, film francesi d’autore, tutti diventati grandi successi. Su “Braveheart”, che io vidi a Padova perchè ero in tournée, non sbagliò una voce. Mi ricordo anche quando mi fece doppiare James Brown: “dì I feel good, metticelo che ci sta bene!”.

A volte faceva “l’artista” e parlava come certi tromboni all’interfono, poi sbragava in siciliano se facevi una cazzata. Ho doppiato con lui indigeni, neri, bianchi, ispanici, eleganti, sporchi, vecchi, giovani, di tutto. E' stata una gran bella palestra. Poi arrivarono “I Simpson”... e si aprì un mondo. All’inizio sembrava fossero dei cartoni normali (ora sarebbe lunga e non c’entra) poi lui “capì” cos’erano (noi che doppiavamo personaggi secondari all’inizio arrancavamo), poi capimmo piano piano anche noi (anzi ce lo fece capire lui) e furono turni dove lui poté divertirsi come voleva e quanto voleva inventando voci, caratterizzazioni, linguaggi, di tutto.

I “dialetti” cominciarono proprio con me, facevo il capo della polizia e lo stavo guardando... lui pensieroso disse “me lo fai un po’ burino?” Non era convinto e gli stava scattando qualcosa e io pensai di farlo imitando la parlata scenica di Silvio Spaccesi. Mi girai e tutti ridevano. E dal quel momento quello calabrese, quello napoletano e così via. Insomma, cominciò li un’altra delle sue invenzioni. Tonino Accolla ha dato soddisfazioni a molti attori, a volte era duro a volte perfino antipatico, ma io lo smontavo prendendolo in giro.

Un giorno, in un momento “artistico”, diede come indicazione ad un attore : “mettici un po’ di Strurm”; io mi girai e lo guardai sconsolato. Lui per non ridere si attaccò al suo sigaro Avana. Io penso che tutti dobbiamo qualcosa a Tonino. In maniera diversa. Io non sono mai stato un doppiatore importante e non lo sarò mai. Ma la sala la conosco. E la perdita del nostro "pazzo diamante" (per dirla coi Pink Floyd) e come scrissi quando mi arrivò sul cellulare la notizia... non è stata da poco. E questo tutti lo sanno. Io da parte mia sono tranquillo perchè Tonino sapeva quanto lo stimassi, nonostante ci fu tra noi un momento di allontanamento professionale. E quando gli feci i complimenti per il suo bellissimo “Romeo + Giulietta”, rimase ancora una volta sorpreso. E disse “ah ti è piaciuto?” “E certo! Perchè? ti meraviglia?” “No... tu sei uno vero, lo so”; il tutto senza alzare la testa, quasi timidamente. Perchè pur se in quel momento non lavoravamo insieme, io ero andato a dirgli “bravo”; lo meritava.

Lavorammo ancora insieme sempre prendendoci in giro e rispettandoci. Fino a quel messaggio.

E certo, per finirla, sarebbe da dire: ”I wish you were here... pazzo diamante”.

Articolo a cura di Bruno Conti

Dario Penne: il dottore del doppiaggio

Vi è mai capitato, negli anni ottanta e novanta, di sentire spesso una voce tagliente, elegante e perlopiù in ruoli da cattivo? Beh si tratta di Dario Penne, voce molto importante di quel periodo e ancora oggi uno degli attori e doppiatori più famosi. Ne ripercorriamo la carriera su VOCI.fm grazie al nostro blogger Alessandro Delfino.

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Tra gli attori più versatili degli anni '80 e '90, Dario Penne riesce a doppiare personaggi diversi l’uno dall’altro e diventa rapidamente voce ufficiale di tanti importanti protagonisti del cinema mondiale.

Nel 1989 doppia Christopher Lloyd nel ruolo di Doc nel seguito del famosissimo cult del 1985 "Ritorno al futuro", sostituendo Ferruccio Amendola; nonostante i differenti timbri, il risultato è eccezionale, tanto che Dario Penne non solo doppierà Lloyd nel terzo film della saga, ma diventerà voce ufficiale dell’istrionico e brillante attore in film come "Chi ha incastrato Roger Rabbit?", "Pagemaster", "Dennis la minaccia" e tanti altri.

Gli anni novanta sono fondamentali per Dario Penne: diventa voce di tanti attori importanti in altrettanti film: Tommy Lee Jones ("Uccidete la colomba bianca", la trilogia di "Men in Black", "Il fuggitivo", "Trappola in alto mare", "Il cliente"), Michael Caine ("Sfida tra i ghiacci", "Le regole della casa del sidro", la trilogia del "Cavaliere Oscuro", "Inception", "Interstellar" e tanti altri) e attori come Clint Eastwood, Ben Kingsley, Michael Douglas e tanti altri.

Ma è soprattutto nel 1991 che doppia il ruolo più importante e famoso della sua carriera: il dottor Hannibal Lecter nel film "Il silenzio degli innocenti"; l’interprete originale Anthony Hopkins si preparò per mesi nella parte del dottore cannibale più famoso della storia del cinema ma Dario Penne, grazie alla sua bravura e all’ottima direzione di Tonino Accolla, riesce a restituire in molto meno tempo le sfumature e le ambiguità del personaggio di Lecter.



Da quel momento il binomio Hopkins - Penne diventa indissolubile (a parte alcuni casi come ad esempio "Dracula", dove Penne, dovendo scegliere se doppiare l’attore nel ruolo di Van Helsing o l’attore Gary Oldman nel ruolo del famoso vampiro opta per quest’ultimo lasciando Hopkins al bravissimo Cesare Barbetti). Penne infatti lo doppia in film entrati ormai nella storia del cinema: oltre ad "Hannibal" e "Red Dragon" (dove Hopkins reinterpreta il Dottor Lecter), "Vento di passioni", "Gli intrighi del potere", "La maschera di Zorro", "Vi presento Joe Black", "Titus", "Mission Impossible 2", "Alexander", la trilogia di "Thor" e tanti altri.

Ma Dario Penne rimane famoso anche nel campo dell’animazione come voce del bizzarro robot Bender nella famosa serie animata "Futurama"; la sua voce tagliente e stridula si adatta perfettamente al tono metallico del robottino più famoso della tv.

Una voce, tanti personaggi rimasti nella nostra memoria, in particolare il sadico dottore che ci ha rabbrividiti ogni volta che gustava il cervello delle sue vittime innaffiato con un buon Chianti.

Articolo a cura di Alessandro Delfino


Le voci più belle di Dario Penne:

  1. Christopher Lloyd (Doc Emmett L.Brown) in “Ritorno al futuro parte II
  2. Christopher Lloyd (Giudice Morton) in “Chi ha incastrato Roger Rabbit?
  3. Anthony Hopkins (Hannibal Lecter) in “Il silenzio degli innocenti
  4. Gary Oldman (Dracula) in “Dracula di Bram Stoker
  5. Tommy Lee Jones (Agente K) in “Men in Black
  6. Anthony Hopkins (Bill Parrish) in “Vi presento Joe Black
  7. Tommy Lee Jones (William Strannix) in “Trappola in alto mare
  8. Anthony Hopkins (Don Diego de la Vega – Zorro) in “La maschera di Zorro
  9. Bender in “Futurama
  10. Michael Caine (Alfred Pennyworth) in “Il cavaliere oscuro
  11. Anthony Hopkins (Odino) in “Thor

Domitilla D'Amico: una doppiatrice di talento

VOCI.fm incontra Domitilla D'Amico, giovane e talentuosa doppiatrice che presta la propria voce ad attrici del calibro di Harley Queen, Margot Robbie, Scarlett Johansson, Eva Green ed anche alla bravissima Emma Stone nel film-cult “La La Land”. Ci regala qualche curiosità e consiglio nella videointervista realizzata da Patrizia Simonetti lo ha intervistato per noi.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Domitilla D'Amico su VOCI.fm, buonasera!
Buonasera!

Una grande doppiatrice a cui, per prima cosa, chiedo: “non basta una bella voce per avere successo nel doppiaggio, cos'altro ci vuole?”
Ci vuole l'interpretazione, alla fine siamo tutti attori. Siamo attori prestati al doppiaggio, perchè in realtà è una specializzazione del mestiere dell'attore.

C'è chi sostiene che i doppiatori devono essere più bravi degli attori, perchè possono contare solo sulla voce, non possono usare il corpo.
A volte è proprio vero, perchè usando solo con la nostra lingua dobbiamo cercare di restituire al pubblico italiano le emozioni e tutto quello che gli attori stranieri hanno messo nella parte recitata.

Tu sei la voce di personaggi femminili molto noti, ricordaci quelli a cui sei più legata e qualche aneddoto legato ad uno di essi.
Sono la voce di Harley Queen, Margot Robbie, Scarlett Johansson, Eva Green (la mia preferita!) e di tante altre.Un anedotto riguarda “La La Land”, in cui doppio Emma Stone; il doppiaggio è stato realizzato praticamente in soli due giorni, avevo circa 38,5 di febbre e nonostante quello sono riuscito a portare il lavoro a casa!

Vogliamo dare un consiglio ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di doppiatori?
Consiglio senza dubbio una scuola di recitazione, che è alla base, poi studiare tantissimo dizione e di entrare in questo mestiere “in punta di piedi” perchè è antichissimo e il microfono non mente: chi ha talento ce la fa. Quindi ragazzi... forza e coraggio. Un saluto a VOCI.fm da Domitilla D'Amico.



DOMITILLA D'AMICO: CENNI BIOGRAFICI
Classe 1982, Domitilla D'Amico è una delle più talentuose doppiatrici della nuova generazione. Bravissima attrice, ha esordito nel mondo del doppiaggio a soli 8 anni per prestare la voce a due personaggi del film “La voce della luna” diretto da Federico Fellini. É nota per aver doppiato Mena Suvari in American Beauty; Kirsten Dunst nella saga di Spider-Man di Sam Raimi, Wimbledon, Elizabethtown, Marie Antoinette; Eva Green in The Dreamers di Bernardo Bertolucci; Parminder Nagra nel ruolo di Jasminder Bhamra in Sognando Beckham. Tra le altre attrici a cui ha prestato la voce: Scarlett Johansson, Emma Stone, Anna Paquin, Ashley Johnson, Alison Lohman, Rebecka Liljeberg, Tina Majorino, Sarah Michelle Gellar nel ruolo di Daphne Blake nei due film sul personaggio di Scooby-Doo, Brittany Murphy ne I marciapiedi di New York di Edward Burns e in Sin City di Robert Rodriguez, Natalia Tena nella saga di Harry Potter. Ha inoltre doppiato personaggi di rilievo nei film: La Rosa Bianca - Sophie Scholl, The Libertine, Juno, Lady Vendetta, Four Rooms, What Women Want, Donnie Darko, The Exorcism of Emily Rose, Jumanji, 28 giorni dopo e Blow. Per l'animazione ha lavorato, tra gli altri, in La gabbianella e il gatto, Chicken Little - Amici per le penne, Ratatouille. Tra gli anime giapponesi ha dato la voce a Yukari in Paradise Kiss, Kiki (e Ursula) nell'edizione italiana del 2002 di Kiki consegne a domicilio, a Lettie ne Il castello errante di Howl, entrambi del maestro Hayao Miyazaki, e a Kallen Kozuki in Code Geass: Lelouch of the Rebellion.
 

Doppiaggio: Al Pacino VS Giancarlo Giannini

E’ ormai noto al grande pubblico che la voce di Giancarlo Giannini sia diventata quella “ufficiale” e la più riconoscibile di Al Pacino in Italia. Due nomi, due realtà diverse, due scuole di pensiero diverse, ma col fine ultimo di emozionare chi guarda e chi ascolta. 

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Recitazione e doppiaggio è una dicotomia che assilla tutti i professionisti ma soprattutto gli amatori del mondo della voce, che impazziscono quando ascoltano un determinato doppiatore che si sovrappone all’attore originale; ma dobbiamo fare attenzione a non confondere mai le due arti.

L’una non esclude l’altra quando si tratta di rendere comunicabile e ricettivo un determinato prodotto cinematografico per il pubblico del proprio Paese, in particolare per l’Italia; infatti noi italiani siamo i primi fruitori dell’arte del doppiaggio e siamo grati a questi geni che stanno per ore chiusi in sala di registrazione a incidere anelli su anelli, per far sì che noi possiamo capire il film senza sfociare nello strabismo acuto leggendo i sottotitoli.

Al contrario, In Europa e soprattutto in America il pubblico è abituato a vedere i film in lingua originale, cosa che invito a fare a chi vuole apprezzare al meglio un determinato attore; se è bravo. Da qui svelato il motivo per cui l’Italia è il capostipite del doppiaggio e ne detetiene da sempre la leadership su scala mondiale; sia per consumatori sia per la bravura degli addetti ai lavori. E sebbene attore e doppiatore diventino la stessa cosa quando si tratta di tradurre per i poveri mortali un film d’oltralpe, per noi studiosi e appassionati di voce è doveroso fare una netta distinzione; spieghiamo perché. 

Parlando di Al Pacino, assistiamo ad un esempio di massima espressione artistica; il suo magistrale modo di recitare è unico come unici sono tutti gi attori della sua generazione e la sua vocalità inconfondibile, trasmette tutte le sue passioni. Con Giancarlo Giannini invece, siamo spettatori del trionfo della parola che nel suo caso, ha la stessa funzione che hanno le note musicali per un pianista. E la voce ne è lo strumento. Non si tratta qui di capire se sia meglio l’uno o l’altro; non è in discussione la capacità attoriale dei due artisti che appartengono a due metodi e soprattuto a due lingue diverse.



Qui si tratta di mettere a confronto due mestieri diversi. Nel celeberrimo monologo di Shylok de “Il Mercante di Venezia”, che a mio avviso è una delle più grandi interpretazioni di Al Pacino nonché una delle maggioni lezioni di doppiaggio di Giannini, si è spettatori di una vera e propria danza della parola italiana in cui il doppiatore riesce magistralmente a trasmettere tutte le emozioni del personaggio e regala ai nostri orecchi un concerto di emozioni.

Le parole di Shakespeare vengono masticate, ognuna ha una sua forma e si fondono nella voce sublime di Giannini. Se lo ascoltiamo nella lingua in cui fu scritto dalla penna dell’autore, accade la stessa cosa ma con una sottile differenza dalla quale si intuisce anche il limite naturale e legittimo che ha il doppiaggio nei confronti dell’originale di qualità. Di Pacino, si può apprezzare la così detta “sfumatura”; è quel tocco inconfondibile e unico che ha l’attore il quale, vivendo in tutta la sua interezza i sentimenti del personaggio riesce a dare alla voce quelle intonazioni che arrivano a toccare la massima sensibilità artistica e a far vibrare le corde dello spettatore.

Ebbene, tutto ciò andrebbe perso se ascoltassimo lo stesso testo in versione doppiata, che regala pur sempre emozioni. Questo è una fatto naturale imprescindibile, che non si può modificare e che un professionista deve sempre tener presente; ma sorge una contraddizione. Spesso ci si riduce quasi ad essere “schiavi” del doppiaggio; ma lo stesso film non verrebbe compreso e probabilmente non verrebbe neanche venduto se non venisse decodificato nella nostra lingua d’origine.

Per questo il lavoro del doppiatore deve essere talmente abile e minuzioso, tale da non tralasciare nulla. Perché è sua la responsabilità di ridare al pubblico le stesse emozioni che sta dando l’attore legittimo. E’ l’ultimo ad avere e a ridare la parola al personaggio. E per quanto bravo sia l’attore d’origine, per una questione culturale e linguistica, il pubblico non potrà mai apprezzarlo fino in fondo, dal momento che a ogni spettatore serve la propria lingua per poter comprendere a fondo cosa stia succedendo in scena. Per questo esiste il doppiaggio; per creare quel “ponte” semantico indispensabile tra due lingue diverse.

Quello che deve interessare a chi presta la propria voce al personaggio, è avere sempre chiaro che il compito del doppiatore non è quello di sostituirsi all’attore che recita, dal momento che è cosa impossibile come appena dimostrato, bensì è quello di rendere assoluto e importante il proprio mestiere; quello di essere artigianidella parola.

Così facendo, daremo modo non solo al pubblico di poter assistere a uno spettacolo magico che vede in azione il suo attore e doppiatore preferiti, dando loro modo anche di scegliere a proprio gusto qual è la versione che preferiscono; ma contribuiremo ad esaltare la nostra lingua che tutti ci invidiano, diventandone dei veri e propri ambasciatori. 

Articolo a cura di Mirko Ferramola

Doppiaggio: Cristina "Roberts" Boraschi

Chi non conosce (e non ama) Julia Roberts? Più che mai in casi come questo possiamo condividere il successo dell’attrice con la sua voce italiana: Cristina Boraschi, che ha doppiato la Roberts in tutti i film diventati veri e propri cult, a partire dall’indimenticabile “Pretty Woman”. Il nostro blogger Alessandro Delfino ci racconta questo meraviglioso binomio.

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Ci sono tanti attori americani entrati nel cuore di noi italiani, ma forse una delle attrici più amate è sicuramente la “Pretty Woman” del cinema: Julia Roberts.

E’ proprio ilfilm romantico del 1990 assieme aRichard Gere che lancia la Roberts nell’Olimpo hollywoodiano, dapprima come interprete dicommedie romantiche, in seguitoattrice drammatica vincitrice di unOscar ("Erin Brokovich"), senza sdegnare ruoli inthriller come “Linea mortale”, “Il rapporto Pelican” e “Ipotesi di complotto”.

In Italia la ascoltiamo con la voce inconfondibile di Cristina Boraschi, attrice doppiatrice, voce oltre che della Roberts anche di tante altre attrici importanti come Sandra Bullock, Meg Ryan, Ashley Judd, Salma Hayek e altre.

Ma è soprattutto con Julia Roberts che la carriera della doppiatrice decolla e nasce un legame voce-volto che la accompagnerà per tutta la sua carriera: “Hook Capitan Uncino”, “Qualcosa di cui sparlare”, ”Erin Brokovich”, “Il matrimonio del mio migliore amico”, “Ocean’s Eleven” e tanti altri.

La voce dolce, ma forte e un pò nasale della Roberts somiglia molto al timbro particolare e incisivo della Boraschi: l’incastro risulta così perfetto, che nonostante le tante attrici doppiate, il pubblico la ricorda e continuerà a ricordarla come voce della dolce e vivace prostituta Vivian che ha rubato il cuore al “principe” milionario Edward Lewis, oppure la dispettosa ma romantica Trilly nel film “Hook Capitan Uncino” o ancora l’amica innamorata Julianne Potter in “Il matrimonio del mio migliore amico”. Ruoli spesso diversi che Cristina Boraschi è riuscita a seguire con facilità… perché quando un attore è bravo è più facile seguirlo.

Dal 1990 ad oggi Julia Roberts è cresciuta recitando ruoli maturi e di madre forte e coraggiosa, seguita sempre dalla voce di Cristina che oggi si è abbassata e adeguata al volto segnato, ma sempre bello, dell’attrice americana.

E noi speriamo di continuare a vedere ancora tanti suoi film e di sentirli con la sua voce italiana."!

Articolo a cura di Alessandro Delfino



CRISTINA BORASCHI: CENNI BIOGRAFICI

Nata a Milano il 28 marzo 1955, Cristina Boraschi si dedica dal 1985 alla radio e al doppiaggio. E' a tutti gli effetti riconosciuta come voce italiana di Julia Roberts, nonostante abbia doppiato attrici di altrettanta grandezza come: Sandra Bullock, Geena Davis, Julianne Moore, Ashley Judd, Sarah Jessica Parker, Carol Alt e la famosissima Meg Ryan. E' stata socia della C.D.C./SEFIT-CDC, dove ha lavorato come dialoghista e direttrice di doppiaggio. Numerosi i riconoscimenti, come l'Anello d'Oro al Festival "Voci nell'ombra" 2004, il Nastro d'Argento 2005 e la XIV Targa "Gualtiero De Angelis" al Festival "Voci" 2010. Nel 2016 riceve anche una menzione speciale al Festival "Leggio d'Oro". Per alcuni anni è stata impegnata come aiuto-regista in teatro con Gigi Proietti, Ennio Coltorti e Piero Maccarinelli.

Doppiaggio: Francesco "DI CAPRIO" Pezzulli

Tra le grandi star di Hollywood, Leonardo Di Caprio è senz'altro uno degli attori più amati, soprattutto in Italia. Il merito va anche al suo doppiatore "ufficiale", dai primi anni '90: Francesco Pezzulli, una voce che assolutamente gli calza a pennello! Ce ne parla il nostro blogger (e vero esperto di cinema!) Alessandro Delfino.

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Ammettiamolo, chi di noi non ha imparato ad amare Leonardo Di Caprio? Sin dal suo primo film di successo, "Titanic" del 1997 (dove con il personaggio di Jack Dawson ha conquistato il cuore di milioni di ragazzine), l’attore è cresciuto finendo a lavorare con i più grandi giganti del cinema moderno mondiale: Quentin Tarantino, Ridley Scott, Christopher Nolan, Steven Spielberg, James Cameron, ma soprattutto Martin Scorsese, che ha reso Di Caprio il suo novo attore feticcio dopo la storica collaborazione con Robert De Niro (che spesso non ha esitato a definirlo il suo erede artistico).

Ma se in Italia abbiamo imparato ad apprezzare questo grande attore il merito è della sua voce italiana: Francesco Pezzulli.

Francesco doppia per la prima volta il giovane attore nella sitcom degli anni '90 "Genitori in Blue-Jeans" e, dopo tre anni, Di Caprio ottiene i suoi primi due ruoli importanti al cinema: "Buon compleanno Mr Grape" da un lato e "Voglia di ricominciare", in coppia proprio con Robert De Niro; ma qui a doppiare la star non è ancora Pezzulli, bensì i bravi Corrado Conforti e Alessandro Tiberi.

Bisogna aspettare il 1996 quando il famoso attore, doppiatore e direttore di doppiaggioTonino Accolla sceglie di nuovo Francesco Pezzulli per doppiare Leonardo Di Caprio nella trasposizione moderna diShakespeare "Romeo+Giulietta" diBaz Luhrmann; nella seconda volta, "Di Caprio" Francesco Pezzulli deve doppiarlo in versi e non è affatto facile, ma grazie anche all’ottima direzione di Accolla la prova finale è di grande livello.



L’anno dopo infatti lo stesso Tonino Accolla sceglie di nuovo Pezzulli per doppiare Di Caprio nel film che non solo sarebbe diventato campione d’incasso dell’anno, ma sarebbe rimasto il film con incassi maggiore nella storia del cinema per molto tempo: Titanic.

In questo film, Di Caprio, attore eclettico, interpreta un giovane romantico e idealista che riesce a commuovere e lanciarlo definitivamente nell’Olimpo delle Star; e da quel momento Pezzulli diventa il suo alfiere.

Nella storia del doppiaggio parecchi abbinamenti sono nati per caso, quando entrambi gli attori erano agli inizi, e sono cresciuti assieme nell’arco della loro carriera: Sean Connery e Pino Locchi, Meryl Streep e Maria Pia Di Meo, Woody Allen e Oreste Lionello, Dustin Hoffman e Ferruccio Amendola, Robert Redford e Cesare Barbetti, Marlon Brando e Giuseppe Rinaldi, Eddie Murphy e Tonino Accola, Denzel Washington e Francesco Pannofino e tanti altri.

Oggi difficilmente un attore riesce a conservare la stessa voce per ogni film per svariati motivi, ma Leonardo Di Caprio e Francesco Pezzulli restano ancora un esempio di un perfetto incastro tra occhi, voce e anima..

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Doppiaggio: Giancarlo e Adriano Giannini

Giancarlo Giannini e Adriano Giannini, padre e figlio uniti da due grandi talenti: recitazione e doppiaggio. Ma non solo! Entrambi hanno dato voce a “Joker”, riuscendo a caratterizzare in modo diverso e inconfondibile questo particolare personaggio. Scopriamone di più nel dossier di Alessandro Delfino, dedicato proprio alla famiglia Giannini.

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Nel mondo dello spettacolo, di frequente assistiamo al cambio generazionale: i figli spesso seguono le orme del padre.

Pensiamo ai De Sica, ai Tognazzi, ai Vanzina, ai Gassman. E nel doppiaggio alle famiglie Izzo, Ward, De Angelis e tante altre.

Ma mai un padre e un figlio sono riusciti a riunire insieme le due arti del cinemae del doppiaggio così bene come Giancarlo e Adriano Giannini.

Il padre Giancarlo, come ben sappiamo, è uno dei più grandi attori del nostro cinema, mattatore di commedie come “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” o “Mimì Metallurgico ferito nell’onore”, ma anche di film più drammatici come “Pasqualino Sette bellezze”; Giancarlo Giannini ha attraversato il periodo più florido del nostro cinema dimostrando un istrionismo e un camaleontismo che pochi hanno saputo dare, grazie anche alla maestria dei nostri registi, in particolare Lina Wertmuller che dirige l’attore nei sui film più memorabili.

Ma Giancarlo si cimenta anche nel doppiaggio e lo fa  in maniera superlativa: in poco tempo diventa la voce ufficiale di Al Pacino (in film come “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, “Carlito’s Way”, “Scent of a Woman”, “L’avvocato del diavolo”, “Ogni maledetta domenica” e tanti altri) e doppia un sacco di attori importanti in film altrettanto cult (Jack Nicholson in “Shining”, “Batman”, “The Departed”, Michael Douglas nei due “Wall Street”, “Gerard Depardieu”, “Jeremy Irons” e tanti altri).



Il figlio Adriano comincia come operatore, quindi dietro lo schermo, ma impara presto l’arte di famiglia (anche la madre Livia Giampalmo è attrice e doppiatrice) e riesce ad imporsi nell’attuale panorama cinematografico italiano.

Raccoglie l’eredità del padre in due occasioni: al cinema con il remake di “Travolti da un insolito destino”, dove recita con la popstar Madonna, ma soprattutto nel doppiaggio: sua è infatti la voce del Joker di Heath Ledger nel film “Il cavaliere oscuro” di Christopher Nolan, lo stesso personaggio interpretato da Nicholson vent’anni prima in “Batman” di Burton e doppiato da Giannini padre.

Adriano tuttora ha una bella carriera nel doppiaggio, dando voce oltre che ad Heath Ledger, anche ad attori come Ryan Reynolds, Christian Bale (nel film premio Oscar “The fighter” e in “Exodus”), Joaquin Phoenix, Brad Pitt, Eric Bana, James Franco, Tom Hardy, Matthew Mccounaghey e tanti altri.

Le generazioni cambiano, ma la magia delle voci resta.

Le voci più belle di Giancarlo e Adriano Giannini

  1. Giancarlo Giannini - Gennarino Carunchio in “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”
  2. Adriano Giannini - Giuseppe Cuccurullo Esposito in “Travolti dal destino”
  3. Giancarlo Giannini - Giovanni Grazioli in “Per sempre”
  4. Adriano Giannini - Ossobuco in “Nero bifamiliare”
  5. Giancarlo Giannini - Al Pacino in “Quel pomeriggio di un giorno da cani”
  6. Adriano Giannini - Heath Ledger in “Paradiso+Inferno”
  7. Giancarlo Giannini - Jack Nicholson in “Shining”
  8. Adriano Giannini - Christian Bale in “The Fighter”
  9. Giancarlo Giannini - Michael Douglas in “Wall Street”
  10. Adriano Giannini - Joaquin Phoenix in “The Master”
  11. Giancarlo Giannini - Al Pacino in “Carlito’s Way“
  12. Adriano Giannini - Tom Hardy in “Lawless”
  13. Giancarlo Giannini - Al Pacino in “Heat - la sfida”
  14. Adriano Giannini - Matthew Mccounaghey in “True Detective”
  15. Giancarlo Giannini - Al Pacino in “L’avvocato del diavolo”
  16. Adriano Giannini - Ryan Reynolds in “Certamente forse”
  17. Giancarlo Giannini - Jack Nicholson in “The Departed”
  18. Adriano Giannini - Corey Stoll in “Midnight in Paris”
  19. Giancarlo Giannini - Jack Nichols in “Batman”
  20. Adriano Giannini - Heath Ledger in “Il cavaliere oscuro”

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Doppiaggio: il copione del doppiatore

Oggi, andremo a trattare un altro argomento interessante per quanto riguarda il mondo del doppiaggio, ossia il copione. Questo è fondamentale, perché riporta in maniera adattata quello che andremo a dire. Se non eseguito bene, si rischia di essere troppo lunghi o troppo corti nelle frasi. 

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Il compito di una perfetta esecuzione di un copione è affidato agli adattori/dialoghisti. Parleremo magari meglio di queste figure professionali nei prossimi articoli del blog. Oggi focalizzeremo prettamente la nostra attenzione sugli elementi che compongono un copione.

IL COPIONE DEL DOPPIATORE

Nel professionismo, la modalità di stesura dei testi prevede che ogni pagina debba contenere dalle 18 alle 20 righe e deve essere numerata; ogni riga deve comprendere un massimo di 50 battute dattiloscritte con esclusione del nome del personaggio, compresi gli spazi, la punteggiatura e le indicazioni tecniche e didascaliche. Vi troverete delle abbreviazioni che aiuteranno il doppiatore a capire meglio come iniziare e terminare il periodo recitato.

Queste sono sempre chiuse tra parentesi, sono separate da uno spazio e dalle parole del testo. Sono sempre in maiuscolo, per differenziarsi in modo evidente dal resto del testo, tranne le abbreviazioni “in” che sta per “inizia” e “fin” che sta per “finisce”, (Ant.) che sta per “anticipato” e (Orig) che sta come per “originale”, mentre i segni di interpunzione sono come normalmente utilizzati nell’editoria, ma con una funzione diversa che specificherò più avanti.

Le principali abbreviazioni tecniche ufficiali che troverete sui copioni.

- Iniziamo con (FC) e (IC), che si usano quando il personaggio che parla si trova “fuori” e “in campo” dall’inquadratura visiva della macchina da presa.

- Proseguiamo con (SOVR) che ci segnala quando il personaggio sta parlando contemporaneamente a quello che lo precede, oppure che lo interrompe.

- (RIS.) invece è l’abbreviazione di una “risatina”.

- (DS) si usa quando il personaggio è di spalle per cui le labbra non sono visibili.

(SM) indica “sul muto”, ossia una battuta inesistente nel sonoro originale.

- (RIDE) te lo devo spiegare?

- (FIATO) segnala ogni emissione forzata di fiato (VERSO) e si usa ad indicare ogni altro tipo di verso umano, come un colpo di tosse, un bacio, un lamento, un sospiro o un pianto.

In aggiunta a questi, ci sono le sbarrette, oppure se preferite le slashes, che indicano una breve sospensione interna alla battuta. Una sbarretta / sta ad intendere una pausa tra due battute. Due sbarrette // segnalano invece che c’è un cambio di scena tra due battute dello stesso personaggio, ovvero una pausa più lunga.



Il Timecode nel copione del doppiatore

Altra cosa che troverete sul copione è il “Timecode”. Questo, da come avrete intuito, è il codice che indica il tempo e che troveremo sia sul video da doppiare che sul nostro copione e che ci aiuta quando il personaggio inizia a parlare. Il “Timecode” (TC), lo troveremo sempre all’inizio di ogni scena per la prima battuta di ogni personaggio.

Se ci dovessero essere presenti dei brusii (come ad esempio persone che parlano o che urlano in sottofondo), lo troveremo anche alla fine, per indicare quando questi terminano. Di norma, se una scena dovesse presentarsi molto lunga verrà posizionato un TC di riferimento per ogni pagina, in modo da aiutare il fonico ed il direttore del doppiaggio a trovare il punto in cui far ripartire la scena.

Vi ho parlato all’inizio dei segni di interpunzione e della loro concezione leggermente diversa rispetto a come li usiamo nella semplice lettura di un testo. Infatti, questi suggeriscono all’attore, più che una semplice pausa, le “chiusure delle battute” ovvero, attraverso la propria recitazione, la chiusura dell’espressione di un concetto, con l’inizio di un altro; ma questa è un’altra storia.

Articolo a cura di Antonio Amoruso

Doppiaggio: il voce-volto

Quante volte avete riconosciuto un attore semplicemente ascoltandone la voce? Merito del “Voce-Volto”, un doppio termine che nel doppiaggio assume un solo significato: il momento in cui un timbro vocale finisce con l'incollarsi perfettamente sul volto di un attore. Scopriamo insieme molte curiosità in merito a questo importante legame. 

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Pensiamo ad Oreste Lionello e Woody Allen, Ferruccio Amendola con Robert De Niro, Tonino Accolla con Eddie Murphy, Giuseppe Rinaldi con Marlon Brando e così via. Sono alcuni dei più noti esempi di legame “voce-volto” del cinema italiano. Spesso queste scelte che poi si rivelano continuative nel tempo si rivelano inizialmente casuali: un direttore di doppiaggio che lavorava in una determinata società sceglieva su di un attore la voce di un doppiatore che era ai tempi socio del direttore. Infatti quando capitava ad esempio che un film con Robert De Niro (che venivano affidati spesso alla CDC-Sefit Group) capitava in un’altra società la voce cambiava (come ad esempio nei film "Angel Heart" diretto da Renato Izzo per la società Gruppo Trenta-Pumaisdue dove De Niro ha la voce di Paolo Poiret; oppure "Paradiso perduto", diretto da Renzo Stacchi per la società Angriservices dove lo stesso Stacchi doppia il celebre attore).

Col tempo le società sono aumentate, come i doppiatori liberi e spesso oggi può succedere che un attore venga doppiato da diverse voci ricorrenti: ad esempio Edward Norton, spesso doppiato da due doppiatori completamente diversi tra di loro, Massimiliano Manfredi e Massimo De Ambrosis, eppure perfettamente calzanti entrambi sull’attore. O Matt Damon doppiato da tante voci, in particolare da Francesco Bulckaen, Massimiliano Manfredi e Riccardo Rossi; o ancora Ben Affleck, doppiato spesso dai due cugini doppiatori Fabio Boccanera e Riccardo Rossi, che a loro volta hanno doppiato entrambi Johnny Depp e così via. Può capitare anche che un attore doppiato solitamente da una voce fissa o ricorrente in un determinato film possa interpretare un ruolo diverso dal solito e quindi si debba ricorrere ad un altro doppiatore; come Anthony Hopkins, doppiato di solito da Dario Penne, nel film "Hitckock", dove interpreta il celebre regista ricorrendo ad una forte trasformazione fisica, viene doppiato da Gigi Proietti. Oppure Tom Hanks, solitamente doppiato da Roberto Chevalier negli anni novanta, in "Forrest Gump" il suo biascicare viene reso in italiano da Francesco Pannofino.



Ci sono addirittura attori talmente eclettici che, cambiando di volta in volta nei loro film non hanno mai goduto di una voce fissa e oggi le giovani generazioni di attori cambiano spesso voce di film in film, forse anche per una mancanza di ricambio che purtroppo penalizza un po’ il doppiaggio odierno.

Oggi più che l’attore spesso si tenta di preservare la stessa voce di un personaggio di una serie tv di successo o di saghe di film al cinema, tanto che non sempre si mantiene la stessa voce anche in altri prodotti al di fuori del contesto. Ad esempio, Robert Downey Jr., doppiato all’inizio della sua carriera spesso da Sandro Acerbo, dopo il successo di "Iron Man" ha la voce di Angelo Maggi in tutti i film Marvel, ma in altri film si divide l’attore con Luca Ward.

E’ successo anche in passato che cambiassero più volte la voce di un personaggio della stessa saga; ad esempio il celebre personaggio degli anni settanta Harry Callaghan interpretato da Clint Eastwood in cinque film ha avuto quattro voci diverse: Nando Gazzolo nel primo, Giuseppe Rinaldi nel secondo, Michele Kalamera (diventato in seguito voce ufficiale dell’attore) nel terzo e quarto, Dario Penne nel quinto e ultimo film. Oppure Bruce Willis nella saga di "Die Hard" nei primi tre film è doppiato rispettivamente da Roberto Pedicini, Oreste Rizzini e Claudio Sorrentino; quest’ultimo poi lo doppia continuamente nei film successivi.

Il voce-volto non è passato sempre inosservato: a volte un doppiatore è stato scelto dallo stesso attore tramite i provini; qualche volta voce e volto si sono incontrati e qualche altra volta gli attori stranieri hanno reso omaggio al loro doppiatore dopo la sua morte.

Ma vogliamo ricordare un momento importante nel 1991 quando, durante l’edizione dei Telegatti, una grande voce incontra il suo grande attore. Godetevi questo breve video. 

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Doppiaggio: Maria Pia "Streep" Di Meo

Nel doppiaggio contemporaneo, uno dei legami più forti tra “voce” e “volto” è senz'altro quello tra l'attrice Meryl Streep e la bravissima doppiatrice Maria Pia Di Meo, che la segue dal lontano 1978. Scopriamo tutto in questo dossier realizzato da Alessandro Delfino per il #sitodellevoci.


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1978: dopo la nascita di mostri sacri come Woody Allen, Martin Scorsese, Steven Spielberg e Francis Ford Coppola in regia e di attori come Al Pacino, Dustin Hoffman, Robert De Niro e Jack Nicholson si fa notare un’attrice, anche lei non considerata proprio bella, ma parecchio talentuosa. Il suo nome? Meryl Streep.

Non è un caso che decidano di affidare questa straordinaria interprete a Maria Pia Di Meo(Roma, 23 Settembre 1939), già voce da vent’anni di attrici come Audrey Hepburn, Julie Andrews, Jane Fonda, Barbra Streisand, Cher e Shirley MacLaine, il talento giovane della società CDC (Cooperativa Doppiatori Cinematografici) di Roma, cresciuta a fianco dei veri maestri dell'epoca, come l'"immensa" Lydia Simoneschi.

Il film in questione è “Il cacciatore” di Michael Cimino, dove la giovane Meryl Streep si confronta con il già affermato Robert De Niro e non sfigura per nulla, anzi, la sua naturalezza e intensità riesce non solo a rendere memorabile il personaggio della giovane Linda, ma anche a lanciare la Streep nel firmamento della nuova Hollywood.



In italiano abbiamo la possibilità di ascoltare un bellissimo duetto tra Ferruccio Amendola (voce di Robert De Niro) e Maria Pia Di Meo (voce di Meryl Streep); un incontro tra le due attrici che non solo sarà indissolubile (salvo qualche eccezione), ma legherà per sempre nell’immaginario del pubblico Maria Pia Di Meo a Meryl Streep, che la accompagnerà per tutta la sua carriera fino ad oggi.

Titoli come “Kramer contro Kramer” (dove la Streep vince il suo primo premio Oscar), “La mia Africa”, “La morte ti fa bella”, “Innamorarsi” (dove possiamo risentire la coppia Robert De Niro - Ferruccio Amendola e Meryl Streep - Maria Pia Di Meo), “I ponti di Madison County”, “Il Diavolo veste Prada”, “The Iron Lady” (dove la Streep vince il suo terzo premio Oscar) fino all’ultimo film “The Post” diretto da Steven Spielberg e interpretato insieme a Tom Hanks (doppiato da Angelo Maggi). 

Nella lunga carriera di Meryl Streep, parecchie bravissime doppiatrici hanno prestato la voce: Rossella Izzo, Ada Maria Serra Zanetti, Ludovica Modugno, Cristina Boraschi, Laura Boccanera, Lisa Mazzotti, Alba Cardilli, Eva Ricca, Anna Cesarenie tante altre, ma Maria Pia Di Meo è riuscita col tempo e grazie alla sua morbida e intensa voce, molto simile all’originale, a legarsi per sempre non solo al volto, ma anche all’anima della grandissima star.

E noi, pubblico, non possiamo fare altro che chiudere gli occhi, ascoltare ed emozionarci.

Articolo a cura di Alessandro Delfino

(foto della doppiatrice a cura di Maurizio Pittiglio per VIX-VOCAL)

Doppiaggio: Sandro "PITT" Acerbo

Brad Pitt è una delle star di Hollywoodpiù amate dal pubblico italiano. Non solo il suo volto, ma anche la sua voce è immediatamente identificabile: merito del doppiatore"ufficiale" di Pitt, il grande Sandro Acerbo, che lo segue (salvo rare eccezioni) dagli esordi dei primi anni '90. Ce ne parla il nostro blogger Alessandro Delfino.

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1992: esce il film drammatico “Nel mezzo scorre il fiume”, diretto dall’attore premio Oscar Robert Redford e con protagonisti due giovani promesse: Craig Sheffer, ma soprattutto Brad Pitt; nello stesso anno arriva l’edizione italiana del film diretto da Cesare Barbetti (storica voce di Robert Redford) che sceglie l’attore e doppiatore Sandro Acerbo (già voce di attori come Michael J. Fox, Matthew Broderick e Robert Downey Jr.) a prestare la voce al giovane Brad Pitt.

“Sandro... lo vedi questo? E’ molto bravo. Doppialo bene e vedrai che ti rimane”. Mai parole furono più profetiche!

Il binomio Pitt - Acerbo si consolida quasi nell’immediato, nel 1994 con i due film “Vento di passioni” (dove Pitt interpreta il rude e romantico Tristan) e “Intervista col vampiro” (dove Pitt dà un’interpretazione ancora diversa e intensa del vampiro Louise de Pointe du Lac in coppia con il sadico Lestat de Lioncourt - Tom Cruise). Sandro Acerbo riesce a seguire il poliedrico attore che seppur giovane riesce a dare già delle performance memorabili.

Ma il successo arriverà nel 1995 con il thriller "Seven" in coppia con Morgan Freeman dove il monologo finale del disperato Detective Mills trasforma Pitt in un sex-symbol e divo a tutti gli effetti; in Italia, Acerbo continua a seguirlo meticolosamente arrivando ad aggiungere bravura e intensità tanto da rendere la scena finale in italiano migliore dell’originale.



Un attore non facile da seguire vista la sua duttilità e diversità nei ruoli ("Sleepers", "L’ombra del diavolo", "Sette anni in Tibet", "Vi presento Joe Black", dove Pitt interpreta addirittura la morte stessa); ma la prova definitiva avviene nel 1999. Esce "Fight Club", thriller psicologico di David Fincher (che aveva già diretto Pitt in "Seven") e l’attore, in coppia col bravissimo Edward Norton, dà vita propria al personaggio eccentrico e border-line di Tyler Durden, forse il ruolo più complesso interpretato mai prima d’ora: ma Sandro Acerbo riesce a restituire perfettamente nella nostra lingua la follia del personaggio arrivando ormai a stabilire un legame indissolubile con l’attore.

Legame che prosegue per il decennio successivo in film come la trilogia di "Ocean", "Spy Game" (in coppia con Redford), "Snatch - Lo strappo", "Mr & Mrs Smith", "Babel", "Il curioso caso di Benjamin Button", "Bastardi senza gloria" e molti altri fino ad arrivare ad oggi dove l’attore da ex sex-symbol è maturato e ha dimostrato grandi capacità non solo attoriali, ma anche produttive (è stato produttore esecutivo del film premio Oscar "Dodici anni schiavo").

Sandro Acerbo ancora oggi rimane la voce italiana di Brad Pitt e nonostante alcune pellicole non doppiate da lui (come "L’esercito delle dodici scimmie", "Troy" e "The counselor") e altri importanti attori a cui Acerbo presta la voce (come Will Smith, Robert Downey Jr e Michael J Fox) il biondo attore americano rimane legato alla sua voce.

Chi non si è innamorato almeno una volta della sua voce nel romantico film "Vi Presento Joe Black"?

Articolo a cura di Alessandro Delfino

(per la foto del doppiatore si ringrazia Vix-Vocal)

Doppiaggio: videointervista a Luca Biagini

Ci piace parlare di voce con chi proprio se ne intende! Torniamo a farlo con l’attore e doppiatore Luca Biagini, ormai un amico di VOCI.fm. Questa volta lo abbiamo incontrato con le telecamere di Patrizia Simonetti, per aggiornarci sui suoi ultimi impegni al leggio e per farci dare qualche altra dritta sempre gradita!

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Luca Biagini su VOCI.fm. Una voce che si sente quando vediamo personaggi come Michael Keaton, nei documentari e poi…
Poi sto doppiando anche la  nuova serie di Hugh Laurie, il famoso “Dr. House” che ho doppiato gli ultimi due anni. Stavolta interpreta un neuropsichiatra forense, quindi un personaggio diverso rispetto al precedente, ma comunque molto interessante, controverso e borderline.

Quanto ci metti del tuo vissuto e del tuo carattere in quel momento, quando doppi un personaggio?
Beh, ci si mette sempre del proprio in questo lavoro. Il doppiaggio è una specializzazione del mestiere dell’attore e devi dare la giusta interpretazione alle scene girate in originale. Insomma, è complicato perché devi mettere la tua capacità espressiva al servizio di un’altra persona, entrare nelle sue emozioni e cercare di beccare il suo ritmo interiore. E’ la cosa fondamentale ed anche la più delicata, perché ogni attore ha un proprio modo di fraseggiare ed arrivare al feeling perfetto è spesso una vera impresa.

Tu ovviamente sei anche un attore, hai fatto tante fiction (tra cui “Sacrificio d’amore”). Ma è indispensabile esserlo per potersi cimentare nel lavoro del doppiatore?
Assolutamente si, lavorare nel doppiaggio senza essere attori è impossibile. Ma non nel senso “accademico” del termine; si può arrivare a fare l’attore anche senza passare per tante scuole. C’è chi ci nasce, chi ha questo talento dentro e può svilupparlo direttamente sul campo, ma non si può doppiare se non si ha quella capacità di saper cogliere le sfumature ed i dettagli, e possedere una ricca gamma espressiva vocale, tipica dell’attore.  Come la fisicità, che nel doppiaggio serve tantissimo, anche se non si vede. Davanti al leggio, l’attore si deve “attivare”; altrimenti la voce è statica.

Questo è davvero un bel consiglio per chi ci segue, grazie Luca.
Grazie a voi ed un saluto a tutta la community VOCI.fm, perché siete appassionati di doppiaggio e quindi ci aiutate a far bene questo lavoro e ad amarlo.

LUCA BIAGINI: CENNI BIOGRAFICI

Luca Biagini nasce a Ville di Corsano (SI), il 3 Ottobre 1949 ed è uno dei più noti attori e doppiatori italiani. Doppiatore ufficiale di John Malkovich, ha prestato la voce a Kevin Kline, Colin Firth, Ed Harris, Stanley Tucci, William Hurt, Gabriel Byrne e Denzel Washington in molte importanti interpretazioni. E’ anche il doppiatore di Michael Keaton nel ruolo di Bruce Wayne su “Batman” di Tim Burton (1989), Hugo Weaving (Elrond) nella trilogia de “Il Signore degli Anelli” e Bruce Willis ne “L'esercito delle 12 scimmie". In radio ha prestato la voce negli sceneggiati di RadioDue a personaggi come l'ispettore Ginko (in Diabolik) e l'inquisitore Nicolas Eymerich (di Valerio Evangelisti, regia di Arturo Villone). Come attore è diventato noto al grande pubblico interpretando il personaggio di Edoardo Della Rocca nella soap-operaCentovetrine” (Canale 5). Ha recitato nel film “Maria Goretti” ed in tantissime altre produzioni teatrali e televisive. Un aneddoto curioso è quello di essere stato scelto direttamente dall'attore inglese Hugh Laurie per sostituire Sergio Di Stefano nel doppiaggio della serie televisiva “Dr. House - Medical Division” a partire dalla settima stagione. Importante ricordare che Luca Biagini è "Leggio d'oro” come “voce maschile dell'anno 2016".

E voi come ve la cavate con il sottotesto?

Per chi lavora con la voce il “sottotesto” è un elemento importantissimo per far arrivare un messaggio preciso... in un modo altrettanto preciso. E' la famosa "comunicazione non verbale”, alla base dell'attività di un attore, di uno speaker e di un doppiatore. Con Angelo Oliva ne scopriamo caratteristiche e modi d'uso. 

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Cos’è il “sottotesto”?

E’ l’elemento, la parte fondamentale del processo comunicativo.

Il termine indica tutta quella parte di informazione che non è codificata in modo scritto, ma che arriva allo spettatore, o ascoltatore, tramite la recitazione dell’attore.

Il significato che si cela sotto le battute di un dialogo e i gesti che lo accompagnano.

Tre sono gli elementi importanti che costituiscono il "sottotesto":

1. Il testo

2. Il contesto

3. Il sottotesto

Il primo è abbastanza chiaro: sono le parole scritte; il secondo è l'ambiente nel quale avviene lacomunicazione.

Questo elemento ha sempre la sua rilevanza per diversi fattori.

Provate a pensare ad una discussione con il vostro partner. C'è differenza se avviene in casa oppure in un locale pubblico? In linea generale si!

Il terzo, cioè il “sottotesto”, è rappresentato da tutti gli elementi della comunicazione che pensiamo ma che non diciamo.

E' nel “sottotesto” che ritroviamo la comunicazione non verbale, il linguaggio del nostro corpo. Cioè, la comunicazione para-verbale, ossia le intonazioni, il tono, il timbro, le sfumature della voce, ecc.

Il “sottotesto” è spesso l'elemento più importante dell'atto comunicativo e quello che rivela il vero significato di ciò che si dice.

Facciamo un esempio:

(in ufficio)

Datore di lavoro: “Allora, ci sbrighiamo con quella pratica?”

Risposta: “Mi scusi, mi attivo subito.”

sottotesto”: “Dai… armati di santa pazienza per non farti licenziare. Mi fa lavorare 12 ore al giorno e si lamenta pure?”

Altro esempio:

(incontriamo un amico)

Noi: “Ma che bella cravatta che indossi? Con il calzino bianco poi, è il massimo!”

sottotesto”: “ Caspita! Dimmi dove l’hai comprato che ci vado subito”

Oppure:

Noi: “Ma che bella cravatta che indossi? Con il calzino bianco poi, è il massimo!”

sottotesto”: “Diciamo che hai aperto un armadio a caso e ti sei vestito al buio.”

Come abbiamo osservato negli esempi, il “sottotesto” nasce dalla combinazione della personalità e dei sentimenti del personaggio in uno specifico contesto. Senza contesto, senza un pensiero e senza personaggio, non può esistere “sottotesto”. Il significato, quindi, può essere compreso solo conoscendo bene la storia e i personaggi che la popolano. Se questa consapevolezza viene meno, verrà a mancare la trasmissione di una parte essenziale del dialogo, quindi della comunicazione.


In che modo il “sottotesto” è amico dei professionisti della voce?

L’uso del “sottotesto” permette all’ascoltatore di comprendere meglio gli aspetti di un personaggio, le motivazioni, le paure, i pensieri che lo attraversano. Questo consente di creare empatia con chi ascolta. Senza “sottotesto”, i dialoghi suonano meno autentici. Ciò che non diciamo, le frasi lasciate in sospeso, le domande senza risposta e i segnali extra-verbali, spesso trasmettono maggiori informazioni delle parole che pronunciamo.

Come nasce il “sottotesto”?

Potremmo dire che il sottotesto nasce dal “pensare” a ciò che il testo scritto non esprime, ma che lascia intuire. Il sottotesto è “vedere” con chiarezza la scena che stiamo interpretando, tenendo conto di alcuni aspetti fondamentali, come:

- I dettagli sensoriali dell’ambiente descritto nel testo;

- Le motivazioni che animano il personaggio;

- Il tono, l’inflessione, la postura, l’espressione del viso e tutti gli aspetti del personaggio da interpretare.

In sostanza, se siamo entrati in sintonia con il personaggio - anzi dobbiamo esserlo - capiremo quali battute possono essere espresse in modi “meno ovvi”.

Come possiamo imparare ad usare il "sottotesto"?

Ascoltando le persone parlare e cercando di capire “cosa c’è sotto”.

Esercitandoci a non dare sempre ai nostri personaggi, alle nostre letture, ai nostri dialoghi e alle nostre interpretazioni, un andamento “lineare”.

Adesso che conoscete il “sottotesto”, gli presterete più attenzione? 

Enzo Iacchetti: lo show-man che ama il doppiaggio

Tutti lo conosciamo come "socio" di Ezio Greggio a "Striscia la Notizia", come attore teatrale e show-man. Ma in pochi sappiamo che Enzo Iacchetti è anche un bravo doppiatore, voce di Lord MacGuffin nel film Disney Pixar "Ribelle - The Brave" (2012), di Spongebob, di Kak nell'"Aida degli alberi" (2001) e che il lavoro al leggio lo affascina particolarmente. Patrizia Simonetti lo ha intervistato per il #sitodellevoci

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Enzo Iacchetti su VOCI.fm. Tu oltre ad essere un grande attore e cantante, hai assaggiato anche il doppiaggio. In che modo e quando?
Beh, intanto ho doppiato quei pochi film che ho fatto, inutile citarli; ho doppiato le parti che non erano venute bene in diretta. Però io sono doppiatore di due cartoni animatiche hanno avuto molto successo: uno è del 2012, “Ribelle - The Brave” (Disney Pixar) dove doppiavo uno dei tre capi che avevano i figli che dovevano andare in sposa alla ragazza rossa, poi l'“Aida degli alberi” con le musiche di Ennio Morricone dove ho anche cantato una canzone scritta dal maestro Morricone. Davo la voce ad un personaggio grassone che mangiava panini in continuazione :-)

Cosa ti piace della professione del doppiatore?
Mi piace la sfida che fai con il tempo, con le labbra degli altri e le tue. È una cosa che a me è piaciuta molto. Mi piacerebbe farlo più spesso, ma ormai ho una voce troppo identificabile.

A proposito di voce, come la usi in modo diverso? Quando sei a teatro, quando canti, quando hai doppiato o quando fai “Striscia la Notizia”?
Beh, su “Striscia la notizia” e a teatro è la mia voce, quella “vera”. Quando canto è chiaro che spingo, faccio i piani e i forti. Ho studiato musica, quindi sono molto preparato e mi vanto di esserlo. Nel doppiaggio, se mi chiedono una voce particolare riesco a farla perchè ho iniziato nelle radio tanto tanto fa e lì ho lavorato molto. Ho fatto tantissime voci ai tempi delle radio libere. Nessuno si accorgeva che ero sempre io, cambiavo orario, variavo l'impostazione ed il carattere... ed ero un altro. Me la cavo perchè sono un buon attore.

E la tua voce la curi in qualche modo?
Si, si, e la voce c’è nonostante l’età… ancora c’è! A VOCI.fm dico grazie di esistere da Enzo Iacchetti.

 

Francesco Pannofino: attore in Romolo + Giuly su FOX

Francesco Pannofino torna in TV con una partecipazione straordinaria in una serie divertente e dissacrante dall’aura vagamente (ma neanche tanto) shakespeariana: "Romolo + Giuly La guerra mondiale italiana", da lunedì 17 settembre alle 21.15 su Fox. Tra i personaggi “paradossali” c'è lui, Edoardo Pederzoli, presidente della Regione Lombardia (in realtà romanissimo!), interpretato da Francesco Pannofino. Neanche a dirlo la sua caratteristica più divertente è proprio legata alla voce: sapersi “sdoppiare” passando dal milanese al romanesco... Ce ne parla proprio il grande doppiatore, intervistato da Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Francesco Pannofino in “Romolo + Giuly”, una serie divertentissima, ironica, ci sono dentro un sacco di cose. Tu sei Edoardo Pederzoli, raccontaci.
Edoardo Pederzoli è un “cazzaro”, cioè uno che fa finta di essere milanese e occupa una poltrona importante come presidente della Regione Lombardia, ma lo fa per i suoi affari; non posso aggiungere altro... altrimenti mi cazziano! Però, è un tipo davvero sopra le righe, abbastanza paradossale, come lo sono tutti i personaggi della serie.

Ti vediamo nella serie che ti sdoppi nel linguaggio, no? Parli un pò milanese perché sei al tuo posto e poi a un certo punto, niente, “sbrachi” (come si dice a Roma), con il romano. Com’è stato passare da una cosa all’altra?
Divertente! Intanto più cose un attore può fare e meglio è. Poi qua si può andare anche, ripeto, sopra le righe. Mi sono divertito a fare maldestramente il milanese, non è che sono il massimo... però, insomma, la dò a bere :-)

E riesci anche a portare la sfilata d’alta moda da Milano a Roma!
Si, con questo piccolo escamotage, porto la settimana della moda da Milano a Roma.

Senti tanta ironia anche su Roma, sui romani, ci si scherza su. L’autoironia fa bene? Ci vuole?
Beh, assolutamente si! perché se ci prendiamo troppo sul serio è finita, se non c’è più senso dell'humor ecc. Anche la diatriba Roma-Nord / Roma-Sud, in realtà è bonaria, non c’è niente di drammatico. Anche perché è una rivalità nata negli ultimi anni. Io quando ero ragazzino non me la ricordo questa cosa, eravamo tutti mischiati: Casilina, Tiburtina, Cassia, Flaminia, non c’era distinzione.

Poi c’è quest’aria shakespeariana, insomma, già da “Romolo” e “Giuly”.
E' una buona idea, io credo che il pubblico l’apprezzerà!



ROMOLO + GIULY

LA GUERRA MONDIALE ITALIANA

la nuova serie comedy italiana targata Fox

con

Alessandro D’Ambrosi, Beatrice Arnera, Fortunato Cerlino, Massimo Ciavarro, Federico Pacifici, Nunzia Schiano, Giorgio Mastrota, Michela Andreozzi, Lidia Vitale, Umberto Smaila e con Francesco Pannofino

con i camei d’eccezione di

Paolo Bonolise Giorgio Panariello

web star

Federica CacciolaaliasMartina dall’Ombra, gli Actual e Le Coliche

Soundtrack firmato da

Lo Stato Sociale

“Il Paese dell’Amore” è colonna sonora ufficiale della serie

Nell’omonimo videoclip - parodia di una celebre scena deLe Ienedi Quentin Tarantino – a fianco al protagonista Lodo (Lodovico Guenzi), nei panni di Mr Blond che tortura il povero pupazzo Tciù, troviamo anche altri due interpreti della serie di Fox, Fortunato Cerlino e Giorgio Mastrota.

 

In prima visione assoluta dal 17 settembre 2018 ogni lunedì alle 21.15 su FOX (canale 112 di Sky)

Francesco Pannofino: voce incredibile

Ci sono voci che più di altre "restano": timbro inconfondibile, recitazione caratterizzante, versatilità massima. E' senz'altro il caso di Francesco Pannofino, tra i più amati attori e doppiatori italiani. Lo ha intervistato per VOCI.fm la giornalista Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Francesco Pannofino su VOCI.fm. Grande doppiatore oltre che attore, voce di Denzel Washington e George Clooney, ma anche di cartoni animati come “Pipì Pupù e Rosmarina”, insomma chi più ne ha più ne metta. Che differenza c'è tra dare la voce ad un grande attore e dare la voce ad un personaggio animato?
Intanto il lavoro va preso tutto seriamente; se proprio vogliamo parlare di differenza “tecnica”, secondo me, doppiare un cartone è più faticoso, perché hai davanti a te una bocca “disegnata” e poi perchè i personaggi dei cartoni animati sono quasi sempre sopra le righe e quindi risultano più impegnativi, ma altrettanto divertenti. Poi dipende anche da chi doppi, da che film stai facendo, ci sono volte in cui è bello, molto bello, altre in cui non tutte le ciambelle riescono col buco! Nel caso di “Pipì Pupù e Rosmarina” è tutto perfetto, perché Enzo D'Alò è un grande regista ed ha deciso di portare al cinema questa serie dopo una lunga gestazione; è un film che piace ai bambini, ma anche ai grandi, perché non bisogna farsi ingannare dai disegni o dalle voci dei bambini dei protagonisti, ci sono anche spunti interessanti per gli adulti.

Ti senti più realizzato quando fai l'attore, quando oltre che con la voce ci sei anche in carne ed ossa oppure quando doppi qualcuno comunque di grande livello?
No, beh, il lavoro è tutto bello, perché poi è quello che volevo fare da bambino e questa è già una grande soddisfazione per un uomo. Chiaramente un attore quando si può esprimere anche con la faccia è più completo, ma questo non toglie nulla alla serietà del lavoro del doppiaggio, dove è vero che tu partecipi ad un film già fatto e che l'attore ha già recitato la sua parte, però bisogna ridare le stesse emozioni in un' altra lingua, che sembra facile, ma non lo è.

Quindi è un tuo sogno da bambino quello di fare il doppiatore, ma non avevi questa voce?
No, veramente da piccolo non sapevo neanche quello che volesse dire la parola “doppiatore”. Ma avevo tre sogni: calciatore, giornalista ed attore. Ero un buon calciatore, ma non al punto da diventare un professionista, come giornalista serve di essere molto ficcanasi ed io non lo sono. Alla fine ho fatto l'attore perché mi sono accorto di avere talento interpretativo, più che altro me ne hanno fatto accorgere i miei amici e le persone che mi stavano vicino; ci ho provato ed è andata bene.

So che adesso ai doppiatori non fanno più vedere il film da doppiare, per cui magari capita che una mattina ti alzi triste e vai a doppiare una cosa che fa ridere o viceversa. Ci si fa l'abitudine?
Sai, nel mio lavoro purtroppo le condizioni personali bisogna lasciarle a casa. Bisogna farci l'abitudine, e se mi sveglio triste... per forza me la faccio passare.

Un consiglio ai giovani che vogliono fare l'attore, il doppiatore?
Ognuno ha la sua storia, il suo talento, la sua faccia, la sua voce ecc. Bisogna individuare dentro di sé se c'è il talento adatto per poter fare questo lavoro, perché bisogna esserci portati e quindi occorre molta autocritica e poi provarci e non abbattersi al primo ostacolo. Iniziare da giovani, perché quando si arriva ad una certa età è difficile. Si perde la faccia tosta per andare avanti, per proporsi, anche per superare le prime difficoltà.

Un saluto affettuoso a VOCI.fm da Francesco Pannofino, e vi auguro ogni bene. Ciao a presto!



FRANCESCO PANNOFINO: CENNI BIOGRAFICI

Francesco Pannofino, nasce a Pieve di Teco (IM) il 14 novembre 1958. E' uno dei più noti attori, doppiatori e direttori del doppiaggio italiano. Voce ufficiale di George Clooney e Denzel Washington, ha prestato la voce a Kurt Russell, Michael Madsen, Jean-Claude Van Damme, Antonio Banderas, Philip Seymour Hoffman, Dan Aykroyd e Mickey Rourke in diverse interpretazioni importanti. E' anche doppiatore di William Petersen nella serie televisiva “CSI - Scena del crimine”, Wesley Snipes nella trilogia di “Blade”, Robbie Coltrane nella saga di “Harry Potter”, Michael Madsen in “Kill Bill” di Quentin Tarantino, Benicio del Toro in “Traffic” e Tom Hanks in “Forrest Gump”, Daniel Day-Lewis. Ha inoltre doppiato, subentrando al collega Marco Mete, il personaggio di Tex Willer nello sceneggiato radiofonico trasmesso da “Rai Radio 2”. Tra gli attori doppiati vi sono Kevin Spacey, Kiefer Sutherland, Willem Dafoe nella trilogia di “Spider-Man”, Costas Mandylor nella saga di “Saw” (ad eccezione del terzo capitolo), Vin Diesel in “xXx”, “Il risolutore” e “Prova a incastrarmi”. E' anche voce di Fred Flintstone nel film “I Flintstones”. Attore e voce di numerosi spot pubblicitari, tra cui la fortunata campagna dei treni “Italo” nell'anno 2017. E' sposato con la doppiatrice Emanuela Rossi.

Francesco Prando: la voce di James Bond

La sua voce è inconfondibile, non a caso per noi italiani è “James Bond“ da oltre 10 anni! Ma non solo: Francesco Prando è uno dei più talentuosi e versatili doppiatori italiani. Ascoltiamo i suoi consigli nella videointervista realizzata per VOCI.fm da Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Su VOCI.fm... il mio nome è Prando: Francesco Prando :-) 
Grazie, non è proprio cosi, ma la vicinanza con l'Agente 007 fa si che in una maniera o nell’altra questo possa succedere! 

Che cosa bisogna fare per diventare dei bravi doppiatori? Lo vogliamo dire a tutti i ragazzi e i giovani che ci guardano e ci ascoltano? 
Bisogna avvicinarsi a questo lavoro con grande serietà, pensare che nessuno ti regala niente e che ci vuole una grandissima preparazione per raggiungere dei traguardi di un certo livello. Bisogna studiare dizione, recitazione, avere la possibilità di sperimentare e allo stesso tempo essere convinti ed andare avanti anche dopo i primi passi falsi. Però ci vuole una grandissima costanza, applicazione e grande studio, questa è la cosa fondamentale.

Nella sua lunga carriera, a parte Daniel Craig, c’è mai stata una frase che non avrebbe voluto pronunciare o un personaggio a cui non avrebbe mai voluto prestare la voce?
No, perché  io penso che qualunque personaggio ti arricchisca, accresca il tuo bagaglio di esperienza, positivo o negativo che sia. In una carriera si fanno inevitabilmente degli sbagli, delle cose per cui magari alla fine della lavorazione dici “mannaggia forse era meglio se non l’avessi fatto”. Invece  io penso che anche lo sbaglio sia una presa di coscienza e una consapevolezza in più, quindi ci sta anche quello. Poi bisogna provare ogni tipo di esperienza, va bene il cartone animato, va bene il documentario e comunque tutto accresce ed arricchisce a 360°. 

Invece, al contrario, c’è un personaggio a cui ancora non ha dato la sua voce e che magari avrebbe voluto doppiare? 
Sinceramente non te lo so dire, io sono estremamente felice della carriera che ho fatto, che sto facendo e che spero di continuare a fare per tanto tempo. Di occasioni me ne sono capitate moltissime e sarebbe veramente poco carino dire “mi manca quello perché no?”. Da questo punto di vista va bene cosi. Saluto tutti voi di VOCI.fm, continuate a seguirci perchè il doppiaggio è un lavoro meraviglioso e speriamo in tutti i modi di farvelo arrivare, di darvi emozioni, trasmettervi sensazioni, stati d’animo e non soltanto parole; questa sarebbe la cosa più importante.

 

FRANCESCO PRANDO: CENNI BIOGRAFICI

Francesco Prando, nato a Roma il 22 Febbraio 1960, è noto per essere la voce italiana di Daniel Craig nei film di James Bond, ma anche di Luke Perry in “Beverly Hills 90210”, di Eric Dane in “Grey's Anatomy” e degli attori Vince Vaughn, Matthew McConaughey, Michael Fassbender, Guy Pearce, Keanu Reeves, Jason Statham, Hugh Grant e Matt Dillon in alcune significative interpretazioni. Nel campo dell'animazione, ha doppiato Ned Flanders ne “I Simpson” (in sostituzione di Pino Insegno), Dark Pixie in “Winx Club” e tanti altri personaggi. Dal 2002 è voce di rete su LA7 e del format di Rai 2La storia siamo noi”. Nel 2014 vince il “Leggio d'oro” alla miglior interpretazione maschile per il doppiaggio di Ralph Fiennes in “Grand Budapest Hotel”.

Giampaolo Morelli: voce protagonista in Show Dogs

La family-comedy “Show Dogs” si presenta come uno dei successi cinematografici del 2018. In Italia, il rottweiler protagonista ha la voce napoletana di Giampaolo Morelli, che tutti conosciamo come attore, scrittore, conduttore de “Le Iene” ma soprattutto... voce di Flynn Rider in Rapunzel! Ma qual'è il suo rapporto con la sala di doppiaggio? Scopriamolo in questa videointervista realizzata da Patrizia Simonetti per VOCI.fm

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Giampaolo Morelli, “Show Dogs” è per te una nuova esperienza come doppiatore, dopo aver fatto qualcosa in “Rapunzel”, adesso sei “Max”!
Si, su "Rapunzel" ho fatto più che “qualcosa” ;-) Ero la voce di Flynn Rider, il protagonista maschile e adesso “Max” mi ha dato innanzitutto l'opportunità di tornare a doppiare, che per un attore è sempre molto divertente perchè ci si affaccia su un mondo diverso rispetto a quello che si vive di solito. Poi, doppiare un animale, un cane-poliziotto, potendo utilizzare la caratterizzazione “napoletana”, che per un napoletano d.o.c. come me è il massimo!

Hai detto che è un'esperienza diversa il doppiaggio da quella dell'attore, però i “guru” del doppiaggio sostengono che è impossibile fare bene questo mestiere senza essere attori. Tu condividi?
Assolutamente si, anche se questo film ha tanti “talent” che hanno prestato la voce ai vari personaggi e che non sono attori, come Cristiano Malgioglio, Marco Masini, Carlo Conti, Barbara D'Urso... Nonostante ciò, hanno saputo dare grande brio a tutto il film, puntando sulla personalità che sono riusciti a trasferire al personaggio che ognuno ha doppiato. Va detto che alle spalle c'è il grande lavoro del direttore di doppiaggio Massimiliano Alto, che con tutti noi ha avuto una grande pazienza.

Cosa ti piace del doppiaggio?
Mi piace il limite, il fatto che devi usare solo la voce per comunicare le emozioni. E devi saperlo fare bene, perchè il direttore di doppiaggio si accorge di tutto, soprattutto della spontaneità con cui reciti.

Quindi è più difficile doppiare rispetto al recitare perchè non puoi far conto sul corpo, ma solo sulla voce?
Dipende da quello che sei abituato a fare. Io, essendo da sempre un attore, riesco a trasferire con facilità le mie emozioni davanti ad una telecamera; se sento qualcosa, inevitabilmente arriva. Col microfono devi utilizzare un filtro in più, che è l'”intenzione”! VOCI.fm vi saluto... baci da Giampaolo Morelli.

 

GIAMPAOLO MORELLI: CENNI BIOGRAFICI

Giampaolo Morelli, nato a Napoli il 25 novembre 1974, inizia a lavorare nel mondo dello spettacolo come cabarettista, attore teatrale e prestigiatore. La notorietà arriva a metà degli anni 2000 grazie al ruolo di protagonista nella serie-tv “L'ispettore Coliandro”. Il primo successo al cinema è però del 2001, in “South Kensington”, regia di Carlo Vanzina e da lì in poi con ruoli importanti in molte pellicole di successo, tra cui “L'uomo perfetto” (2005) di Luca Lucini, “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilla (2017), “A casa tutti bene” del grande Gabriele Muccino (2018). Morelli è un ottimo attore di fiction e lo conferma nel 2011 in “Baciati dall'Amore” su Canale 5 e in “La donna della domenica” su Rai 1, quest'ultimo remake dell'omonimo film diretto nel 1975 da Luigi Comencini, in cui veste i panni che furono di Marcello Mastroianni. Artista molto versatile, ottiene grande successo anche come presentatore, conducendo “Le Iene” su Italia 1 al fianco di Ilary Blasi e Frank Matano (2016), e “Fan Car-aoke” su Rai 1 (2016). Ama anche la scrittura, pubblicando vari romanzi, ma soprattutto adora l'arte del doppiaggio, tanto da essere scelto nel 2010 come voce di Flynn Rider nella serie “Rapunzel” di Walt Disney e nel 2018 come protagonista di “Show Dogs”, doppiando il rottweiler "Max".

Giampiero Ingrassia: un attore che ama la radio

Giampiero Ingrassia, figlio d'arte di Ciccio Ingrassia, è amatissimo attore teatrale e televisivo. La nostra giornalista Patrizia Simonetti lo ha video-intervistato per parlare di voce! E si scopre che per lui la radio...

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Giampiero Ingrassia su VOCI.fm! Come si usa la voce a teatro?
Beh, la voce in teatro non bisogna perderla, quando vengono quelle famose influenze, raffreddori o raucedini e devi cantare è tremendo. Basta salvaguardarsi, coprirsi e “impostarsi”. Certo, per noi attori è una cosa naturale, si studia anche per impostare la voce e quindi per non perderla.

Tu sei figlio d’arte, in senso buono naturalmente, cosa ti ha lasciato tuo papà come voce?
Come voce è bello, perché io ho la fortuna come tutti i figli d’arte di poter riascoltare la voce di mio padre quando voglio. Da un punto di vista affettivo per un figlio riascoltare la voce dei propri genitori è una cosa fondamentale. Per questo anche quando faccio zapping e c’è un film con mio padre e Franco Franchi, io dico: “Cavolo, papà!” ed è come se lui fosse vivo in quel momento come se fosse in casa con me ed è molto bello. In realtà è vero, i grandi attori sono immortali ma non perché valgano di più, bensì perché rimangono impressi in una pellicola, in un nastro o su un cd e questo è un privilegio che non tutti possono avere.

A parte il teatro hai fatto anche radio!
Pensa, io ho iniziato con la radio. Nel 1983 conducevo un programma di musica hard-rock in una radio privata di Roma e questa trasmissione si chiamava “A-G Rock”, cioè Alessandro e Giampiero rock (Alessandro era un mio carissimo amico che conduceva la trasmissione con me) e mi ricordo che noi andavamo in onda un’ora dalle 19.00 alle 20.00, pre-serale. Io non sapevo come si usasse un mixer, non era come adesso che in radio c'è una tecnologia pazzesca, quindi facevamo buchi ed errori ma ogni tanto riascolto le cassettine che ho e provo tanta tenerezza. Era ancor prima che iniziassi a fare l’attore, quindi ricordo tutto con tanto amore e poi a me la radio piace tantissimo, non l’ho mai fatta seriamente e mi piacerebbe molto perché la reputo un mezzo di comunicazione incredibile, che arriva al cuore della gente; quando stai guidando e senti qualcuno che ti fa compagnia è figo, almeno per me è cosi. Un saluto agli amici di VOCI.fm da Giampiero Ingrassia. Evviva il teatro!

 

GIAMPIERO INGRASSIA: CENNI BIOGRAFICI

Giampiero Ingrassia, attore e cantante, nasce a Roma il 18 novembre 1961. Ha dedicato la sua carriera al teatro, collaborando con nomi di grande spiccodello spettacolo italiano e internazionale come: Gigi Proietti, Anthony Hopkins, Sergio Fantoni, Tosca, Luca Zingaretti, Flavio Insinna, Nicola Piovani, Giorgio Albertazzi e molti altri. Impossibile non citare il suo ruolo da protagonista nel telefilm - culto “Classe di ferro” (1989-1991). In televisione, è attore di fiction ma anche conduttore in trasmissioni di successo come “Tira & Molla” (1998) su Canale 5. Grande appassionato e cultore di Hard rock e Heavy metal, è stato front-man di molte rock-band.

Giulio Berruti in Show Dogs: io amo il doppiaggio

Sono ben 26 i “talent” che hanno prestato la propria voce ai personaggi diShow Dogs – Entriamo in scena”, il film - evento della Primavera 2018. E tra questi vip della televisione, della musica e dello spettacolo, c'è chi ha una vera e propria passione per la sala di doppiaggio, come l'attore Giulio Berutti, voce del cagnolino Dante. Ce lo racconta ai microfoni di Patrizia Simonetti per il #sitodellevoci

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Giulio Berruti nel ricco cast di doppiatori di “Show dogs"! Com’è stata questa esperienza da doppiatore?
E' stata un'esperienza molto divertente. Io amo doppiare, l’ho già fatto tante altre volte, soprattutto nei miei film. Ma stavolta è stato davvero diverso.

Che differenza c’è tra fare l’attore... e fare il cane :-) ?
Quello dell’attore è un lavoro totalmente diverso rispetto a fare doppiaggio, un'arte che ti riporta a “giocare” con la recitazione, a prenderti meno sul serio, soprattutto quando si tratta di personaggi di questo tipo. Io, infatti, ho chiesto al direttore di doppiaggio (Massimiliano Alto, ndr), che è lo stesso che dei Simpson, di potermi chiamare. Insomma, trovo che sia molto divertente, perchè l’ironia salverà il mondo ed è una cosa che fa sempre bene.

Il cane a cui tu dai la voce (o l’abbaio) si chiama Dante. Xhe tipo di personaggio è?
Dante è uno Yorkshire che vince una competizione di bellezza e si incontra con il cane doppiato da Cristiano Malgioglio; hanno in comune lo stesso addestratore e si creano un po' di scambi di battute. Chiaramente in “Show Dogs” ognuno di noi fa soprattutto “camei”, tranne Giampaolo Morelli che dà voce al personaggio principale: Max, il cane-poliziotto. E' stato molto simpatico incontrare gli altri al doppiaggio… ore di “sano cazzeggio”.

Quindi, ti sei divertito e pensi di rifarla una cosa del genere?
Assolutamente si, già tanti anni fa ho avuto un pò di contatti con il doppiaggio, quando c’era Tonino Accolla, la voce di Homer Simpson. Con lui lavorai, feci “Futurama” ed altre parti. Poi, lui purtroppo ci ha lasciato ed ho fatto un po’ di fatica ad entrare nel giro del doppiaggio; però, piano piano, ci stiamo ritrovando.

Chi ti piacerebbe doppiare?
Beh, non lo so, innanzitutto mi piacerebbe ricominciare a farlo, ripartendo dai cartoni animati perché mi divertono molto e poi… vedremo. Certo è che l'Italia fa scuola nel doppiaggio, con voci che rimarranno impresse nella storia come quella di Ferruccio Amendola (Rocky, De Niro ecc.), tutta la famiglia Ward, Silvia Pepitoni, solo per fare qualche esempio. Un saluto a VOCI.fm e... a presto!

 

GIULIO BERRUTI: CENNI BIOGRAFICI

Giulio Maria Berruti, nato a Roma il 27 settembre 1984, è attore e doppiatore. Arriva alla notorietà nel 2007 grazie alla serie “La figlia di Elisa - Ritorno a Rivombrosa”, in onda su Canale 5, dove interpreta il ruolo del protagonista, il marchese Andrea Van Necker. Nel 2016 è uno dei protagonisti della serie “Matrimoni e altre follie” (è il cuoco Rocco Borgia) che in “Squadra antimafia - Il ritorno del boss” dove sostituisce Marco Bocci. Appassionato di doppiaggio, presta la voce ad alcuni personaggi nella sitcom “Futurama” ed è il cagnolino “Dante” nella family-comedy “Show Dogs – Entriamo in scena” (2018)

Giuseppe Rinaldi: il padrino del doppiaggio

Giuseppe Rinaldi: un nome che per i fan e i doppiatori di tante generazioni risuona come un gigante. E' lui che studiamo sui libri di cinema, è sua la voce di Don Vito Corleone ne “Il padrino” o dell'Ispettore Jacques Closeau ne “La pantera rosa”. Sono solo due degli infiniti esempi di personaggi indimenticabili che hanno in comune la sua meravigliosa (e versatile) voce. Ripercorriamo la carriera di Giuseppe Rinaldi nel dossier di Alessandro Delfino.


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Giuseppe Rinaldi è stato uno dei doppiatori più grandi del periodo d’oro del doppiaggio, probabilmente il più grande.

Classe 1919, iniziò a lavorare nel mondo delle voci alla fine degli anni quaranta diventando in poco tempo la voce di baldi giovani hollywoodiani come Rock Hudson, Burt Lancaster, William Holden e tanti altri.

La sua recitazione fresca e spontanea cominciò a portare novità nel panorama recitativo dell’epoca, abituato alle belle voci musicali di grandi attori come Emilio Cigoli, Lydia Simoneschi, Gualtiero De Angelis e tanti altri.

Ma fu nel 1956 che Rinaldi doppiò per la prima volta uno degli attori che si sarebbe portato per tutta la sua carriera: Paul Newman; nel film "Lassù qualcuno mi ama", Newman interpreta il pugile italo-americano donandogli un magnifico accento italiano, mentre nella nostra versione Rinaldi gli conferisce un accento napoletano che riesce a restituire in pieno la parlata di strada e ingenua di Graziano.

Da quel momento, salvo eccezioni, Rinaldi diventa la voce ufficiale di Paul Newman doppiandolo nei suoi film più importanti: "La gatta sul tetto che scotta", "Il sipario strappato", "Lo spaccone", "L’agente speciale Mackinyosh", "La stangata", "Il colore dei soldi", "Mister Hula Hoop", "La vita a modo mio" e tanti altri. Se Newman insieme a Marlon Brando è considerato il primo dei grandi attori della New Hollywood a portare novità e verità nella recitazione (dando poi il via negli anni sessanta e settanta ad attori come Al Pacino, Robert De Niro, Jack Nicholson, Dustin Hoffman e tanti altri) Rinaldi lo è stato per il doppiaggio (portando attori rivoluzionari al leggio come Ferruccio Amendola, Cesare Barbetti, Oreste Lionello e tanti altri).

Parlando di Marlon Brando, il collegamento con Newman è più vicino di quello che si pensa... almeno in Italia: infatti anche questo grande attore ha la voce di Giuseppe Rinaldi, che riesce a scindere alla perfezione i due attori arrivando addirittura a conferire un fascino in più alla voce di Brando (molto particolare in originale). Lo doppia per la prima volta nel primo film in assoluto da protagonista di Brando, "Il mio corpo ti appartiene", nella parte di un reduce della seconda guerra mondiale rimasto paralizzato; e lo seguirà in tanti film dell’attore: "I due seduttori", "Queimada", "Ultimo tango a Parigi", "Superman", ma soprattutto "Il Padrino", dove ancora una volta, dove Brando sfoggia un accento italo-americano, Rinaldi gli conferisce un accento siciliano, donandogli umanità e grandezza.



Ultimi ma non meno importanti due attori comici brillanti, Jack Lemmon e Peter Sellers: diversissimi tra loro (più comico classico, più rivoluzionario e demenziale il secondo) tanto che Rinaldi riesce ad adeguarsi e a mimetizzarsi non facendo mai capire al pubblico che le due star sono doppiate in Italia dalla stessa persona.

Tantissimi i titoli variegati e famosi dei due doppiati da Rinaldi: "Prima pagina", "Salvate la tigre", "La strana coppia", "A qualcuno piace caldo" (dove Rinaldi segue meticolosamente il doppio ruolo di Jerry e Daphne interpretati da Lemmon) e "Il dottor Stranamore", "Oltre il giardino", "Ciao Pussycat", ma soprattutto il personaggio di Jacque Closeau nei film della "Pantera Rosa", dove Rinaldi sfoggia un accento francese divertentissimo.

Dotato di un’ironia di altri tempi e per niente timoroso nei confronti delle star a cui prestava la voce (Frank Sinatra incontrandolo gli chiese: "Ma tu mi doppi anche quando canto?" E lui rispose: "Naturale! E’ per questo che ti chiamano The Voice") Giuseppe Rinaldi ancora oggi rimane una grossa fetta del doppiaggio, ma anche del grande cinema classico, e se dopo ben undici anni dalla sua morte viene ricordato e amato dai giovani attori e doppiatori non si può che concludere con una frase: "Lassù (ma soprattutto quaggiù) qualcuno lo ama"!

Articolo a cura di Alessandro Delfino


Le voci più belle di Giuseppe Rinaldi

  1. Paul Newman (Rocky Graziano) in “Lassù qualcuno mi ama”

  2. Jack Lemmon (Jerry / Daphne) in “A qualcuno piace caldo”

  3. Paul Newman (Brick Pollitt) in “La gatta sul tetto che scotta”

  4. Marlon Brando (Valentin Xavier) in “Pelle di serpente”

  5. Paul Newman (Eddie Felson) in “Lo spaccone”

  6. Peter Sellers (Ispettore Jacques Closeau) in “La pantera rosa”

  7. David Tomlinson (George Banks) in “Mary Poppins”

  8. Peter Sellers (Colonello Lionel Mandrake) in “Il dottor Stranamore”

  9. Jack Lemmon (Felix Ungar) in “La strana coppia”

  10. Charles Bronson (Armonica) in “C’era una volta il West”

  11. Marlon Brando (Don Vito Corleone) in “Il padrino”

  12. Paul Newman (Henry Gondorff) in “La stangata”

  13. Marlon Brando (Paul) in “Ultimo tango a Parigi”

  14. Charles Bronson (Paul Kersey) in “Il giustiziere della notte”

  15. Paul Newman (Eddie Felson) in “Il colore dei soldi”

  16. Marlon Brando (Mc Carty) in “Il coraggioso”

Gli attori cinematografici e il doppiaggio

Alberto Sordi e Vittorio Gassman ma anche Raoul Bova e Laura Chiatti, oppure Pierfrancesco Favino o Claudio Bisio;solo per fare qualche esempio. Sappiamo tutti che si tratta di famosi volti del piccolo e grande schermo. Ma in pochi conosciamo le loro esperienze in sala di doppiaggio. Perché moltissimi attori di fama prestano la propria voce a personaggi stranieri o cartoni animati. E in pochi lo sanno. Ne parliamo in questo interessante dossier a cura di Alessandro Delfino.

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L’importanza del doppiaggio è tale da toccare anche altri rami della recitazione: il teatro, la televisione e, naturalmente, il cinema.

Nonostante in passato molti registi italiani si sono lamentati del doppiaggio perché “falsava” le loro opere originarie, molti altri lo hanno usato in maniera smisurata: Federico Fellini, Sergio Leone, Luchino Visconti, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Gabriele Muccino e la lista potrebbe continuare all’infinito.

Ai tempi del dopoguerra i cineasti spesso sceglievano delle facce perfette per il loro film molto adatte alla realtà quotidiana (neorealismo), ma purtroppo spesso comparse e non attori; da lì si rimediava col doppiaggio, usando gli attori al leggio per donare verità a quei film.

Negli anni sessanta e settanta, con l’avvento dei film di genere, si usava spesso far doppiare gli attori di quei film per svariati motivi: star straniere utilizzate per esportare il film all’estero ma che recitavano nella loro lingua, interpreti di un dialetto opposto a quello che serviva al film, personaggi che dovevano sembrare americani o messicani, o semplicemente atleti molto adatti al ruolo, ma con scarse capacità recitative.

Da allora ad oggi, molti famosi attori cinematografici si sono cimentati almeno una volta nel doppiaggio, molti anche in maniera continuativa: pensiamo ad Alberto Sordi o Nino Manfredi che sono proprio partiti doppiando molti personaggi prima di avere successo nel cinema (Alberto Sordi rimane ancora oggi famoso per essere la voce di Oliver Hardy del celebre duo "Stanlio e Ollio"); o a Gigi Proietti (voce di Sylvester Stallone nel film "Rocky", Robert De Niro in "Mean Streets" e "Casinò", il Genio della lampada nella trilogia animata della Disney e Ian McKellen nel ruolo del mago Gandalf nella trilogia di "Lo Hobbit") Leo Gullotta (Burt Young in "Rocky", Joe Pesci in "Mio cugino Vincenzo", il mammut Manny nella saga animata "L’era glaciale" e nuova voce di Woody Allen dal 2012), Oreste Lionello (voce di Gene Wilder, ma soprattutto voce storica di Woody Allen), Giancarlo Giannini (voce ufficiale di Al Pacino, Jack Nicholson, Michael Douglas), Enrico Maria Salerno (voce di Clint Eastwood nei tre famosi western di Sergio Leone), chi più chi meno stabili e magnifici attori al leggio.



Qualunque attore o attrice famosa si è auto-doppiato almeno una volta, soprattutto quando succedeva di dover recitare in lingua straniera con un grande divo americano: è successo ad Anna Magnani con Marlon Brando in "Pelle di serpente", a Sophia Loren in diversi film, Gina Lollogibrida con Sean Connery nel film di Alfred Hitchcock "La donna di paglia"; è una tecnica difficilissima, considerando che bisogna ridoppiarsi facendo attenzione al sync e soprattutto dover riprodurre a freddo e in una sala buia le emozioni provate sul set in quel momento.

Ad oggi il doppiaggio rimane un punto importante per tutti gli attori cinematografici, che da Pierfrancesco Favino a Claudio Santamaria, da Cristiana Capotondi a Monica Bellucci, han provato tutti almeno una volta; succede soprattutto con i prodotti di animazione.

Spesso, come in America usano grandi attori americani, da noi in Italia si punta sulla star nostrana per portare il pubblico al cinema: spesso i risultati sono ottimi, altre volte meno, ma resta comunque da dire che, nonostante molti detrattori  e sostenitori dei sottotitoli, il doppiaggio in Italia continua a rimanere un riferimento, non solo per gli artisti, ma anche per noi che amiamo sederci sulla poltrona e ascoltare una storia.

Le voci cinematografiche più belle del doppiaggio: 

  1. Alberto Sordi (voce di Oliver Hardy) con Mauro Zambuto (voce di Stan Laurel) in “I figli del deserto”
  2. Nino Manfredi (voce di Earl Holliman) in “Il pianeta proibito”
  3. Anna Magnani e Giuseppe Rinaldi (voce di Marlon Brando) in “Pelle di serpente”
  4. Enrico Maria Salerno (voce di Clint Eastwood) in “Per un pugno di dollari”
  5. Oreste Lionello (voce di Woody Allen) in “Provaci ancora Sam”
  6. Gigi Proietti (voce di Sylvester Stallone) in “Rocky”
  7. Leo Gullotta (voce di Burt Young) in “Rocky”
  8. Giancarlo Giannini (voce di Al Pacino) in “Quel pomeriggio di un giorno da cani”
  9. Vittorio Gassman (voce di Mufasa) in “Il re leone”
  10. Raoul Bova (voce di Ercole) in “Hercules”
  11. Claudio Bisio (voce di Sid) in “L’era glaciale 3”
  12. Mariangela Melato (voce di Annette Bening) in “La diva Julia”
  13. Claudio Santamaria (voce di Christian Bale) in “Il cavaliere oscuro”
  14. Pierfrancesco Favino (voce di Michael Shannon) in “Revolutionary Road”
  15. Laura Chiatti (voce di Rapunzel) in “Rapunzel - l’intreccio della torre”
  16. Enrico Brignano (voce di Olaf) in “Frozen - Il regno di ghiaccio”

Articolo a cura di Alessandro Delfino

I Talent: voci prestate al doppiaggio

Un fenomeno che si propaga sempre più e che sicuramente non viene visto di buon occhio da parte di quella schiera di ragazzi che aspirano con molta fatica, ad entrare a livello professionale, nel mondo del doppiaggio, è quello dell’ uso dei Talent.

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La scelta da parte delle case di produzione di far doppiare da personaggi famosi come presentatori televisivi, showgirl, vincitori di reality, YouTuber, parti di film o cartoni animati diventa sempre più frequente. Ma perché fare uso di artisti, la cui area di appartenenza spesso non è quella della recitazione, figuriamoci quella del doppiaggio

Se partiamo dal presupposto che questo sia un lavoro non per tutti che ha bisogno non solo di anni di esperienza, ma di capacità attoriali ,ci si chiede se questa forse non sia una scelta quantomeno azzardata. L’indignazione scatta automatica da parte di tutti quegli aspiranti e giovani professionisti che fanno fatica ad imporsi in questo mestiere e che hanno la sensazione che le venga sottratto quello che hanno tenacemente coltivato e raggiunto con il tempo.

Inoltre per ilTalent la scelta di doppiare risulta spesso un’ esperienza fine a se stessa vista come un “extra lavorativo” pagato sicuramente molto bene, diversamente dal professionista per il quale è un lavoro che serve per il proprio sostentamento. All’inizio fu più voglia di sperimentare qualcosa di nuovo e attraverso la sapiente direzione di direttori capaci, si riusciva a realizzare nonostante le difficoltà, lavori apprezzabili.

Dopo, la dura legge del mercato, l’ha fatta da padrona e attraverso il motto Vendere, vendere ed ancora vendere a tutti i costi, ha fatto si che questa sia diventata una consuetudine, con buona pace dei poveri direttori costretti a far ripetere al talent di turno una banale frase svariate volte, e dei fonici che hanno dovuto alla fine, creare dei miracoli della tecnica per portare a casa ,come si dice in gergo, la battuta.



La disamina di tutto ciò è piuttosto semplice e comprensibile e non diverge dalle logiche del mercato televisivo. L’uso di un personaggio famoso della Tv o del Web rende spesso la promozione del film quasi a costo zero. Quante volte avete sentito durante le interviste ,il talent di turno menzionare, tra un ricordo della propria vita ed i loro progetti futuri, l’esperienza fatta al leggìo in quel determinato film o cartone.

Le dichiarazioni più o meno risultano essere sempre le stesse, ma quello che conta è la promozione servita su di un piatto d’argento. Ultima, ma non ultima è quella diVittoria Puccini, bravaattrice, mavoce assolutamente inedita per ildoppiaggio , la quale ha prestato la voce alla maga Agata nella rivisitazione in chiave live action del film d’animazione del 1991 la Bella e la Bestia e che racconta della sua “complicata” ma divertente esperienza al leggio, menzionando e promuovendo ovviamente la pellicola.

Missione compiuta!! Come direbbe qualcuno, ma ora non ricordo con precisione chi. Sia chiaro ho menzionato la Puccini non in termini negativi, tra l’altro, non ho visto il film , ma solo come esempio dei non addetti ai lavori che si è cimentata in questaarte meravigliosa, che è ildoppiaggio. La mia sensazione comunque è che questa tendenza sia ben lontana dal volgere al termine, d’altronde per vendere bisogna sempre dare allospettatore quello che desidera e magari, come per fare share in TV ci vogliono un paio di tette, si è arrivato all’escamotage "Talent" per il doppiaggio.

Mi verrebbe da dire: ma dove andremo a finire? Ma questo indubbiamente, mi farebbe sentire più vecchio di quello che sono. 

Articolo a cura di Antonio Amoruso

Il canto nel doppiaggio

Quante volte vi è capitato di canticchiare la colonna sonora di un film o di un cartone animato e scoprire che vi ricordate le parole a memoria? Beh, questa è la magia del doppiaggio, fatto non soltanto di “parlato” ma anche di meravigliose parti “cantate”. Su VOCI.fm ci sembrava quindi doveroso dedicare un dossier proprio al “canto nel doppiaggio”! 


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Come la maggior parte di voi saprà il doppiaggio è composto principalmente da attori che prestano la propria voce ad altri attori stranieri al fine di creare un’alchimia vocale tale da far recitare il personaggio del film o cartone o telefilm nella nostra lingua.

Ma può capitare anche in molti casi che in un determinato prodotto il doppiatore debba cantare come il personaggio originale in un contesto preciso della storia oppure in un lungometraggio in cui la maggior parte delle scene sono cantate.

Ma non sempre chi doppia canta anche nelle edizioni italiane: prendiamo un facile esempio dove succede spesso l’incontro trarecitazione ecanto, iclassici Disney. Sin dal suo primo lungometraggio ("Biancaneve e i sette nani", del 1937) succedeva spesso che nella parte del cantato, al posto degliattori-doppiatori venissero scelticantanti professionisti vocalmente simili alla loro controparte attoriale; il risultato è stato spesso memorabile tanto che nessuno si è mai accorto che fossero due persone diverse.

Ad esempio, Roberto Pedicini, che viene sostituito nelle parti cantate dal cantante lirico Carlo Lepore nel ruolo di Gaston in "La bella e la bestia"; oppure Vincent Thoma che sostituisce Massimiliano Alto nel protagonista del lungometraggio sempre targato Disney "Aladdin". Questo cambio viene adottato in tutti i lungometraggi Disney fino al 1989 con l’uscita de "La sirenetta"; in questo film viene scelta, nella parte della protagonista Ariel, l’attrice e cantante Simona Patitucci che riesce a rendere convincente sia il parlato che il cantato del personaggio animato. E come lei tutte le altre voci dei personaggi come Ronny Grant-Sebastian, o Sonia Scotti-Ursula o ancora Vittorio Amandola-Louis. Da allora succedono spesso dei casting misti, a seconda delle capacità dell’attore-doppiatore, ma soprattutto dalla difficoltà del cantato, dove non sempre ricordiamoci è facile ridare lo stesso risultato dell’originale. Il doppiatore infatti non solo deve essere disposto di una tecnica perfetta, di una voce pulita e di un senso del ritmo e della melodia, ma deve seguire una prova musicale cercando di essere il più simile possibile alla lingua di origine.



Questa tecnica oggi avviene soprattutto nei cartoni, ma anche in molti film, spesso nel genere del musical, in passato venivano adattati in italiano sia i dialoghi che le canzoni; film come "Mary Poppins", Tutti insieme appassionatamente o "My fair lady" dove le attrici Julie Andrews ed Audrey Hepburn venivano doppiate in italiano da Maria Pia Di Meo nel recitato e da Tina Centi nel cantato.

La maggior parte di questi film oggi non vengono più doppiati nel cantato per svariati motivi: perché il pubblico spesso vuole sentire la performance originale dell’attore, per la difficoltà che si ha e il poco tempo di adattare l’inglese in un italiano credibile e di trovare cantanti in grado di rendere, come detto prima, la stessa qualità in originale. Purtroppo questo comporta anche dei lati negativi, come la distrazione da parte dello spettatore di dover seguire i sottotitoli per capire il significato delle canzoni oppure il cambio netto percepibile tra il doppiatore e la voce originale dell’attore nel momento del canto. Mentre con un buon adattamento si possono ottenere risultati eccellenti, come ha dimostrato recentemente il successo della rivisitazione live-action de "La Bella e la Bestia", dove le scelte delle voci italiane si rivelano non solo valide, ma anche molto variegate: si va dalla cantante Ilaria De Rosa che doppia la protagonista (sostituendo nel canto la doppiatrice storica di Emma Watson, Letizia Ciampa) all’attore-cantante Marco Manca che doppia in modo superlativo Luke Evans nel ruolo di Gaston sia nella parte recitata che in quella cantata.

Vi è mai capitato di canticchiare la vostra colonna sonora preferita durante la visione di un film o un cartone e scoprire che vi ricordate le parole a memoria? Beh questa è la magia del doppiaggio, che se ci permette di tornare bambini ricantando le canzoni di film come "La bella e la bestia" è anche grazie alle nostre classiche voci nell’ombra e anche ad alcune inedite nel settore, ma che ci hanno regalato e continuano a regalarci momenti indimenticabili.

Le voci cantate più belle: 

  1. Gianna Spagnuolo - Biancaneve e Bruno Filippini - Principe in "Biancaneve e i Sette nani"
  2. Tina Centi - Julie Andrews e Audrey Hepburn in "Mary Poppins", "Tutti insieme appassionatamente" e "My fair lady"
  3. Nando Gazzolo - Rex Harrison in "My fair lady"
  4. Maria Cristina Brancucci - Cenerentola in "Cenerentola"
  5. Vittoria Febbi - Alice in "Alice nel paese delle meraviglie"
  6. Elio Pandolfi - Cosmo Brown in "Cantando sotto la pioggia"
  7. Oreste Lionello - Dick Van Dyke in "Mary Poppins"
  8. Tina Centi - Aurora e Sergio Tedesco - Filippo in "La bella addormentata nel bosco"
  9. Tony De Falco - Little John in "Robin Hood"
  10. Simona Patitucci-  Ariel in "La sirenetta"
  11. Marjorie Biondo - Belle e Massimo Corvo - Bestia in "La bella e la bestia"
  12. Carlo Lepore - Gaston e Elio Pandolfi - Le Tont in "La bella e la bestia"
  13. Vincent Thoma - Aladdin e Simona Peron - Jasmine in "Aladdin"
  14. Manuela Villa - Pocahontas in "Pocahontas"
  15. Massimo Ranieri - Quasimodo e Mietta - Esmeralda in "Il gobbo di Notre Dame"
  16. Alex Baroni - Hercules e Barbara Cola - Megara in "Hercules"
  17. Laura Chiatti - Rapunzel e Massimiliano Alto - Flinn Ryder in "Rapunzel - l’intreccio della torre"
  18. Serena Autieri - Elsa in "Frozen - il regno di ghiaccio"
  19. Chiara Grispo - Vaiana in "Oceania"
  20. Marco Manca - Gaston e Daniele Giuliani - Le Tont in "La Bella e la bestia (il film)"

Il doppiaggio nei Videogame

Com’è doppiare un videogioco? È molto diverso da un film o da un cartone animato? Doppiare i videogiochi non è come doppiare un film, un cartone o una serie-tv. Scopriamo insieme perchè! 

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i più grandi del doppiaggio vi potranno confermare che la prima volta che hanno prestato la voce ad un videogioco si sono trovati a disagio ed hanno faticato ad ingranare. Mentre i film e i cartoni animati vengono eseguiti a progetto finito, con trama e copioni ben definiti e soprattutto immagini sulle quali lavorare, il doppiaggio di un videogioco lo si realizza durante il suo stesso sviluppo. Anzi, molto spesso, lo si attua in contemporanea al doppiaggio in lingua originale. Questo, vuol dire farlo quasi al buio.

La presenza di un copione non definitivo, che potrebbe ricevere anche delle correzioni durante la lavorazione, la sola esistenza di alcune tracce audio e la mancanza delle immagini in quanto ancora in lavorazione, rende tutto molto complesso.

Per gli attori, in effetti, risulterà più complicato immedesimarsi e trasmettere emozioni. Il personaggio che doppiano non lo vedono quasi mai ed in alcuni casi le uniche tracce audio di riferimento, potrebbero essere anche sostituite dal cliente in un secondo momento. Rendendo di fatto il doppiaggio forgiato su di un audio che non è il suo.

Talvolta capita ai doppiatori di ricevere offerte di parti da protagonista, senza avere adeguate informazioni sul titolo del videogioco, la trama ed il personaggio che dovranno interpretare.

La fase di pre-produzione e studio del progetto è sempre più lunga e più curata. Gli studi di registrazione hanno a loro disposizione, soprattutto quando si lavora per i colossi del settore, le bio, i documenti di design, talvolta i primi video e spesso i provini che vengono fatti agli attori del paese d’origine del gioco. Raramente, però, presentano informazioni di contesto, video di approfondimento o scene del gioco che possano considerarsi “finali”.



Ma come funzionano i dialoghi nei videogiochi? Partendo dalle ultime considerazioni attraverso le quali si è appurato l’instabilità delle risorse, gli attori doppiano quasi sempre tutte le loro linee di dialogo da soli. Il più delle volte non esistono nemmeno i dialoghi dei personaggi, arrivano una settimana o un mese dopo.

Attraverso il copione, il direttoro di doppiaggio può aiutare l’attore. Succede spesso, in un dialogo tra due personaggi, che un doppiatore incida tutto in colonna separata con l’assistenza del direttore che gli passa le battute e il collega, successivamente, ascoltando le registrazioni di quest’ultimo.

La mancanza di dialoghi definitivi, non è l’unico motivo per il quale si sceglie di incidere con il singolo attore. Nonostante quello che si possa pensare, le specifiche tecniche di registrazione per i videogame sono elevatissime. Persino i fonici e i direttori in studio fanno cose diverse rispetto alla registrazione di un film. Il rischio che possa entrare un fiato o un respiro nell’inciso è elevatissimo.

L’unico momento, infatti, che vede la presenza in contemporanea dei due doppiatori in sala è per un famoso gioco di calcio. Di norma qui è previsto l’uso di microfoni particolari ed è fondamentale che gli attori abbiano un certo feeling tra loro. Il copione è piuttosto un canovaccio e i commentatori improvvisano scambiandosi le battute. Il doppiaggio in Italia, si sa, è sinonimo di eccellenza, tuttavia per tutte gli aspetti citati quello dei videogiochi, per la giovane età e la sua diversità, risulta non all’altezza di altri prodotti a meno che non ci siano le risorse per poter usufruire di doppiatori importanti.  

Articolo a cura di Antonio Amoruso

Il doppiatore Riccardo Rossi: la nostra videointervista

Una voce inconfondibile quella di Riccardo Rossi, indiscutibilmente uno dei doppiatori italiani più amati, voce di Adam Sandler, Ben Affleck, Johnny Depp, Matt Damon e del compianto Paul Walker, sempre in pellicole di enorme successo. Patrizia Simonetti incontra Riccardo Rossi per VOCI.fm e parla, neanche a dirlo, di voce e di consigli per lavorare in questo mondo.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Riccardo Rossi su Voci.fm! Parliamo ovviamente di doppiaggio. Ma cos'è il doppiaggio per te?
Il doppiaggio è la mia vita, perché è da quando sono bambino che faccio questo mestiere, da quando ho cinque anni, quindi c'è tutta tutta la mia esistenza qua dentro. Ho iniziato con “Gli Aristogatti” e poi è diventato il mio lavoro.

Che cosa vuol dire “dare la propria voce ad un attore”, a qualcuno che ha già detto la sua e poi come si sta chiusi dentro quella stanza al buio solo con la luce sul leggio?
Da una parte è abbastanza complesso perché è un lavoro che è già stato fatto, però diciamo che quando doppi un attore bravo è più facile perché comunque devi rapportarti con una cosa che già è stata interpretata, quindi in un certo senso ti appoggi e se riesci a far bene questo è un vantaggio, secondo me.

Che consiglio possiamo dare a chi vuole iniziare questo lavoro?
Il consiglio è quello di studiare, frequentare scuole di recitazione, corsi di dizione, di andare a vedere in sala di doppiaggio, di avere la possibilità di praticare, con tanta passione e pazienza perché purtroppo come tutti i mestieri non si imparano in pochi mesi, ma ci vuole abnegazione, impegno, lavoro e se hai delle peculiarità, delle caratteristiche che sono affini a questo lavoro sicuramente riesci.

Per chiudere, c'è stato una volta che hai detto “mamma mia questo è proprio difficile, non ce la farò mai”?
Si, è capitato più di una volta devo dire, molte volte mi sono scoraggiato, però se sei supportato da un bravo direttore di doppiaggio, da un ambiente buono, alla fine facendo e rifacendo ci riesci. Una volta che doppiavo Gesù e che dovevo fare la scena della Crocifissione, si urlava particolarmente e poi ce l'ho fatta.

Quindi mai scoraggiarsi?
Mai. Un saluto caloroso a VOCI.fm da Riccardo Rossi.

 

RICCARDO ROSSI: CENNI BIOGRAFICI
Riccardo Rossi (Roma, 9 novembre 1963) è un doppiatore e direttore del doppiaggio italiano. Fratello dei doppiatori Emanuela Rossi (quindi cognato di Francesco Pannofino) e Massimo Rossi è noto per avere doppiato Cuba Gooding Jr., Matt Damon, Adam Sandler, Christian Bale, Tom Cruise, Mark Wahlberg, Ben Affleck, Johnny Depp (condiviso con il cugino Fabio Boccanera), Sam Rockwell, Mark Ruffalo, Jude Law, Ewan McGregor, Jake Gyllenhaal, Jim Caviezel, Stephen Amell. Ha doppiato anche “Simba adulto” nella saga Disney “Il re leone” e moltissimi altri personaggi animati. Nel luglio 2009, ha vinto il premio "Leggio d'oro interpretazione maschile" per il doppiaggio di Paul Walker in "Fast and Furious".

Il Grinch: speciale doppiaggio

Alessandro Gassmann torna a prestare la sua voce al personaggio di un cartone dopo aver fatto parlare Miguel ne “La strada per Eldorado”, il serpente de “Il Piccolo Principe” e soprattutto Primo Gemito in “Gatta Cenerentola”, e stavolta è proprio il suo preferito: “Il Grinch”. Il film che uscirà il 29 novembre è stato presentato in anteprima a Roma dallo stesso Alessandro Gassmann. Per VOCI.fm c’era Patrizia Simonetti ed ecco lo speciale video, buona visione!

Servizio a cura di Patrizia Simonetti

Cos’hanno in comune il londinese Benedict Cumberbatch, il dottor Strange della Marvel ma anche il protagonista delle serie TV Sherlock e Patrick MelrosIe, e il romano Alessandro Gassmann, appena visto al cinema in Una storia senza nome, in TV ne I bastardi di Pizzofalcone mentre è già sul set di Croce e delizia di Simone Godano? Che sono ovviamente entrambi attori, e ora doppiatori dello stesso personaggio, il Grinch, quello del film omonimo diretto da Scott Mosier e Yarrow Cheney che arriverà nei nostri cinema il 29 novembre con Universal Pictures, ottavo lungometraggio d’animazione della Illumination (Pets, Sing, Cattivissimo Me).


Tratto dal racconto del 1957 intitolato Quando il Grinch rubò il Natale dello scrittore e fumettista americano Theodor Geisel detto Dr. Seuss, all’epoca pubblicato per criticare, pensate già a quei tempi, l’eccessiva commercializzazione del Natale, non è la prima volta che il verde, peloso e alquanto scorbutico essere con il cuore più piccolo di due taglie che tanto odia il Natale approda sul grande schermo: 18 anni fa ci aveva pensato Ron Howard con un film a personaggi reali ma molto ben truccati, primo fra tutti il quasi irriconoscibile Jim Carrey. Ci sono non poche differenze tra i due film, così come tra gli stessi film e il racconto che non approfondisce troppo il personaggio al contrario dei lungometraggi, ma la storia resta fedele al suo significato e al messaggio che vuole trasmettere, che è quello della solidarietà, dell’inclusione e del valore positivo della diversità. Temi tipicamente natalizi ma che non è male ricordare anche un po’ prima delle Feste, come del resto sarebbe bene fare tutto l’anno.


Il Grinch dunque che vive sul monte Briciolaio con il suo amico a quattro zampe di nome Max, in una grotta decisamente tecnologica piena di invenzioni che gli facilitano la quotidianità, e incontra i suoi vicini solo quando ha finito i viveri e deve recarsi nel paese di Chissarà per fare la spesa. Arriva il Natale, e sappiamo quanto lui lo odi e nel film scopriremo anche il perché, e come ogni anno i Chissaranno gli rovinano il sonno - e pure la veglia - con i loro canti, le luci, gli alberi di Natale, soprattutto stavolta che sarà, per volere del sindaco, tre volte più grande. Così il Grinch decide di rubarlo, travestendosi da Babbo Natale e coinvolgendo nella sua esilarante avventura anche Max ed una renna obesa. Ci penserà poi una bambina di nome Cindy Lou Chi (doppiata nella versione originale da Cameron Seely) a redimerlo. Sempre nella versione originale la mamma di Cindy è doppiata da Rashida Jones, la sindaca dalla Signora in giallo Angela Lansbury e la voce del narratore è di Pharrell Williams.


"Era importante per me che raccontassimo la storia di qualcuno che si comportava in un certo modo per dei motivi ben precisi, prima di cambiare - ha detto Benedict Cumberbatch - una volta che capisci perché il Natale è così doloroso per lui, cominci a stare un po' dalla sua parte. Penso che tutti provino un brivido perverso e divertito nel vedere come si comporta il Grinch e di quanto sia scorbutico, è divertente, e spero che sia ciò che verrà ricordato di questo Grinch. È molto spiritoso ed è consapevole di sé. Il suo cuore può essere di due taglie più piccolo, ma al centro di questo film pulsa un cuore molto grande". Quello che invece ha detto Alessandro Gassmann scopritelo in questo speciale video e nella videointervista che vi regaleremo a breve!

Il Teatro nel Doppiaggio

Il doppiaggio è uno dei tanti campi che riguardano la recitazione, insieme al cinema, alla televisione, alla radio e soprattutto... al teatro. Per questo, insieme al nostro blogger Alessandro Delfino, dedichiamo questo articolo all'affascinante correlazione tra due forme d'arte tanto simili quanto complementari. 

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Che la recitazione in teatro sia perfettamente collegata al doppiaggio è dimostrato del fatto che i primi doppiatori degli anni trenta siano stati, appunto, attori teatrali: Gino Cervi, Paolo Stoppa, Mario Besesti, Olinto Cristina, Augusto Marcacci, Giulio Panicali, Tina Lattanzi, Lydia Simoneschi, Andreina Pagnani, Rina Morelli, una giovane Anna Magnani e Miranda Bonansea, all’epoca bambina prodigio e voce italiana di Shirley Temple. Dopo il 1935 subentrano alcuni dei doppiatori che rimarranno più famosi nella storia del doppiaggio (anche loro attori provenienti dal teatro): Emilio Cigoli (voce di John Wayne), Lauro Gazzolo (voce caratterista del tipico vecchietto del west o di personaggi animati come il gufo Anacleto ne "La spada nela roccia"), Gualtiero De Angelis (voce di James Stewart e di Cary Grant), Carlo Romano (voce di Jerry Lewis), Renata Marini (voce di Audrey Hepburn), Wanda Tettoni (Madame Adelaide de "Gli Aristogatti") e la giovane Rosetta Calavetta (che diventerà la voce ufficiale di Marilyn Monroe). Col tempo (in particolare dagli anni ottanta in poi) i due campi si dividono sempre di più e molti attori giovani del doppiaggio nascono dalla radio (come Roberto Pedicini o Christian Iansante) o direttamente nelle sale (Sandro Acerbo, i fratelli Rossi e tanti altri). Ma il rapporto col teatro continua e tanti grandi attori teatrali hanno almeno una volta avuto a che fare col doppiaggio, sia per ridoppiarsi nei film da loro interpretati sia per doppiare dei ruoli stranieri; attori come Gino Cervi, Enrico Maria Salerno, Carlo Alighiero, Massimo Venturiello, Gigi Proietti, Massimo Popolizio, Gabriele Lavia, Pino Quartullo, Glauco Mari, Paolo Ferrari, Corrado Gaipa, Vittorio Gassman e tanti altri... Purtroppo molti considerano i due campi separati, e spesso si sottovaluta il doppiaggio, considerando invece il teatro come la più importante (e forse unica) forma d’arte recitativa; sicuramente è la base di partenza per chi abbia intenzione di avvicinarsi al mestiere dell’attore, ma non il punto di arrivo. Un buon attore deve essere in grado di cimentarsi in tutti i campi per essere completo; il doppiaggio in particolare offre uno studio approfondito sulla modulazione della voce e tutte le sfumature che riguardano il significato di una frase. Inoltre il dover cambiare continuamente ruolo, andare dietro ai personaggi da doppiare, studiare le loro espressioni accresce di gran lunga la parte emozionale e recitativa e insegna ad entrare in maniera sempre più immediata nella parte. Pensate ad Enrico Maria Salerno, che nella trilogia di Sergio Leone abbandona completamente sé stesso per entrare nella parte del duro e cinico cowboy interpretato da Clint Eastwood, o Gigi Proietti che riesce a seguire alla perfezione la voce roca e nasale di un giovane Sylvester Stallone in "Rocky". La bravura del grande attore è tale che in qualunque campo (cinema, teatro, doppiaggio, radio o tv) lo vediamo / ascoltiamo non possiamo fare a meno di emozionarci ad ogni sua parola, ad ogni suo gesto, ad ogni suo sguardo… 

Le più belle voci del teatro nel doppiaggio:

  1. Gino Cervi (Lawrence Olivier) in “Amleto
  2. Mario Besesti (Mangiafuoco) in “Pinocchio
  3. Tina Lattanzi (Greta Garbo) in “Maria Walewska
  4. Andreina Pagnani (Marlene Dietrich) in “L’ammaliatrice
  5. Nando Gazzolo (Yul Brinner) in “I dieci Comandamenti
  6. Enrico Maria Salerno (Clint Eastwood) in “Per un pugno di dollari
  7. Glauco Mauri (Lawrence Olivier) in “Il maratoneta
  8. Gigi Proietti (Sylvester Stallone) in “Rocky
  9. Alberto Lionello (Presidende Sis) in “Le avventure di Biance e Bernie
  10. Anna Marchesini (Judy Garland) in “Il Mago di Oz
  11. Corrado Pani (Gerard Depardieu) in “Una pura formalità
  12. Vittorio Gassman (Mufasa) in “Il Re Leone
  13. Pino Quartullo (Jim Carrey) in “The Mask
  14. Massimo Popolizio (Tim Roth) in “La leggenda del pianista sull’Oceano
  15. Marzia Ubaldi (Judy Dench) in “Shakespeare in love
  16. Omero Antonutti (Christopher Lee) in “Il Signore degli anelli
  17. Massimo Lopez (Colin Firth) in “A single man
  18. Massimo Venturiello (Gary Oldman) in “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban 

Articolo a cura di Alessandro Delfino
 

L'uso del dialetto nel doppiaggio

Quante volte avete sentito in un film l'attore che, parlando, utilizza un marcato accento regionale? Anche questa è un'attività di riadattamento dei dialoghi.  Ma utilizzare il dialetto nel doppiaggio è una regola? Ne parliamo in questo articolo.

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Tramite la traduzione e l’adattamento dei dialoghi delle varie opere audiovisive, come abbiamo già parlato in precedenza, possiamo capire il contrasto tra “lingua d’arrivo” e “lingua di partenza”, approfondendo così anche i diversi aspetti culturali dei Paesi di provenienza.

Quando parliamo però dell’adattamento di idiomi e di dialetti, le cose si complicano e la scelta frequente da parte dei dialoghisti è spesso quella di ignorarli. Dietro questa, c’è la convinzione non del tutto errata, che la resa di un determinato dialetto straniero sia impossibile da riprodurre in una versione italiana. Tuttavia c’è anche da dire che rinunciandovi, informazioni importanti dell’opera andranno perse, come (prima su tutte) la provenienza geografica di chi parla. Questo lo possiamo riscontrare, per fare un esempio, nella famosa serie-tvIl Trono di Spade”, dove i protagonisti provengono da regioni diverse del Regno Britannico e parlano giustamente con accenti vari. Vista la difficoltà a diversificare in italiano, si è deciso di mantenere nella versione doppiata, per poter in parte compensare, le connotazioni e appoggiature principali del modo di parlare dei personaggi, cercando di essere il più fedele possibile alle loro personalità, ai tempi e ai modi dell’uso della loro voce. D’altronde, la bravura di un doppiatore la si riscontra anche in questo! Ricordiamo con piacere il grande Oreste Lionello, il quale riusciva a rappresentare magistralmente un mostro sacro come Woody Allen riportando in italiano tutte le pause e le caratterizzazioni che il grande attore mostrava in scena.

Non sempre però la scelta di evitare i dialetti si dimostra regola. Talvolta, laddove sia possibile, vi è la sostituzione dell’idioma originale con un dialetto del nostro Paese.

Un esempio classico è la versione italiana de “I Simpson”, che è piena di varietà regionali per cui l’autista dello scuolabus (Otto) parla milanese, il commissario Winchester napoletano, il portiere Willy (che nell’originale è scozzese), sardo.

Apprendiamo anche la recente notizia, secondo la quale la Regione Sardegna avrebbe intenzione di usare come strumento per imparare meglio l’uso del proprio dialetto, il doppiaggio in lingua locale di cartoni animati già editi, stanziando un finanziamento di 100.000 euro.



Altre occasioni dove possiamo riscontrare l’uso del dialetto o quantomeno dell’italiano regionale nel doppiaggio, è nei film italo-americani, dove spesso viene utilizzato come stereotipo di personaggi criminali, comici o fantastici. La più famosa delle testimonianze ci arriva proprio dallo pseudo-siciliano utilizzato per i personaggi mafiosi, nella trilogia del celebre film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola.

Come non ricordare anche dell’uso del romanesco dell’indimenticato Renzo Montagnani, nella parte del gatto “Romeo er mejo der Colosseo”, nel film d’animazione Disney “Gli Aristogatti“. Quest’ultimo, nella versione originale, era di origini Irlandesi.

Altro esempio potremmo farlo con il film di Pedro AlmodòvarLa mala educación”, in cui gli adattatori italiani hanno scelto di far parlare uno dei protagonisti un italiano con forte accento spagnolo. Ma di questi esempi nella storia del doppiaggio cinematografico Italiano ne potremmo citare molteplici.

La scelta di mantenere la provenienza, da cui scaturisce l’identità dei personaggi, è dettata talvolta da esigenze di copione, per cui si consente la conservazione linguistica delle singole nazionalità, con il mantenimento degli accenti. Si tratta più di una convenzione cinematografica che di una vera e propria fedeltà linguistica effettivamente parlata. Affrontare il dialetto nella traduzione audiovisiva è sempre stata una sfida impegnativa ed il suo adattamento la peggiore delle strategie; credo che alla fine, però, risulti la migliore soluzione ad oggi nota.

In conclusione, a meno che non ci si impegni a leggere i sottotitoli o si è in grado di capire correttamente la lingua originale e i suoi svariati accenti delle opere prodotte in tutto il mondo, godiamoci lo splendido lavoro che fanno i professionisti del mondo del doppiaggio che permettono di far godere e comprendere a “TUTTI” i film, i cartoni animati e le serie-TV altrimenti sconosciute ai più. Un saluto, da Antonio Amoruso. 

Articolo a cura di Antonio Amoruso

La dizione non è un'opinione

Qualunque professionista che lavori con la voce, prima o poi dovrà fare i conti con una disciplina tanto affascinante quanto noiosa e seccante per molti dei nostri lettori: la dizione. Ma scopriamone di più! 

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Io per primo non posso certo contraddirvi se consideriamo che questa branca della grammatica possa essere paragonata alla matematica, materia che a volte può risultare pesante, proprio perché spesso ci sono alcune regole tecniche cui bisogna tenere conto e applicare con estrema precisione. Ma è altrettanto vero che come tutte le discipline, esse vanno sapute insegnare e un bravo maestro deve essere in grado di farla amare anche nei suoi lati più spigolosi.

Come sappiamo l’italiano è una delle lingue romanze più belle al mondo, quindi perché non esaltarla al meglio dal momento che speaker e doppiatori hanno il privilegio di poterlo fare. Anzitutto bisogna spendere due parole sulla storia della dizione. E’ consuetudine affermare che la codifica ufficiale della nostra lingua risalga al Trecento con Dante Alighieri, che col suo volgare fiorentino ha dettato le prime “leggi” che oggi applichiamo durante la lettura delle parole. In verità il padre dei padri è stato un certo Jacopone da Todi. Della stessa epoca del Dante, questo personaggio è considerato uno dei più importanti poeti del medioevo nonché uno dei maggiori esponenti delle letteratura italiana. Con le sue opere è stato il primo che ha iniziato a tessere un codice universale della lingua italiana dettando altresì le prime regole sugli accenti e sulla fonetica così come la conosciamo oggi. Se noi leggessimo in metrica uno dei suoi poemi ne verrebbe fuori un vero e proprio concerto musicale di una bellezza sopraffine.



Ed è grazie a questi letterati che possiamo apprezzare il lato più bello della dizione. Quello che al primo approccio può sembrare pesante per qualsiasi persona che si accinga a questa materia, non solo può rivelarsi prezioso ma oltretutto può rivelarsi utile anche per la voce; andando a scoprire infatti alcuni “trucchetti” del mestiere si è in grado di capire come sfruttare al meglio il suono e dove appoggiarlo. La dizione non è solo accento acutoo accento grave, vocali aperte o vocali chiuse. Non è soltanto “s” sonora o "s" sorda. E’ un mezzo che esalta la nostra lettura, è l’articolazione giusta delle consonanti che serve a far scivolare la voce lungo intere frasi che, aldilà del loro contenuto, possono diventare una vera e propria arma a nostro favore. All’inizio si instaura sempre un rapporto di amore e odio verso la dizione e chi ce la insegna, in particolare per chi è “affetto” dai dialetti più intricati come quelli meridionali e isolani. Ma bisogna sempre tenere ben salda nella testa la missione per la quale siamo stati chiamati e che amo ripetere sempre ormai in queste mie dispense; noi siamo sull’avamposto della lingua, siamo i suoi custodi. E siamo gli ambasciatori dell’arte della parola.

Articolo a cura di Mirko Ferramola

La doppiatrice Angiola Baggi: istinto, talento ed esperienza

Una grande voce femminile ospite del nostro blog: Angiola Baggi, doppiatrice attiva già dagli anni sessanta, che ha prestato la voce ad attrici di altissimo livello. Una su tutte Kathy Bates, la Signora Molly Brown nel colossal “Titanic”. Ci parla di doppiaggio in questa videointervista realizzata da Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Angiola Baggi su VOCI.fm, cosa significa per lei il doppiaggio?
Il doppiaggio è una cosa molto importante, lo faccio da tantissimi anni e mi ha seguito in tutto il corso della mia vita professionale. E' proprio una sfida, una specie di gioco di equilibrio per riuscire a trovare una mediazione tra quello che sentiamo noi, quello che sente l’attore, la recitazione ed il sync. La trovo un'arte bellissima e sono molto fiera di farlo.

Il personaggio (o i personaggi) che è più felice di aver doppiato?
Ce ne sono tantissimi. In "Transamerica", ad esempio, doppiare Felicity Huffman che era praticamente un uomo che stava cercando di diventare donna; c'era una necessità vocale molto particolare, per cui mi sono dovuta veramente inventare una voce. Poi, quando doppi Kathy Bates o Glenn Close come fai a non amarle? Oppure Isabelle Huppert che è molto complessa per il suo modo “essenziale” di recitare.

Preferisce doppiare un personaggio buono o un personaggio cattivo? Una streghetta o una fatina?
Dai, le streghe (anzi le stregone!) sono molto più divertenti!

Per chiudere, come si fa a diventare bravi come lei?
Chi lo sa... non saprei veramente :-) Ci vuole un pò di istinto, essere attori e accumulare esperienza. Un saluto a VOCI.FM da Angiola Baggi e un abbraccio a tutti!



ANGIOLA BAGGI: CENNI BIOGRAFICI

Angiola Baggi (Monselice di Padova, 30 novembre 1946) è attrice, doppiatrice e direttrice del doppiaggio attiva in teatro, cinema e televisione già dai primi anni sessanta. Tra le attrici doppiate spiccano: Susan Sarandon, Isabelle Huppert, Kathy Bates, Priscilla Presley, Kathleen Turner, Jennifer Coolidge, Sissy Spacek, Diane Venora, Anne Byrne, Dorothy Malone, Felicity Huffman, Jean Smart, Julie Andrews, Corinne Cléry e tantissime altre.

Lettura o interpretazione?

Leggere o interpretare è uno di quei dubbi che inizia a frullare per la testa fin dai primi momenti che un aspirante attore e doppiatore, inizia a cimentarsi nel complesso quanto affascinante mondo della recitazione

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Prima d’ora infatti, l’allievo pensava che leggere a scuola fosse lo stesso che leggere a una platea o dinnanzi a un microfono; ed era convinto che la sua voce fosse già pronta per essere “pubblicata”. Ma quando ci si inizia allo studio di noi stessi, tutta questa convinzione si sgretola in un lampo; ciò che si credeva giusto ora diventa improvvisamente errato e si sfocia nel totale caos esistenziale.

Il viaggio che ci porta alla scoperta di sé non sembra altro che una negazione di tutto ciò che credevamo vero, fino ad arrivare a chiedersi se sia più vera la vita fuori o quella sulpalcoscenico. Tra le molteplici cose di cui man a mano ci si rende conto, arriva lo scoglio dellalettura. Se facciamo caso ai vari contesti socio-culturali con cui entriamo in contatto, ci rendiamo facilmente conto che quasi tutti leggono ma pochissimi interpretano. Quante volte capita di annoiarsi durante una conferenza o un corso professionale dove si parla.

Ciò accade perché il nostro orecchio, per sua natura, tende ad abituarsi a determinati suoni detti in gergo “cantilene” fino a provocargli un vero e proprio effetto sonnifero. Leggere non è come interpretare così come un testo solo detto, non è lo stesso di un testo recitato. Occorre anche distinguere l’interpretazione dalla recitazione.



La prima riguarda più idoppiatori e glispeaker che avendo a disposizione il solo uso dellavoce, devono, al meglio delle loro possibilità, animare un testo e renderlo vero. La seconda riguarda gliattori, e come sappiamorecitare significa studiare unpersonaggio e diventare tale sia nelle sua parte fisica che in quella psicologica. Per interpretare occorre saper analizzare un testo, ossia fare l’analisi logica. È la chiave dell’interpretazione. Coloro i quali a scuola non hanno studiato bene questa parte digrammatica è chiamato a rimettersi in pari se vuole fare di questo il suo mestiere.

Ponendoci domande come: Chi? Che cosa? Dove? Quando? Perché? E andando a lavorare con le giuste intonazioni, passeremo da una semplice lettura avulsa da qualsiasi passione, a una lettura interpretativa efficace e bella da ascoltare per le orecchie degli spettatori, le quali non subiranno più l’effetto soporifero. Un altro accorgimento dovrà essere quello, in base al testo, di fare dei cambi di tono vocali, giocare con i vari colori e sfumature della voce in modo da non rimanere sempre sulla stessa nota interpretativa.

Un esempio molto efficace di come si debba leggere, è quello dei documentari; spesso esso viene seguito soltanto perché piace la voce di quel narratore, perché cattura l’attenzione e risulta musicale all’orecchio. Non bisogna mai dimenticarsi che colui che usa la voce è come un musicista; deve suonare il proprio strumento toccando le note giuste, accordarlo ogni volta al testo, che equivale al tipo di tono da usare. Soltanto così egli riuscirà a conquistare l’attenzione del pubblico che inevitabilmente penderà... dalla sua voce! 

Articolo a cura di Mirko Ferramola

LIFE The AudioMOVIE: le VOCI SELEZIONATE

Benvenuto in "Life - The AUDIOMOVIE Project"
Il CASTING si è concluso il 15 Maggio 2020
In questo articolo puoi scoprire tutti gli speaker scelti dall'autore Alex Poli

Lorenzo Licitra in Smallfoot: da X-factor al doppiaggio

Il vincitore di X-Factor 2017, il cantante Lorenzo Licitra, è il doppiatore di Migo, protagonista della pellicola di animazione ”Smallfoot - Il mio amico delle nevi”, nei cinema italiani dal 4 Ottobre 2018. Con lui, in sala di doppiaggio, altri talent molto amati dal pubblico, come Lodovica Comello e Sofì e Luì. La giornalista Patrizia Simonetti ci parla in anteprima del film e del suo cast di giovani voci al leggio.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Di cantanti che si dilettano a fare i doppiatori, soprattutto in film d'animazione, ce ne sono stati e ce ne sono diversi, e non solo per cantarne le canzoni come fece ad esempio Ivana Spagna ne “Il re Leone” con il brano “Il cerchio della vita” originariamente interpretato da Elton John.

Pensiamo ad esempio a Massimo Ranieri e Mietta che ne “Il gobbo di Notre Dame” della Disney non solo doppiarono Quasimodo ed Esmeralda quando cantavano, ma anche quando parlavano, e lei a quanto pare lo fece così bene che si portò a casa il premio della Buena Vista per il miglior doppiaggio femminile europeo, battendo pure Demi Moore che prestava la voce ad Esmeralda nella versione originale del film.

E che dire di Baby K che ha partecipato come doppiatrice, anche se per una piccolissima parte, a “Alla ricerca di Dory” e di Amanda Lear che dà voce a Edna ne “Gli Incredibili 2(ai quali VOCI.fm ha dedicato un intero speciale video)? Ma probabilmente l'esempio più calzante per quanto stiamo per raccontarvi è quello di Nathalie che un anno dopo la sua partecipazione a X-Factor, nel 2011 doppiò Gloria in “Happy Feet 2” della Warner Bros, ed era una cantante a farlo, Pink, anche nella versione originale.


Anche lui ha partecipato alla scorsa edizione di X-Factor, e l'ha pure vinta, e anche lui entra di diritto nel mondo dei doppiatori con un lungometraggio d'animazione: è Lorenzo Licitra, il tenore ragusano che si è sempre ispirato a Luciano Pavarotti e come lui appassionato di un genere musicale crossover tra la lirica e la musica pop, di cui presto uscirà un disco grazie al sostegno di Nicoletta Mantovani, vedova di "Big Luciano".

Lorenzo Licitra dà voce al protagonista Migo di "Smallfoot - Il mio amico delle nevi", diretto da Karey Kirkpatrick e prodotto e distribuito dalla Warner Bros. Pictures che arriverà nelle nostre sale il 4 ottobre 2018; un'avventura d’animazione con musiche originali che rivisita e ribalta la leggenda dello spaventoso uomo delle nevi.

Migo, che nella versione originale ha la voce di Channing Tatum, è un giovane e brillante yeti più che convinto che il leggendario mostro dalla faccia spaventosa e dei piedi straordinariamente e mostruosamente piccoli - e cioè l'uomo - esista davvero, proprio come molti uomini hanno creduto e credono che lo Yeti, detto anche Bigfoot per i suoi grandi piedi, non sia solo un essere immaginario.

E alla fine Migo la incontra davvero quella strana creatura soprannominata "Smallfoot", ma non sarà un'esperienza terribile come l'aveva immaginata e vuole che tutti lo sappiano. Una storia dunque sulla diversità e sull'amicizia che suggerisce di non fermarsi alle apparenze e non lasciarsi vincere dalla paura verso chi non è esattamente come noi.


Ma Lorenzo Licitra non è il solo doppiatore-cantante di Smallfoot: c'è anche Lodovica Comello che è però anche attrice. L'artista friulana non è nuova al mondo del doppiaggio: nel 2013 ha dato voce al personaggio di Britney Davis nel film d'animazione della Disney Pixar "Monsters University", prequel di “Monster & Co.”, ed è stata anche voce narrante del documentario di Otto Bell “La principessa e l'aquila”.

E pensare che quando recitava nella telenovela argentina "Violetta" veniva doppiata in italiano da Eva Padoan. In “Smallfoot”, Lodovica Comello fa parlare italiano Miki, una graziosa yeti che nella versione originale ha la voce di Zendaya.


E ci sono anche due star della rete come i “Me contro Te”, ovvero "Sofì e Luì" (Sofia Scalia e Luigi Calagna), i fidanzatini “youtuber” palermitani che da anni allietano con le loro avventure e digressioni milioni di giovanissimi fan sui social: Luì dà voce allo yeti Thorp e Sofì a una ragazza di nome Brenda che nella versione originale del film parlano grazie a Jimmy Tatro e Yara Shahidi.

Come se la sono cavata in sala di doppiaggio? Beh, il trailer che trovate qui sotto promette bene.

Articolo a cura di Patrizia Simonetti

Luca Ward: doppiatore da sempre e per sempre

Luca Ward non ha bisogno di presentazioni: attore di fama, sia in televisione che in teatro, voce di straordinario talento nel doppiaggio, ma anche in radio o negli innumerevoli spot realizzati durante la sua ricca carriera. Lo avevamo sentito telefonicamente qualche anno fa e torna ancora su VOCI.fm, stavolta "video-intervistato" da Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Luca Ward su VOCI.fm! Ti incontriamo qui al “Sistina”, perché da un pò ami il musical e quindi ti ritroviamo con “Mamma mia!”, giusto? Però tu sei anche, soprattutto, un grande doppiatore, basta citare “Il Gladiatore” e poi ancora “007” ecc. Come ti è arrivata la passione per il doppiaggio?
Quella viene dalla mia famiglia, io sono la terza generazione. Mia nonna prima di me, mio nonno, mio papà, mia mamma. Il doppiaggio è nato così. In realtà, poi, tutti gli attori dovrebbero farlo il doppiaggio, perché non solo è importante che lo facciano gli attori, ma è importante per gli attori farlo, perché sei sempre ad un master, perché devi cercare di dare l’anima a un tuo collega d’Oltreoceano, magari d’Oltremanica, chi lo sa… Secondo me sono scuole molto importanti quelle!

Per te cosa significa “prestare la voce” a grandi personaggi?
E' una sfida gigantesca! Perché non sei tu qui al “Sistina” sul palco con il tuo fisico, la tua personalità, la tua forza, il tuo modo di dire e di interpretare un personaggio. Al doppiaggio devi stare al tempo di altri attori (quelli sullo schermo), ai loro ritmi e quella è la sfida più grande. Ferruccio Amendola mi disse: “Il giorno che ripeteranno le battute che tu hai detto, vorrà dire che hai fatto un buon lavoro”.

Tu usi la tua voce, appunto, per recitare, per fare l’attore, ma anche per cantare e per doppiare. La curi in modo particolare?
No, fumo e bevo Zacapa ogni tanto :-) Ritengo che il fatto della voce sia genetica pura; a casa tutti abbiamo (o avevamo) una bella voce. Certamente, è chiaro, non bisogna poi fare degli stravizi. Però io non faccio nulla in particolare. Vedo l’otorino una volta ogni dieci anni.

Però non basta avere una bella voce per essere un bravo doppiatore?
La bella voce è nulla! Bisogna saper interpretare, entrare nella testa e nel cuore delle persone. Devi “emozionare”; è quello che purtroppo oggi si è un pò perso.

E qual è il personaggio cui hai prestato la tua voce che ti ha emozionato di più, o il film?
Sicuramente il film più difficile che ho fatto: “Pulp Fiction”! Io doppiavo Samuel L. Jackson, avevo 34 anni, lui ne ha 6 più di me. Non era facile doppiare quel colosso e soprattutto, quel grande film.

Ed il film che, invece, che ti è rimasto nel cuore?
“Il Gladiatore”, per forza!

Ti chiedo di farci il grido.
Me le hanno dette tutte: “al mio via”, “al mio cenno”, “al mio tre”, “al mio urlo”, adesso “al mio grido” :-))) Era “al mio segnale”!

Lui gridava in quel senso.
Lui, no! Saliva a cavallo e diceva semplicemente: “Al mio segnale, scatenate l’inferno!” Basta, tranquillo, tanto lo sapeva che vinceva, era il Gladiatore! :-) VOCI.fm, vi saluto! Siete tutto un programma: voci, appunto. Un saluto da Luca!

Lydia Simoneschi: la regina del doppiaggio

La storia del doppiaggio e del cinema continua su VOCI.fm, grazie ad un vero esperto come Alessandro Delfino. Non solo uomini, ma anche donne hanno segnato il percorso di innumerevoli generazioni. La diva più famosa del “periodo d’oro” è sen'zlatro lei: Lydia Simoneschi, voce di Rossella O’Hara ma anche della perfida Maga Magò.


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Dotata di un volto poco cinematografico, ma di una voce ammaliante, Lydia Simoneschi (Roma, 4 aprile1908 - 5 settembre 1981) inizia la sua carriera nel mondo delle voci negli anni trenta e dagli anni quaranta fino agli anni sessanta diventa la voce di innumerevoli attrici hollywoodiane ed europee adattandosi molto bene ai diversi stili recitativi delle star a cui presta la voce: da Ingrid Bergman a Jennifer Jones, da Vivian Leigh (Rossella O’Hara in "Via col vento") a Barbara Stanwyck fino a Joan Fontaine, Shelley Winters e Joan Crawford, arrivando a doppiare perfino molte attrici italiane: Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Eleonora Rossi e molte altre dive nostrane hanno usufruito almeno una volta nella loro carriera della fascinosa voce della Simoneschi.

Capace di arrivare a dei bassi sensuali, ma anche ad alti caricaturali, tanto da permetterle di aderire alla perfezione sui cartoni animati: famosi i personaggi doppiati, dalla dolce Fata turchina di Pinocchio alla saggia Madre di Bambi; dalla simpatica Fata Flora in "La bella addormentata nel bosco" alla premurosa cameriera Nilla in "La carica dei 101" fino ad arrivare alla coraggiosa Lady Cocca in "Robin Hood", la Fata Smemorina in Cenerentola e la perfida Maga Magò in "La spada nella roccia".



il cinema classico ha sempre il suo fascino: con quel bianco e nero che ti riporta in epoche lontane, quasi fiabesche e Lydia Simoneschi è stata la voce più importante a narrarci delle storie, quando vogliamo chiudere gli occhi... e sognare.

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Le voci più belle di Lydia Simonesch

Vivien Leigh in “Via col vento"

Barbara Stanwyck in “La fiamma del peccato"

Ingrid Bergman in “Notorius - L’amante perduta”

Bette Davis in “Eva contro Eva”

Olivia De Havilland in “Lo specchio oscuro”

Gina Lollobrigida in “Cuori senza frontiere"

Anne Baxter in “I dieci comandamenti"

Fata turchina in “Pinocchio"

Fata Flora in “La bella addormentata nel bosco"

Fata Smemorina in “Cenerentola”

Nilla in “La carica dei 101"

Lady Cocca in “Robin Hood"

Maga Magò in “La spada nella roccia”
 

Maccio Capatonda: voce in "Pupazzi senza gloria"

A doppiare il pupazzo più irriverente del cinema non poteva che essere Maccio Capatonda: sua infatti la voce di Phil Phillips, ex-poliziotto “riciclatosi” in investigatore privato, protagonista di “Pupazzi senza gloria”, l’irriverente film di Brian Henson (figlio di Jim Henson che creò i Muppets), in sala dal 18 Ottobre 2018 con Lucky Red. Per l'attore e conduttore radiofonico Maccio Capatonda è la terza esperienza nel doppiaggio, dopo "South Park” e “Angry Birds - il film. Videointervista di Patrizia Simonetti per VOCI.fm

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Maccio Capatonda in “Pupazzi senza gloria”, tu avevi già doppiato altre volte, però è la prima volta che dai voce ad un pupazzo, giusto?
Si, è molto bello perché il pupazzo si presta ad essere doppiato, lui non parla “di base”, non è un essere vivente e quindi ha bisogno della voce e mi ha chiesto di prestargliela. Io gliel’ho prestata... poi me l’ha ridata, ovviamente. È stato difficile perché il pupazzo non ha neanche espressività e quindi devi dargli attraverso la voce anche un’anima, un’emotività, uno spessore, una serie di cose di cui ha bisogno... il pupazzo :-)


Quanto ci hai messo di tuo in questo Phil Philips così dissacrante? Un poliziotto molto sopra le righe.
Ci ho messo il 62% di mio, forse anche il 69 / 70% e il resto è del pupazzo e del personaggio che interpreta il pupazzo.


Ma perché ti piace tanto il doppiaggio?
Perché mi piace molto lavorare con la voce, u pò come mi piace fare la regia, l’attore, è una parte di quello. Mi piace creare cose che non esistono, guardare la realtà e trasformarla attraverso l’arte della vocalizzazione.

Tu lavori con la voce, ma lavori anche con il linguaggio, ti inventi delle parole che non esistono…
Si, mi piace “destrutturare” le cose, dissacrarle, come a non voler accettare la realtà così com’è e quindi romperla, imporre il mio giudizio sulle strutture e sui linguaggi. I linguaggi, infatti, sono le cose più strutturate che abbiamo e io li voglio bruciare!


Quando ti sei accorto che volevi e potevi lavorare con la tua voce?
Io ho sempre voluto lavorare con la voce, fin da quando ero bambino. Ho doppiato anche “Ritorno al futuro”, da solo a casa mia, facendo la voce di Micheal J. Fox. Mi sono accorto di poterci lavorare più o meno nel 2000, quando mi chiesero di fare i doppiaggi delle interviste ai cantanti stranieri per un programma televisivo e lì mi sono detto: “Allora oltre che piacermi, riesco anche a farci qualcosa!” Un saluto a VOCI.fm da Maccio Capatonda… anzi... due saluti!



Mario Milita: il nonno del doppiaggio

Ci sono voci che più di altre resteranno impresse nella nostra memoria e nella storia del cinema: una è di certo quella del grande Mario Milita, famoso per il ruolo di “Nonno” Abrahm Simpson, il papà di Homer, o di Zio Paperone nei primi cartoon Disney. Con il nostro blogger Alessandro Delfino ripercorriamo la storia artistica di questo grande maestro del doppiaggio.

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Il doppiaggio lascia spesso in Italia emozioni grazie a voci inconfondibili con le quali siamo cresciuti seguendo i nostri film o serial preferiti.

E una di questa è stata sicuramente quella di Mario Milita, famoso per il ruolo di Abrahm Simpson, il papà di Homer Simpson, nella celeberrima sitcom; dal 1989 grazie alla sua voce senile, graffiante e ironica dona al patriarca della gialla famiglia di Springfield una comicità e una simpatia unica, seconda solo al protagonista Homer Simpson, doppiato in italiano dall’indimenticabile Tonino Accolla. Ma la carriera di Mario Milita non si è limitata al solo personaggio animato.

Classe 1923, la sua voce pastosa e brillante si lega perfettamente a personaggi di animazione come Fred Flintstones nella serie "I Flintstones", Mr Magoo, l’anziano pedofilo nella serie "I Griffin" e tanti altri; non solo: nella sua carriera ha prestato la voce anche ad attori i carne e ossa come Bryan-Doyle Murray, Ed Williams e soprattutto Desmond Llewelin (famoso nel ruolo di Q, il geniale agente alleato di James Bond) nei film "Moonraker - Operazione Spazio" e "007 - Bersaglio mobile".

Dopo aver ricevuto il premio alla carriera al "Gran Premio Internazionale del Doppiaggio" nel 2008, purtroppo in quel periodo comincia ad avere problemi alla voce, che si è fatta man mano più flebile e roca, dovendo lasciare completamente l’attività nel 2012.

Mario Milita purtroppo ci lascia quest’anno dopo una lunga malattia, ma noi tutti lo vogliamo ricordare come la voce del nonno un po’ burbero, un po’ scontroso, ma sempre affettuoso e generoso che ci ha fatto ridere e continuerà ad allietarci per molto molto tempo.

Ciao Mario.



Articolo a cura di Alessandro Delfino

Le voci più belle di Mario Milita (fonte Wikipedia)

Film cinema

  1. Desmond Llewelyn in Moonraker - Operazione spazio007 - Bersaglio mobile

  2. Brian Doyle-Murray in Snow Dogs - 8 cani sotto zeroIndiavolato

  3. Ed Williams in Una pallottola spuntata 2½ - L'odore della pauraUna pallottola spuntata 33⅓ - L'insulto finale

  4. Eli Wallach in Tentazioni d'amore

  5. Lee Strasberg in ...e giustizia per tutti

  6. Fred Krause in Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York

  7. Bill Erwin in Mamma, ho perso l'aereo

  8. Will Hare in Ritorno al futuro

  9. Burgess Meredith in Rocky V

  10. Art Carney in Last Action Hero - L'ultimo grande eroe

  11. Richard Hamilton in Le parole che non ti ho detto

  12. Feodor Chaliapin, Jr. in Lettere d'amore

  13. Sam Jaffe in Orizzonte perduto (ridopp.)

  14. Henryk Bista in Schindler's List - La lista di Schindler

  15. Roberts Blossom in Pronti a morire

  16. Thayer David in Rocky

Serie televisive

  1. Tom Bosley in La signora in giallo

  2. Eric Porter (il Professor Moriarty) in Le avventure di Sherlock Holmes

  3. Jon Pertwee in "Lo spaventapasseri" (Worzel Gummidge)

Film d'animazione

  1. Vecchio prigioniero in Il gobbo di Notre Dame

  2. Cittadino di Tebe in Hercules

  3. Sparky in Lilli e il vagabondo II - Il cucciolo ribelle

  4. Abraham Simpson in I Simpson - Il film

  5. L'indovino Prolix in Asterix e la grande guerra

  6. Ebenezer Scrooge in Canto di Natale di Topolino (1° doppiaggio)

  7. Politico durante una riunione in Akira

Serie animate

  1. Fred Flintstone ne Gli AntenatiI pronipoti incontrano gli antenatiIl nuovo Fred e Barney Show

  2. Abraham Simpson ne I Simpson (nelle prime 22 stagioni)

  3. Herbert (1ª voce) e Francis Griffin ne I Griffin

  4. Mumm-Ra in Thundercats

  5. Voce narrante e dottor Harada in Holly e Benji, due fuoriclasse

  6. Gennai in Digimon Adventure

  7. Megatron in Transformers

  8. Toro che ride in Cowboy Bebop

  9. Il nonno di Titeuf in Titeuf

Massimiliano Alto: il "genio" di Show Dogs

A soli 19 anni era già un genio: non a caso, Massimiliano Alto è voce Disney di “Aladdin”! La sua carriera da doppiatore passa per grandi attori e infiniti personaggi di animazione. Si afferma presto come direttore di doppiaggio ed è lui a seguire i 26 talent di “Show Dogs - Entriamo in scena”, la “family Comedy” della Primavera 2018. Patrizia Simonetti lo ha intervistato per il #sitodellevoci

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Su VOCI.fm c'è Massimiliano Alto, doppiatore ma soprattutto direttore di doppiaggio. Siamo qui perché hai diretto “Show Dogs”; com'è stato dirigere Giampaolo Morelli: bravo, diligente, obbediente?
Una persona incredibile, nel senso che il film richiedeva un impegno particolare; non solo per me, perché gestire 26 talent non è cosa da poco. Però, io non conoscevo Giampaolo Morelli come doppiatore, solo come attore e devo dire che è una persona incredibile. Bravissimo come professionista, non si è mai mosso dal leggio ed è sempre stato attento, ha seguito ogni indicazione. Una persona adorabile, quindi magari ripetere ancora un’esperienza simile.

Senti, con tutti gli altri: Cristiano Malgioglio, Barbara D’Urso, Mauro Bocci,Giulio Berruti, come ti sei trovato?
Bene, comunque bene. Sono tutte persone di spettacolo, quindi professionisti bravi, molto attenti. Devo dire che i ruoli erano piccoli per alcuni, proprio dei camei, però hanno comunque rispettato i miei suggerimenti.

Noi parliamo con molti doppiatori e tutti dicono che per fare il doppiatore bisogna prima essere un attore. Poi però ci ritroviamo, come nel caso di “Show Dogs”, cantanti o presentatori che prestano la voce a personaggi di film. Come te lo spieghi?
Beh, in questo caso, devo dire che la causa l’ho sposata io per primo perché secondo me la scelta era giusta. Il film è comunque basato su cani (che non vuol essere una cosa offensiva) ma si parla di animali ed era divertente l’idea di trovare voci riconoscibili, famose in tutta Italia. Succede spesso nei film di animazione di ogni genere. Io non sono contrario a queste scelte. A volte, forse, non sono giuste le scelte alla base del talent, quindi magari rischiare di non chiamare un attore, di non chiamare una persona proprio del mondo dello spettacolo, quello può essere un azzardo però, nel momento in cui la scelta è stata fatta con tutte persone capaci, che hanno una certa dimestichezza col mestiere... mi sembra una cosa riuscitissima!

Che cos’è il doppiaggio per te?
Il doppiaggio per me è un lavoro, che faccio da quando sono bambino. È una bellissima arte, anche se non so se è giusto definirla tale; è comunque una professione artigianale che continuiamo a mantenere salda qui in Italia e anche nel mondo ed ha un valore importante. Sentire i film in originale è importante però io penso che il doppiaggio possa dare una valenza in più, soprattutto in questo caso.

Il consiglio “principe”, anche se so che ce ne sarebbero tanti da dare a chi vuole intraprendere questa carriera di doppiatore. Qual'è quello che puoi dare tu?
Io consiglio sempre, come in tutte le professioni, di studiare, di avvicinarsi a un qualunque mestiere con cultura e conoscenza. Non ci si improvvisa in nessun caso, né se vuoi fare il calciatore, né se vuoi fare l’attore, quindi studiare il più possibile e studiare possibilmente tutte le materie che servono: dizione, recitazione, impostazione della voce ecc. Poi le scuole sono tante, ovviamente! Ancora oggi credo che l’”Accademia d’Arte Drammatica” potrebbe dare una formazione più completa, però esistono anche dei corsi di doppiaggio o delle scuole private. Magari prendere lezioni da una persona può essere utile. Poi, serve una minima dose di talento.

La tua direzione di doppiaggio che ti ha dato più soddisfazione? Ricordi un film, un doppiatore, un gruppo di doppiatori?
Sembra assurdo dire “Show Dogs”, però davvero questa è stata una lavorazione straordinaria, la prima dove ho conosciuto così tanti talent. Avevo già lavorato in questo modo in “Madagascar”, ad esempio con Ale e Franz eravamo già amici, ma una lavorazione così speciale non mi era mai capitata. In più, ho collaborato con tante persone, con una vera squadra; perché premetto, nel doppiaggio il direttore è molto importante però c’è anche un fonico, che in questo caso era Mario Frezza, fondamentale e un assistente di doppiaggio (Giulia Nofri) che ha fatto da coach a tutti gli attori e li ha veramente aiutati. Poi ho fatto tante altre direzioni molto belle, come “Ratatouille”, mentre come doppiatore sono legato ad “Aladdin”, (doppiavo proprio il genio della lampada, quando avevo solo 19 anni).

Il più bravo tra i talenti di Show Dogs” e quello che invece di ha fatto più penare?
Non lo posso dire… beh, Giampaolo aveva un ruolo enorme, è stato “l’amore mio” in questo senso. Però, onestamente, penso che anche Cristiano Malgioglio sia stato molto bravo perché è un uomo di spettacolo, ma fa il cantante e l'autore, quindi trovarsi catapultato in una realtà completamente diversa come quella del doppiaggio poteva rappresentare un problema. Invece ha seguito pedissequamente tutte le indicazioni, pur mettendoci di suo! Anche gli altri... tutti bravissimi. Sono rimasto sorpreso dalla disponibilità di Carlo Conti, Giorgio Panariello, Marco Masini, Barbara D’Urso, Lino Guanciale (anche lui un grandissimo talento per me, ha fatto un cameo di un cane cambiando voce, favoloso!). Giulio Berruti ha fatto un salto di qualità molto grande. Non mi aspettavo di trovarlo così, invece è stato molto bravo, si sente che studia. Quindi, onestamente, non posso dire chi sia stato il peggiore, tutti hanno dato il massimo. Il peggiore sono io :-)

Però, come dicevi il doppiaggio è un’altra cosa!
Il doppiaggio è un’altra cosa, loro si sono cimentati in un'attività diversa. Non hanno doppiato degli attori veri e propri ma dei cani, quindi si sono trovati a lavorare sull’audio, cosa completamente differente. È vero, ci sono le espressioni, gli occhi, però non è la stessa cosa di doppiare un attore. Un saluto affettuosissimo a voi di VOCI.fm da Max Alto, mi abbrevio il nome altrimenti è troppo lungo :-) Un bacio, grazie.

 

Massimo Dapporto: doppiatore astronauta

VOCI.fm apre ufficialmente un nuovo spazio dedicato a quei “VOLTI FAMOSI” per cui la propria VOCEdiventa uno strumento di lavoro in grado di fare la differenza! Video-Interviste sul mondo del doppiaggio, dello spettacolo, della musica, della radio e della tv, incontrando con Patrizia Simonetti personaggi molto noti che con la voce ci sanno fare! Primo ospite di VOCI.fm, il grande attore Massimo Dapporto, anche doppiatore di tanti personaggi, non ultimo l'astronauta “Buzz Lightyear” nel film d'animazione “Toy Story” (Disney Pixar). Guardate (o ascoltate) la nostra intervista!

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Massimo Dapporto su Voci.fm, al teatro Eliseo di Roma. Quando sentiamo la sua voce non possiamo fare a meno di pensare “alla voce”. Lei ci lavora tanto, a teatro e nel doppiaggio; e poi ha fatto tanta radio!
Si, ho fatto tante cose per “mantenermi agli studi”, nel senso che ho fatto doppiaggio, operetta, cabaret. Ultimamente, sto dando la voce a "Buzz Lightyear" in un lavoro per Walt Disney Pixar; lo faccio insieme a Fabrizio Frizzi, lui fa il cowboy, io faccio l'astronauta. Pensa che a Milano mi hanno fermato per strada ed hanno voluto l'autografo, ma non come Massimo Dapporto... come Buzz Lightyear! La cosa mi ha avvilito un pò, ma comunque i tempi sono questi e mi sto adattando.

Quanto deve alla sua voce?
Non lo so perché è una voce di tradizione, è uguale a quella di mio padre, che la modulava in modo diverso, ma era proprio la stessa! Pensa che a volte, quando ero ragazzo ma avevo già la voce da uomo, mi sostituivo a lui. Papà diceva “non mi interessa parlare con questa persona, salutalo con tanto affetto”... e io mi fingevo papà! Il bello è che adesso questa stessa voce l'ho passata a mio figlio.

Quindi farà il suo lavoro?
Mio figlio fa regia, è un bel ragazzo, un grande e poteva fare l'attore tranquillamente, però ha la passione per la regia. Spero che mi chiami prima o poi.

Per lavorare?
E certo :-)

Un consiglio per i ragazzi che vogliono fare teatro, doppiaggio, radio?
Bisogna capire se hanno le qualità, c'è l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica che offre una grossa selezione, la "Silvio D'amico" (Roma). Se meriti, puoi continuare, altrimenti è meglio che cambi le tue prospettive. Poi bisogna che i ragazzi di oggi si applichino molto nello studio e buttino un occhio al teatro. Adesso si pensa che sia tutto facile ed i risultati sono ammucchiate di giovani in televisione che non hanno nessuna preparazione e a volte non si capisce neanche quello che dicono.

Per Voci.fm... un saluto affettuoso a tutta la sigla... da Massimo Dapporto!



 

Massimo Lopez: con la voce puoi fare tutto

Patrizia Simonetti parla di voce con un personaggio che se ne intende proprio: Massimo Lopez. Attore, presentatore, imitatore, ma soprattutto doppiatore e voce di Homer Simpson dal 2013. Come è diventato un grande professionista e quali consigli può dare a chi si avvicina a questo mestiere?

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Massimo Lopez su VOCI.fm! Lei con la sua voce ci fa di tutto e di più?
Beh, è lo strumento che amo e col quale “gioco”, con cui ho sempre giocato e continuo a giocare.

L'abbiamo visto anche nelle scorse edizioni di “Tali e Quali Show”: a lei piace trasformarsi! In quel caso è sostenuto anche dal corpo, mentre se si parla di doppiaggio l'immagine non è di aiuto?
L'immagine no, ma il corpo si, perchè devi entrare nel personaggio e starci proprio “dentro”, al 100%. Nel doppiaggio la trasformazione è totale, perchè hai davanti a te un personaggio e devi trasformarti in lui; è un lavoro da attore in tutti i sensi ed io spero che l'arte del doppiaggio venga sempre sostenuta, perchè è davvero un'eccellenza italiana nel mondo.

Chi guarda i grandi doppiatori ed attori come lei, pensa sempre che non possano sbagliare. Invece magari capita; lei ha un aneddoto da raccontare? Un qualcosa che ha pensato “non ci riesco”, magari agli inizi della carriera?
Diciamo che prima degli inizi ho sempre pensato di sbagliare tutto, di non riuscire a farcela. Pur partendo da piccole cose, lì per lì mi sembravano di una difficoltà mostruosa; ma ho sempre affrontato tutto con umiltà. Ho inziato davvero dal dire una sola battuta in teatro, poi due e così via. Qualcuno mi prendeva in giro, ma io se tornassi indietro lo rifarei.

Quindi possiamo rassicurare i ragazzi che vogliono intraprendere questa carriera? Anche se all'inizio si sbaglia o tutto sembra difficile, non bisogna scoraggiarsi mai?
No, mai scoraggiarsi perchè ce la possono fare, senza porsi il limite del tempo. Non bisogna dire “entro una anno devo fare questo o quest'altro”; magari è giusto dire”entro la vita spero di fare il più possibile”, perchè questo è l'unico mestiere che te lo consente. Puoi arrivare anche a 70 anni a iniziare a fare il lavoro di attore, se ti piace. Bisogna approfittarne e perfezionarsi nel tempo. A VOCI.fm un saluto affettuosissimo da me, Massimo Lopez.



MASSIMO LOPEZ: CENNI BIOGRAFICI
Nato ad Ascoli Piceno l'11 Gennaio 1952, Massimo Lopez è attore, comico, doppiatore, cantante, conduttore e imitatore; è il fratello minore del doppiatore Giorgio Lopez. Ha debuttato in teatro nel 1975 con “Il fu Mattia Pascal” e prima della nascita del Trio con Tullio Solenghi ed Anna Marchesini ha preso parte a diversi spettacoli teatrali; è proprio in teatro che ha avuto un gran successo, in special modo con “Allacciate le cinture di sicurezza” (1987) e “In principio era il trio” (1991), “Ciao Frankie” (2005) e “Sing and Swing” (2014). Ha vinto nel 2010 il premio “Leggio d'Oro Alberto Sordi”. In televisione ha preso parte a tantissime trasmissioni, tra cui ricordiamo “Tastomatto” (1985), “Domenica in” (1986), “Fantastico 7” (1987) e il grandissimo successo avuto con “I promessi sposi”, insieme al Trio. Del periodo “post-Trio” ricordiamo “Massimo Ascolto” (1994), “Scherzi a parte” (1995 - 1997) e “Buona Domenica” (1998-1999), sia RAI che Mediaset. Oltre a spot televisivi, Massimo Lopez ha recitato in fiction e sitcom, tra cui “Un uomo in trappola” (1984), “Professione fantasma” (1997), “Compagni di scuola” (2001), “Max & Tux” (2002), “Le mille e una notte - Aladino e Sherazade” (2012); nel 1997 ha fatto parte del cast di “Beautiful”. Ha condotto “Striscia la notizia” nel 2005, ha partecipato a “Ballando con le stelle” nel 2007 e per festeggiare i 25 anni dalla nascita del Trio è tornato su Rai Uno insieme a Tullio Solenghi e Anna Marchesini nel 2008 con “Non esiste più la mezza stagione”. Nel 2014 era nel talent-show “La pista”, per poi arrivare a “Tale e Quale Show” nel 2015. Massimo Lopez ha inciso un brano con Mina, Noi, e ha lavorato in radio nel 1983 col trio e nel 2007 su R101 con le sue insuperabili imitazioni. Come doppiatore ha ricevuto davvero tante soddisfazioni: è sua la voce di Bruce Lee in “L'ultima sfida”, di Stephen Fry in “Lo Hobbit”, di Splinter in “Tartarughe Ninja”, di Ramon in “Happy feet” e “Happy Feet 2”, di Pabbie/Granpapà in “Frozen - Il regno di ghiaccio”, di Stephen Hawking in “The Big Bang Theory”, Gyoshin in “Sampei” e di Nervino in “Dottoressa Peluche”, fino a diventare la voce di Homer Simpson a partire dal 2013, dopo la scomparsa di Tonino Accolla. 

Maurizio Di Girolamo, il doppiatore imitatore: L'INTERVISTA VIDEO PER VOCI.FM

Maurizio Di Girolamo è un doppiatore molto particolare, perchè oltre ad usare la propria "voce principale” è in grado di lasciare tutti a bocca aperta imitando il grande Ferruccio Amendola, Nanni Baldini, Massimo Troisi e tantissimi altri attori e personaggi famosi. Reduce da “Tu Si Que Vales”, è stato anche special-guest nell'edizone 2018 del festival “Le Voci di Cartoonia”. Lo ospitiamo nei nostri studi per una divertentissima videointervista realizzata in coppia con l'amico Alessandro Delfino. Da non perdere!

Intervista realizzata da Alessandro Delfino


Buongiorno a tutti gli utenti di VOCI.fm - il sito delle voci. Oggi intervistiamo un grandissimo ospite
:Maurizio Di Girolamo!
Ciao a tutti! Grazie a VOCI.fm e a te Alessandro.

Maurizio Di Girolamo (nato a Torino, il 4 Luglio 1983) è un giovane ma talentuoso attore, doppiatore e soprattutto imitatore. Come ti è nata questa passione?
Io faccio le imitazioni da quando sono adolescente. Ho iniziato un pò come tanti: si guarda la televisione, poi a scuola si fanno i personaggi, si imitano gli insegnanti, i professori ecc. Quando vedi gli amici che ridono ti fai forte e passi ad imitare gli attori del cinema e qualcun altro famoso. Poi il doppiaggio; ho fuso le due cose iniziando ad imitare la voce di Ferruccio Amendola e studiando tantissimo. Poi, chiaramente, col tempo ho acquisito diversi registri vocali e sono arrivato ad imitare anche altri doppiatori.

Facci sentire al volo…
Imito Nanni Baldini o il grande Gianni Musi.



Bravissimo! Ma senti, volevo sapere cosa preferisci tra il doppiaggio e l'imitazione?
Sono due mondi diversi. Quando sono in sala di doppiaggio, tutto è più serio e professionale perché, comunque, la voce la devi impostarla in un certo modo, devi stare attento a un sacco di cose. Le imitazioni sono più libere ed è tutto molto più “giocato”.

Ti diverti di più, anche imitando grandi attori come Massimo Troisi, Lino Banfi (giovane anni '80 ed anziano “Nonno Libero”), Roberto Benigni, Paolo Villaggio e fai benissimo Vittorio Sgarbi! Ma tra tutti, quale senti più “tuo”?
Ce ne sono due: Massimo Troisi non è più un’imitazione. Sarà che lo faccio da tantissimi anni, è stato praticamente il primo e rappresenta un mio stato d’animo… è come se iniziassi davvero a parlare come lui. Fisicamente, invece, sono vicino ad Aldo Baglio (del trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”).

E cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere la strada del doppiaggio e anche dell’imitazione? Secondo te, meglio una o l’altra?
Sono entrambe belle cose, che possono essere veramente fuse tra loro, ma bisogna ascoltarsi tanto, farlo partire da sé stessi. Poi il doppiaggio richiede molto più impegno, perché ci sono tanti lati tecnici, devi saper studiare l’apparato vocale oppure lavorare in sync e creare simbiosi con l'attore originale. Per fortuna, esistono un sacco di buoni corsi in Italia. Se uno sente che vuole farlo... è possibile! Io ho iniziato dal nulla, poi andando avanti, mi ritrovo qua!

E noi ti ringraziamo! Ricordo, ovviamente, che Maurizio Di Girolamo ha un suo profilo VOCI.fm seguitelo, guardatelo ed ascoltatelo, perché è veramente bravo!
Grazie a voi! Grazie a VOCI.fm

Maurizio Trombini: la voce di Lucignolo

Un altro grande nome ospite del BLOG di VOCI.fm! Oggi incontriamo Maurizio Trombini, attore, doppiatore e speaker italiano, protagonista di spot famosissimi, ha conquistato traguardi prestigiosi, come i due premi “MediaStar” 1995 - 1998 e il premio speciale “KitchenArts” al Festival “Voci nell'Ombra 2018”. Ma per tutti, Maurizio Trombini è la voce dell'indimenticabile settimanale di Italia 1 “Lucignolo”. Valerio Brandi lo ha intervistato per noi.

Intervista realizzata ad Ottobre 2018 da Valerio Brandi


Valerio Brandi per VOCI.fm, siamo qui con Maurizio Trombini, ci parla un pò della sua avventura a Lucignolo?
La mia avventura a Lucignolo è semplicissima. Mi ha chiamato Mario Giordano, parecchi anni fa, e mi ha detto: “C'è una trasmissione nuova e vorrei che la facessimo insieme!”; io gli ho risposto: “ben volentieri!”. Abbiamo fatto una puntata-zero che è andato benino, dopodiché si è fatta la trasmissione, che ha ricevuto un certo riscontro positivo da parte del pubblico di Italia 1, quindi siamo stati tutti molto contenti. La trasmissione è durata parecchi anni (dal 23 marzo 2003 al 7 ottobre 2007, dal 22 giugno al 14 settembre 2008 e nell'autunno 2013 con il nome di “Lucignolo 2.0”). Ad un certo punto è diventata molto legata al gossip, quindi c'è stato un cambiamento radicale rispetto ai primi servizi.

Un consiglio che daresti a chi vuole avvicinarsi al mondo del doppiaggio?
Chi vuole avvicinarsi al mondo del doppiaggio deve, prima di tutto, fare dizione e fonetica, poi specializzarsi in recitazione; dopodiché può avvicinarsi al mondo del doppiaggio, perché il mondo del doppiaggio è una nicchia del mestiere dell'attore. Poi, insomma, le regole vanno anche disattese e molto spesso questo avviene, per cui non è detto che un buon doppiatore abbia avuto questi step che ho prima elencato. Io credo che però la recitazione sia essenziale per far si che il doppiatore sia all'altezza di fare anche cose importanti nel cinema.

Lei ha doppiato tantissimi cartoni animati del gruppo di Milano, ci può raccontare qualcosa?
Il mondo del doppiaggio per me è iniziato dopo un lavoro teatrale al Piccolo Teatro di Milano, stavo facendo “L'anima buona di Sezuan” con la regia di Giorgio Strehler ed il collega Alarico Salaroli mi ha portato al doppiaggio, dicendo “se vuoi arrotondare la tua paga giornaliera ecco questo è un buon metodo”. Mi ha condotto ad un provino con Laura Rizzoli e lì ho iniziato a doppiare. Un saluto a tutti e ricordatevi di leggere qualche libro di Anthony Bordain (cuoco, gastronomo e scrittore statunitense scomparso nel Giugno 2018, al quale Trombini ha prestato la voce in Italia, ndr), molti libri sono decisamente carini. In bocca al lupo per tutti!

 

Michele Gammino: la voce eroica del doppiaggio

Di tutte le voci del doppiaggio sicuramente quella che più rimanda ai personaggi eroici e duri del cinema è la voce di Michele Gammino. Basta ricordare cinque dei tantissimi attori da lui doppiati: Kevin Costner, Jack Nicholson, Richard Gere, Terence Hill e, dulcis in fundo, Harrison Ford in "Indiana Jones"! Di Michele Gammino ce ne parla un vero esperto di cinema e doppiaggio: il nostro blogger Alessandro Delfino.

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Michele Gammino inizia la sua carriera da giovanissimo, negli anni 70, sia come attore (in film di genere come i poliziotteschi e le commedie-sexy all’italiana) che come doppiatore (lo si ricorda sempre nei film di genere come voce di Luc Merenda in molti polizieschi italiani).

E' negli anni ottanta che la sua carriera decolla. Nel 1981 doppia per la prima volta un attore già famoso per la saga fantascientifica "Guerre Stellari", Harrison Ford, nei panni di un altro personaggio che lo consacrerà nella storia del cinema: Indiana Jones. Il film "I predatori dell’arca perduta" diretto da Steven Spielberg non solo ottiene un grande successo, ma dà il via ad altri seguiti dove Ford avrà di nuovo la voce di Gammino (tranne in "Indiana Jones e il tempio maledetto" dove viene sostituito da Luigi La Monica); a parte alcuni casi il binomio Ford-Gammino diventerà inscindibile tanto che il doppiatore verrà spesso riconosciuto come la voce ufficiale dell’attore statunitense.

Sempre nel 1981, Gammino doppia un altro attore già famoso diventando in seguito una delle voci ricorrenti: Jack Nicholson, nel film "Il postino suona sempre due volte", remake del film del 1946. Gammino si distingue rispetto ad Harrison Ford seguendo in modo meticoloso la recitazione asciutta e sorniona di Nicholson “invecchiando” e sporcando la voce donando interpretazioni memorabili: oltre al già citato film "Codice d’onore", "Wolf", "Qualcosa è cambiato", "A proposito di Schimidt".

La carriera di Gammino comunque rimane costellata di personaggi eroici, ad esempio nel 1985 doppia un altro attore che nel periodo successivo diventerà famoso come eroe del cinema: Kevin Costner; famosi i film doppiati come "Balla coi lupi", "JFK", "Wyatt Earp", "Guardia del corpo" e tanti altri.

Ma la bravura del doppiatore non si limita solo ai ruoli eroici: riesce con disinvoltura a passare da personaggi duri e granitici come Steven Seagal ("Trappola in alto mare" e "Trappola sulle montagne rocciose") a personaggi ironici e pungenti come Bill Murray ("Ricomincio da capo"), Cheavy Chase ("Avventure di un uomo invisibile"), Bob Hoskins ("Chi ha incastrato Roger Rabbit") e Terence Hill ("Non c’è due senza quattro", "Renegade") o ancora ad attori fascinosi ed eleganti come Richard Gere ("Pretty Woman").

Michele Gammino rimane ancora oggi uno dei punti di riferimento del doppiaggio e tuttora la sua voce rude, calda e pastosa riesce a migliorare alcune interpretazioni di attori che in originale non hanno quel colore, quella espressività vocale che rende magico e inimitabile il mondo delle voci.



Le voci più belle di Michele Gammino

  1. Michele Gammino in “Confessione di un commissario di polizia al Procuratore della Repubblica”
  2. Harrison Ford (Indiana Jones) in “I predatori dell’arca perduta”
  3. Harrison Ford (Rick Deckard) in “Blade Runner”
  4. Terence Hill (Luke Mantie) in “Renegade: un osso troppo duro”
  5. Bob Hoskins (Eddie Valliant) in “Chi ha incastrato Roger Rabbit”
  6. Kevin Costner (John Dumbar) in “Balla coi lupi”
  7. Richard Gere (Edward Lewis) in “Pretty Woman”
  8. Paul Sorvino (Paul Cicero) in “Quei bravi ragazzi”
  9. Steven Seagal (Casey Ryback) in “Trappola in alto mare”
  10. Bill Murray (Phil Connors) in “Ricomincio da capo”
  11. Cheavy Chase (Nick Halloway) in “Avventure di un uomo invisibile”
  12. Jack Nicholsonc (Nathan R. Jessep) in “Codice d’onore”
  13. Richard Gere (Lancillotto” in “Il primo cavaliere”
  14. Jack Nicholson (Melvin Udall) in “Qualcosa è cambiato”
  15. Kevin Costner (Jonathan Kent) in “L’uomo d’acciaio”

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Migliorare la voce con Roxy: erre moscia e non solo

Vai al profilo di Roxy Colace 


L'attrice, cantante e vocal-coach Rossana "Roxy" Colace (con i suoi simpatici personaggi) mostra gli esercizi più semplici per correggere la "erre moscia", migliorare l'articolazione ed usare il diaframma per non urlare di gola.



Migliorare la voce con Roxy: zeppola e non solo

Vai al profilo di Roxy Colace 


L'attrice, cantante e vocal-coach Rossana "Roxy" Colace (con i suoi simpatici personaggi) mostra gli esercizi più semplici per togliere la zeppola, abbassare il tono di voce e migliorare la cadenza di un forte accento, tipo quello "siciliano".



Oreste Rizzini: l'acchiappafantasmi del doppiaggio

Nella storia del doppiaggio italiano ci sono professionisti che resteranno indimenticabili, per la capacità di variare interpretazione e stile in base ai personaggi doppiati e soprattutto per essere diventati, nel corso di una vita, la voce inconfondibile di grandi attori. E' il caso di Oreste Rizzini, doppiatore di Michael Douglas in "Basic Instinct" o "La guerra dei Roses". Ne ripercorriamo la carriera su VOCI.fm grazie al nostro blogger Alessandro Delfino.


Ti piace la voce di questo podcast? Contatta subito lo speakerAlessandro Delfino 

Come scrissi tempo fa, il mondo del doppiaggio ha avuto nel suo ambiente tantissimi attori che nascono nel cinema o nel teatro; è il secondo caso per il grande Oreste Rizzini.

Debutta infatti al "Teatro Stabile di Trieste", dove rimane per cinque anni, prima di passare a Torino e infine al "Piccolo Teatro di Milano" di Giorgio Strehler dove recita con importanti attori come Glauco Mauri, Giulio Bosetti, Mario Scaccia, Gianrico Tedeschi e Gigi Proietti.

Negli anni Ottanta è socio della cooperativa CVD (tra i fondatori Oreste Lionello) ed è lì che comincia la sua carriera nel mondo del doppiaggio: diventa la voce di attori come Gene Hackman, John Voight, Bill Murray, Michael Caine, Christopher Walken, Gerard Depardieu, ma soprattutto Michael Douglas col quale instaura un legame "voce volto" doppiandolo in film come "Basic Instinct", "La guerra dei Roses" e "Traffic".

Dotato di un timbro sporco e di un’ironia brillante, Oreste Rizzini riesce nell’arco della sua carriera a spaziare da personaggi comici come il Peter Venkman interpretato da Bill Murray nei due film dei "Ghostbusters" a personaggi duri e drammatici come il detective Nick Curran (Michael Douglas) in "Basic Instinct" o ancora a personaggi in costume sconfinando nel genere fantasy come il Cirano di Gerard Depardieu (dove Rizzini recita in versi adattati con maestria dal direttore del doppiaggio del film Oreste Lionello) e Martyn Sanderson (Denethor) in "Il Signore degli anelli".



Non mancano anche antagonisti e uomini abbietti, come il corrotto presidente Allen Richmond interpretato da Gene Hackman o il romantico fondatore della "Forrester Creations" Eric Forrester (soap-opera "Beautiful"); in ogni ruolo Rizzini segue meticolosamente l’attore rivelandosi estremamente duttile e versatile.

Oreste Rizzini purtroppo ci lascia nel 2008 ed è solo dell’anno prima l’ultimo suo doppiaggio: il grande Michael Caine nel ruolo del milionario perverso Andrew Wyke nel remake del film "Gli insospettabili" del 1972 tratto dalla piece teatrale (e dove Caine interpretava il ruolo del giovane Milo, in questo film recitato da Jude Law).

Voci sempre diverse per un grande mondo pieno di suoni ed emozioni…

Articolo a cura di Alessandro Delfino


Le voci più belle di Oreste Rizzini

  1. Michael Murphy - Yale in “Manhattan”
  2. Bill Murray - Peter Venkman in “Ghostbusters”
  3. Michael Douglas - Oliver Rose in “La guerra dei Roses”
  4. Bruce Willis - John McLane in “Die Hard”
  5. Gerard Depardieu - Cyrano in “Cyrano De Bergerac”
  6. Michael Douglas - Nick Curran in “Basic Instinct”
  7. John Voight - Leo F.Drummond in “L’uomo della pioggia”
  8. Gene Hackman - Henry Hearst in “Under Suspicion”
  9. Martyn Sanderson - Denethor in “Il signore degli anelli”
  10. Bill Murray - Bob Harris in “Lost in Translation”
  11. Michael Caine - Andrew Wyke in “Sleuth - Gli insospettabili”

Paola Cortellesi: voce di Ginna ne "I Primitivi"

Paola Cortellesi è una grande attrice, divertente e talentuosa. E spesso la troviamo anche "ospite" al leggio: è successo in "Cars 2", ne "Il piccolo principe" e in tanti altri film di animazione come il nuovo successo di Lucky Red "I Primitivi", in cui presta la voce a Ginna, al fianco di Riccardo Scamarcio (Dag), Salvatore Esposito "Lord Nooth", Chef Rubio (Gordo) ed altri personaggi che compongono un cast di doppiatori decisamente originale. La giornalista Patrizia Simonetti ha video-intervistato Paola Cortellesi, che racconta a VOCI.fm la sua passione per il doppiaggio.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Paola Cortellesi nel film “I Primitivi” è “Ginna”. Come è stato doppiare questo personaggio? Tu non sei nuova a questo mestiere?
No, ed è stato bello e divertente. Ginna è un personaggio che mi piace molto, perché è una donna che vuol vincere le convinzioni ottuse del suo gruppo secondo cui lei non può giocare a calcio perché è donna. Figuriamoci, questa è una cosa che mi piace tanto fare. Ogni volta i cartoni, i film animati, portano elementi nuovi e penso sia un bel messaggio da far passare anche ai ragazzi. E’ bello che lo vedano i bambini accompagnati dai genitori, perché secondo me ci sono tanti spunti che arrivano dalla storia, dalla trama, dallo schermo.

Paola, per fare il doppiatore, la doppiatrice in questo caso, bisogna essere attori. Tu però fai entrambe le cose. Preferisci prestare la tua voce o entrare proprio in scena?
Io faccio l’attrice e quindi è chiaro che preferisco entrare in scena. Quello del doppiatore, ci tengo a dirlo, è un mestiere molto complicato e non è il mio, non sono preparata per essere una doppiatrice a tutti gli effetti, faccio la turnista, l’ospite; i veri doppiatori hanno una tecnica e delle capacità che sono assolutamente lontane dal percorso che ho fatto io. Ci riesco con un’ottima direzione del doppiaggio, come in questo caso quella di Marco Mete, che è straordinario. Un bravo direttore, così come un bravo regista, ti sa dare gli strumenti per affrontare il doppiaggio. Il bravo doppiatore penso faccia un pò anche da solo, quelli super-navigati, gli espertissimi, li vedo fare cose con il labiale degli attori veri e mi dico: “ma come fanno?”

Qual è il consiglio più utile che ti ha dato un direttore di doppiaggio?
Di muovermi, di accompagnare quello che si dice. Siccome si sta in una sala, viene da stare fermi; io tendo a rimanere pietrificata e a parlare soltanto. Invece il consiglio di Marco, che mi ha diretto, è stato proprio di muovermi, accompagnare le battute con un vero movimento. Sembra strano ma funziona molto. Laddove non riuscivo a dare con la voce la giusta spinta, muovendomi vedevo che tutto poi magicamente si riposizionava, perciò è stata una dritta molto utile, almeno per me. Un saluto a VOCI.fm!


I PRIMITIVI - trama: il giovane cavernicolo Dug vive nella foresta in armonia con la sua tribù, ancorata allo stile di vita elementare dell'Età della pietra, finché un gruppo di guerrieri già entrati pienamente nell'Età del bronzo caccia tutti i (relativamente più) primitivi nelle aride Badlands, sottraendo loro le terre più fertili. Ma Dug non si rassegna e si infiltra nel territorio del nemico, dove apprenderà che il gioco preferito nell'Età del bronzo è.... il calcio. Regia: Nick Park - Distribuzione: Lucky Red

 

Parliamo di voce con l'attrice Sara Serraiocco

Sara Serraiocco è una delle attrici italiane del momento, giovane e naturale, scelta soprattutto per vestire i panni di ragazze fuori dal comune, sopra le righe, come è stato in “Non è un paese per giovani” di Giovanni Veronesi o in “Brutti e cattivi” di Cosimo Gomez. Ed eccola nel film “In viaggio con Adele” (regia di Alessandro Capitani) ad interpretare un ruolo stravagante, quello di un'orfana affetta da una forma di “neuro diversità”. Ma a stupirci in questo film è un’altra capacità di Sara, quella di aver imparato in poco tempo (e alla perfezione) il dialetto foggiano, nonostante sia abruzzese doc. Di questo e del suo modo di usare la voce, Patrizia Simonetti ha parlato direttamente con lei alla preapertura della Festa del Cinema di Roma.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Sara Serraiocco su VOCI.fm! Intanto complimenti, “In viaggio con Adele” è un film bellissimo, in cui sei un personaggio, una ragazza molto particolare.
Grazie mille, si, Adele è una personaggio speciale, è una ragazza che ama indossare questo pigiama a forma di coniglio che la isola dal mondo esterno. Ho voluto darle delle sfumature di grande comicità ma anche di drammaticità.


A proposito delle sfumature, a noi interessa moltissimo il fatto che tu, da abruzzese, sia riuscita a parlare un perfetto dialetto foggiano. Come hai fatto, chi ti ha aiutato?
Vero, per me questo film è stato un viaggio alla scoperta del foggiano, che è molto affascinante e che non avevo mai usato prima. Mi immaginavo la ragazza pugliese con un dialetto bareseo comunque molto vicino, invece ha dei suoni completamente diversi. Sono stata seguita da un dialect-coach, Mimmo Padrone ed ho avuto il supporto di Alessandro Capitani, un regista di grandissima sensibilità ed anche se questa è la sua “opera prima”, lo considero già maturo. Poi Alessandro Haber e Isabella ferrari, due grandissimi attori che mi hanno dato una grande mano sul set.



Quanto è importante per un'attrice, soprattutto giovane, sapere diverse lingue, riuscire a modularsi sui vari dialetti e modi di parlare?
E' importantissimo, anche se la priorità resta quella di fare dei personaggi belli che sappiano emozionare. Però è un'abilità che è meglio avere; a me piace molto, tant'è che ho imparato ad usare l'inglese, conosco il francese e mi piacciono i dialetti, sperimentare tonalità della voce ecc.


Infatti anche la tonalità è importante, a seconda del personaggio tu te la giostri, ci lavori molto?
Si, assolutamente, mi piace anche andare in contrasto. Non è detta che un personaggio drammatico debba per forza avere una voce profonda... Sono tutti lavori di preparazione, poi sul set mi lascio andare al ruolo che interpreto.
Un saluto a VOCI.fm da Sara Serraiocco, un abbraccio.

 

Pino e Chiara Colizzi: diverse generazioni, stesso talento

Il mestiere del doppiatore ha davvero una lunga storia piena di talenti. Sul BLOG di VOCI.fm Alessandro Delfino ci parla di uno dei maestri del doppiaggio più importanti degli anni 70-80 e di sua figlia, talentuosa doppiatrice della generazione successiva: Pino Colizzi e Chiara Colizzi. Tanto per capirci, le voci italiane di Michael Douglas e Nicole Kidman. Ma scopriamo di più...

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Classe 1937, Pino Colizzi inizia come attore televisivo, interpretando nel 1960 il ruolo del protagonista nello sceneggiato di Rai 1 "Tom Jones"; in seguito lavora in altri sceneggiati come "Anna Karenina", "La guerra al tavolo della pace", "Così è se vi pare", "L’assedio", "La piovra" e "Il bello delle donne".

Ma è soprattutto nel mondo delle voci che Pino Colizzi dà prova delle sue grandi capacità: negli anni '70 diventa una delle voci giovani della CDC doppiando attori come James Caan nel ruolo di Sonny Corleone nell’intramontabile capolavoro di Francis Ford Coppola "Il Padrino", mentre nel seguito doppia un giovanissimo Robert De Niro, interprete del giovane Vito Corleone (impersonato da Marlon Brando nel primo film); Pino Colizzi riesce a seguire la voce rauca e quasi impercettibile di De Niro senza far pensare minimamente allo spettatore di sentire il personaggio del film precedente.

In seguito, Pino Colizzi diventa la voce ricorrente di grandissimi attori come Michael Douglas ("Attrazione fatale", "Black Rain", "Un giorno di ordinaria follia", "Delitto perfetto"), Jack Nicholson ("L’onore dei Prizzi", "Le streghe di Eastwick", "Mars Attacks"), Michael Caine ("Gli insospettabili"), Christopher Reeve ("Superman" e "Superman 2"), Alain Delon, Warren Beatty, Clint Eastwod, Tom Selleck e tanti altri; celebre anche nell’animazione nel ruolo di Robin Hood nel film Disney del 1973 e in quello del cane Charlie in "Charlie" anche i cani del paradiso, del 1989. Molto importante anche la carriera di direttore del doppiaggio con un elenco infinito di titoli rimasti nella storia del cinema: "Scent of a woman", "Sister Act", "Die Hard 3", "Pulp Fiction", la saga di "007" con Pierce Brosnan, "Mars Attacks", "Il paziente inglese", "Lolita", "L’avvocato del diavolo", "Matrix" e tanti altri.

Proprio nella saga bondiana Pino Colizzi sceglie la figlia Chiara Colizzi, che grazie alla sua duttilità riesce a doppiare ogni attrice interprete della bond-girl di turno che seduce il nostro eroe; ma è soprattutto nel 1997 che la carriera di Chiara decolla doppiando un’attrice nel film destinato a rimanere nella storia del cinema e campione d’incassi per molto tempo: Titanic. La giovane Kate Winslet riesce a donare alla sua Rose un mix tra dolcezza e fragilità, emozioni che Chiara Colizzi riesce a restituirci nella nostra lingua, tanto che da quel momento diventerà la voce ufficiale dell’attrice britannica.



Nel nuovo millennio doppia due attrici già famose, ma che ancora non si erano affermate con il giusto film: Nicole Kidman nel film "The Others" del 2001 e Uma Thurman in "Kill Bill" nel 2003 di Quentin Tarantino; sempre grazie al suo talento, Chiara riesce a scindere i due ruoli (la timorata e impaurita Grace Stewart da un lato e la letale e vendicativa assassina Beatrix Kiddo dall’altro) iniziando da quel momento una collaborazione vocale con entrambe ancora oggi presente in tutti i loro film.

Ancora adesso Chiara Colizzi porta con grande successo il lavoro del padre (che si è ritirato nel 2010 dedicandosi alla letteratura) come doppiatrice e direttrice del doppiaggio. Differenti generazioni, ma identico talento…

Articolo a cura di Alessandro Delfino


Le voci più belle di Pino e Chiara Colizzi

  1. James Caan (Sonny Santino Corleone) in “Il padrino”

  2. Kate Winslet (Rose DeWitt Bukater) in “Titanic”

  3. Robert De Niro (Vito Corleone) in “Il padrino parte seconda”

  4. Nicole Kidman (Grace Stewart) in “The Others”

  5. Robin Hood in “Robin Hood”

  6. Penelope Cruz (Sofia Serrano) in “Vanilla Sky”

  7. Michael Caine (Milo Tindle) in “Gli insospettabili”

  8. Halle Berry (Jinx) in “007 - La morte può attendere"

  9. Christopher Reeve (Clark Kent - Superman) in “Superman”

  10. Uma Thurman (Beatrix Kiddo) in “Kill Bill Vol.2”

  11. Jack Nicholson (Daryl Van Horne - Satana) in “Le streghe di Eastwick”

  12. Nicole Kidman (Virginia Woolf) in “The Hours”

  13. Michael Douglas (William “Bill” Foster) in “Un giorno di ordinaria follia”

  14. Kate Winslet (Clementine Kruczynski) in “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”

  15. Burt Reynolds (Carl Henry) in “Driven"

  16. Jada Pinkett Smith (Fish Mooney) in “Gotham”

  17. Marlon Brando (Mc Carty) in “Il coraggioso”

Rita Savagnone: la voce delle dive

Tutti noi conosciamo l’inconfondibile accento napoletano di Sophia Loren, o la voce rauca e profonda di Claudia Cardinale, o ancora quella potente e melodica di Liza Minnelli. Ma se la terza, essendo straniera, nel parlato veniva doppiata, le prime due nella loro prima fase della carriera e soprattutto nelle produzioni internazionali avevano spesso una sola voce: Rita Savagnone.

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Rita Savagnone è considerata una delle più duttili e talentuose doppiatrici della sua generazione.

Per tutti gli anni '60 e '70 diventa voce di parecchie dive nostrane: oltre alle già citate Sophia Loren (in film come "Lady L", "La contessa di Hong Kong" e molti altri) e Claudia Cardinale ("Il bell’Antonio", "C’era una volta il West" e "Il giorno della civetta") anche Stefania Sandrelli ("Divorzio all’italiana" e "Sedotta e abbandonata", dove doppia nello stesso film l’attrice Daniela Rocca), Lucia Bosè, Claudia Mori, Caterina Caselli, Virna Lisi e tante altre.

Rita Savagnone è anche voce di tante dive straniere: Vanessa Redgrave ("Il segreto di Agatha Christie"), Edwige Fenech in un sacco di commedie sexy all’italiana, Whoopi Goldberg ("Sister Act 2", "Bogus", "Tartarughe Ninja"), Elizabeth Taylor ("Cleopatra" e "La bisbetica domata"), Joan Collins, Ingrid Bergman, Greta Garbo in alcuni ridoppiaggi, Lauren Bacall, Ursula Andress, Shirley McLane e tante altre.

La sua voce scurae calda diventa adatta a doppiare attrici di colore e cantanti dotate anch’esse di una voce incisiva: Diana Ross ("La signora del Blues"), Aretha Franklin ("The Blues Brothers") e naturalmente Liza Minnelli ("Cabaret" e "New York New York").

La sua bravura nel seguire le attrici doppiate ha fatto sì che nessuno si accorgesse mai della differenza tra la voce della Loren e la sua, e si può dire che molte attrici italiane doppiate dalla Savagnone abbiano acquisito più personalità rispetto all’originale. Pensiamo al doppiaggio in siciliano di Claudia Cardinale in "Il giorno della civetta", dove interpreta una popolana, completamente diverso dal personaggio di "C’era una volta il West": un’ex prostituta americana; la Savagnone riesce a scindere completamente i due ruoli e a dare grande drammaticità ai capolavori del nostro cinema.

Ma anche sul fronte dell'animazione la ricordiamo in molti ruoli famosi, ad esempio quello della regina Cleopatra (cinque anni dopo il medesimo ruolo sull’attrice in carne ed ossa Elizabeth Taylor), la iena Shenzi (doppiata in originale da Whoopi Goldberg) in "Il re leone" e recentemente nel ruolo della pecora nera ex diva Miss Nana Noodleman del lungometraggio "Sing".

Attrice completa, la ricordiamo in televisione nella fiction "I Cesaroni" accanto a suo figlio Claudio Amendola, padre di Alessia Amendola, anche lei doppiatrice ed ennesimo talento di una grande famiglia d’arte.

Se Giuseppe Rinaldi resta il "camaleonte maschile" dell’epoca d’oro del doppiaggio, capace di passare da un genere all’altro con facilità, la sua controparte femminile resta sicuramente Rita Savagnone, la nostra "Diva del doppiaggio".

Articolo a cura di Alessandro Delfino


Le voci più belle di Rita Savagnone

  1. Stefania Sandrelli - Angela in "Divorzio all’italiana" e Agnese Ascalone in "Sedotta e abbandonata"
  2. Elizabeth Taylor - Caterina in "La bisbetica domata"
  3. Regina Cleopatra in "Asterix e Cleopatra" 
  4. Claudia Cardinale - Rosa Nicolosi in "Il giorno della civetta" e Jill Sanders in "C’era una volta il West" 
  5. Edwige Fenech - Giovannona Coscia lunga in "Giovannona Coscia lunga disonorata con onore"
  6. Liza Minnelli - Francine Evans in "New York New York" 
  7. Whoopi Goldberg - Suor Maria Claretta in "Sister Act 2" 
  8. Aretha Franklin in "The Blues Brothers" 
  9. Elizabeth McGovern - Deborah Gelly in "C’era una volta in America" 
  10. Shenzy in "Il re leone" 
  11. Bette Milder - Dottoressa Perkins in "What Women Want"

Rodolfo Bianchi: direttore del doppiaggio

Se l'arte del doppiaggio è un fiore all'occhiello per l'Italia è di certo merito di professionisti assoluti come Rodolfo Bianchi, voce di tantissimi attori famosi ma anche direttore del doppiaggio in film pluripremiati come “Youth - La Giovinezza” o “The Wolf of Wall Street”. Anche con Rodolfo Bianchi parliamo di voce nella videointervista a cura di Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Rodolfo Bianchi su VOCI.fm, che cosa significa essere un doppiatore e anche un direttore di doppiaggio?
Significa misurarci con opere spesso bellissime, sia cinematografiche che televisive. Nel mio caso ho avuto l'opportunità di dirigere film di grandi registi come Martin Scorsese o Paolo Sorrentino (quando gira in inglese, ovviamente) ed è una grande soddisfazione. Poi significa essere inserito in una specializzazione del mestiere di attore (io stesso lo sono, in fiction e teatro) qual è il doppiaggio che, polemiche occasionali a parte, è una vera eccellenza italiana nel mondo, tutti ne parlano bene. Ovviamente dobbiamo essere messi nelle condizioni e nei tempi di poterlo far bene.

Un personaggio al quale è più legato o che comunque è stato particolarmente felice di doppiare?
Ma, in generale, ogni personaggio sono sempre ben felice di farlo perché è una misura su cui mettersi alla prova. Dovessi proprio dire, Harvey Keitel in “Youth - La Giovinezza” di Paolo Sorrentino e quando ha fatto “Il cattivo tenente”, Bruno Ganz ne “La caduta”, Jeff Bridges e devo dire che sono attori così tanto bravi che a volte ti senti proprio piccolo nel cercare di fare quello che fanno loro.

Di solito chiediamo che cosa bisogna fare per diventare un bravo doppiatore. Invece stavolta voglio chierle cosa “non” bisogna assolutamente fare?
Imitare, mai cercare di imitare. Bisogna essere sempre se stessi e cercare di mettere qualcosa per riuscire a restituire colori, toni emozioni. Perchè questo è il nostro lavoro. Un grande saluto a VOCI.fm, da Rodolfo Bianchi.



RODOLFO BIANCHI: CENNI BIOGRAFICI

Rodolfo Bianchi è nato a Roma il 1º settembre 1952. E' attore teatrale e televisivo, doppiatore e apprezzato direttore del doppiaggio e dialoghista. Suo il premio per la miglior direzione del doppiaggio nei film “The Departed - Il bene e il male”, “Shutter Island”, “The Wolf of Wall Street”, “The Hateful Eight”. Nel 2015 ha vinto l'anello d'oro e il leggio d'oro per “Youth - La giovinezza” di Paolo Sorrentino e nel 2017 è stato eletto miglior doppiatore per una serie TV (Gran Premio Doppiaggio 2017), grazie al suo doppiaggio di Einstein nella serie TV di National Geographic. Rodolfo Bianchi ha prestato la voce per molti spot pubblicitari, sceneggiati televisivi e riduzioni per la radio; inoltre è speaker di moltissimi trailer cinematografici. Per il cinema ha doppiato attori come Gérard Depardieu, James Caan e Jeremy Irons. Per la televisione ha prestato la voce al personaggio di John Locke in “Lost”, Chuck Norris in “Walker Texas Ranger”, Koichi Zenigata negli anime di “Lupin III”.

Salvo Esposito e Chef Rubio voci ne "I Primitivi"

Un'insolito cast di doppiatori dà voce ai protagonisti del film d'animazioneI Primitivi”: professionisti del cinema come Riccardo Scamarcio, Paola Cortellesi e Greg e personaggi che provengono da mondi diversi, come il calciatore Alessandro Florenzi. Quindi, per par condicio :-) la giornalista Patrizia Simonetti ha video-intervistato prima un attore del calibro di Salvatore Esposito (Gomorra) e poi un volto diverso della tv e dello sport: Chef Rubio. Ne “I Primitivi” sono “Lord Nooth” e “Gordo”

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Salvatore Esposito su VOCI.fm, attore notissimo e anche doppiatore. In questo caso ti sentiamo ne “I Primitivi”, che personaggio fai e quanto ti è piaciuta questa esperienza?
Interpreto “Lord Nooth”, il cattivo del film, che con la sua voglia di denaro (bronzo), cerca di andare oltre a quelle che sono le regole del gioco del calcio. Però mi sono divertito molto e spero che il personaggio farà molto sorridere nella sua cattiveria. Si, è stata una bellissima esperienza.

Gli hai dato, peraltro, una voce molto particolare, un pò “tedesca”, come ti è uscita?
Si, è una chiave umoristica che abbiamo cercato di dare al personaggio, ci siamo sbizzarriti molto, sia con i dialetti che con le lingue. Credo sia venuto fuori qualcosa di divertente, speriamo!

Pensi di continuare nel doppiaggio? Soprattutto, quando ti hanno chiamato per dare la voce a questo personaggio... cosa hai pensato?
Bah, all’inizio io non sapevo se sarei stato in grado o meno di interpretare questo personaggio; ho capito che è un mestiere difficile quello del doppiatore, però mi sono lasciato guidare ed ho iniziato a divertirmi. Quindi credo che i risultati siano buoni.

Tu dovresti essere avvantaggiato, perché per essere doppiatori dicono che bisogna prima di tutto essere attori.
Si, ma attraverso il doppiaggio, hai un modo diverso di portare le emozioni, non è più soltanto con gli occhi, i movimenti e la voce, ma è utilizzando solo quest'ultimo strumento. Quindi è diverso, anche se è normale che essendo un buon attore, puoi riuscire ad essere anche un buon doppiatore.

Se ti richiamassero lo rifaresti?
Si, si, si, mi sono divertito molto, assolutamente. Un grandissimo saluto agli amici di VOCI.fm da Salvatore Esposito..



Chef Rubio su VOCI.fm, com'è andata questa prima esperienza con “I Primitivi”?
Bene! E' stata divertente, breve e intensa :-)

Tu continui a dire che hai soltanto “masticato” un pallone, dai non è vero!
Ho detto due, tre frasi collegate comunque alla masticata, tutto concentrato nel giro di qualche secondo, però è stato divertente e seppure sia durato poco, in sala siamo stati per mogugni e frasi varie un’oretta buona.

Ti è sembrato interessante, una strada che forse potresti anche continuare divertendoti?
Il doppiaggio è un lavoro vero e proprio e quindi come tale va trattato e coltivato, non ci si inventa niente, quindi semmai dovrei essere richiamato in causa, sicuramente dovrei mettermi sotto a studiare. Ciao a tutti gli amici di VOCI.fm da Chef Rubio.



I PRIMITIVI - trama: il giovane cavernicolo Dug vive nella foresta in armonia con la sua tribù, ancorata allo stile di vita elementare dell'Età della pietra, finché un gruppo di guerrieri già entrati pienamente nell'Età del bronzo caccia tutti i (relativamente più) primitivi nelle aride Badlands, sottraendo loro le terre più fertili. Ma Dug non si rassegna e si infiltra nel territorio del nemico, dove apprenderà che il gioco preferito nell'Età del bronzo è.... il calcio. Regia: Nick Park - Distribuzione: Lucky Red

Sergio Graziani e Paolo Ferrari: voci d'altri tempi

Quante volte avrete pensato a come sarebbe bello avere in garage la DeLorean di “Ritorno al futuro” e poter tornare in un’epoca passata a piacimento per vedere come erano e come andavano le cose tanti anni fa? Oggi parliamo proprio di passato, di quando un doppiatore era per forza di cose anche un vero attore, come nel caso di due mostri sacri che purtroppo ci hanno lasciati di recente: Sergio Graziani e Paolo Ferrari.

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In un’epoca in cui si respirava e si faceva parecchio teatro, Sergio Graziani e Paolo Ferrari erano interpreti di grandissime opere e sceneggiati televisivi che abbellivano e acculturavano la nostra Penisola; dal programma Rai “Il Mattatore” (protagonisti Vittorio Gassman e Paolo Ferrari), al romanzo di Graham Greene “Il potere e la gloria”, portato in teatro da Sergio Graziani diretto da Luigi Squarzina; dai film al cinema di “Ettore Fieramosca” (dove Ferrari esordisce bambino), alla commedia all’italiana dove Sergio Graziani si confronta con i più grandi attori dell’epoca: Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi nel film “Signore e signori buonanotte”.

Attori completi che non potevano ignorare il doppiaggio: entrambi donano il loro timbro a grandissimi protagonisti del panorama mondiale: Ferrari è stata la voce di Humphrey Bogart, David Niven e Roger Moore, mentre Graziani ha doppiato per anni Donald Sutherland, Michael Caine e Peter O’Toole.

E' soprattutto Paolo Ferrari ad essere rimasto famoso per aver ridoppiato Humphrey Bogart nei film più famosi della star hollywoodiana dell’epoca d’oro del cinema: “Il grande sonno”, “Il mistero del falco”, “Gli angeli con la faccia sporca”. Da ricordare anche la sua voce data al francese Jean-Louis Trintignant nei film “Il sorpasso di Dino Risi” (di nuovo in coppia con Gassman) e “Estate violenta” di Valerio Zurlini.

Mentre Ferrari si dedica in maniera alternata a tutte le arti (cinema, teatro, doppiaggio e televisione, diventando soprattutto un volto famoso dell’epoca), Sergio Graziani si dedica soprattutto al doppiaggio. E diventa negli anni sessanta una delle voci più importanti della CDC, assieme a tanti rivoluzionati attori al leggio come Giuseppe Rinaldi, Oreste Lionello, Ferruccio Amendola, Cesare Barbetti, Pino Locchi e doppiatrici straordinarie come Maria Pia Di Meo, Rita Savagnone e Vittoria Febbi.



la voce tagliente e lord di Graziani si sposa perfettamente sia con attori inglesi del calibro di Peter O’ Toole (memorabile la sua interpretazione in “Lawrence d’Arabia”) e Michael Caine (“Due figli di...” e “Vita da strega”), ma anche attori americani spesso in ruoli ambigui come Donald Sutherland, con cui instaura un legame voce-volto nella maggior parte delle sue pellicole.

Anche nel cinema italiano doppia spesso attori famosi, specialmente in film di genere degli anni sessanta e settanta; sua la voce di Terence Hill (nei primi film in coppia con Bud Spencer “Dio perdona io no”, “I quattro dell’Ave Maria” e “La collina degli stivali”), di Franco Nero (“Il mercenario”, “Il giorno della civetta”, “Vamos a matar companeros”), Klaus Kinski (“Nosferatu”) e Farley Granger nel ruolo del cattivissimo, ma alla fine innocuo, Maggiore Harriman nel film “Lo chiamavano Trinità”.

Sergio Graziani e Paolo Ferrari rappresentano davvero un duo d’altri tempi che vogliamo ricordare su VOCI.fm con una carrellata di voci e di emozioni...

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Serie TV: LA CASA DI CARTA su Voci.fm

Lo facciamo sia per i film che, come in questo caso, per le serie televisive: analizziamo trama, attori e, soprattutto, doppiaggio. E vi diamo il nostro punto di vista. E' la rubrica “SERIE TV con Alessandro Delfino”, un appuntamento speciale solo sul #sitodellevoci. Questa recensione riguarda “La casa di carta”, serie televisiva Netflix di grande successo.

Articolo a cura di Alessandro Delfino


Come già detto, le serie tv ormai hanno raggiunto il dominio di visualizzazione da parte del pubblico preferendo alle poltrone del cinema, quelle del divano di casa propria. E in mezzo alle innumerevoli produzioni kolossal americane, emergono prodotti europei molto interessanti, come questo di cui parleremo oggi: “La casa di carta”.

Di produzione spagnola e distribuito dal servizio streaming più importante del momento, Netflix, “La casa di carta” prende ispirazione dai migliori film di genere thriller: “I soliti sospetti”, “Inside Man”, “Heat la sfida”, trattando la meticolosa rapina effettuata da otto persone (ognuno con un nome fittizio di città) guidate da un misterioso professore. Otto persone qualunque, ma tratteggiate in maniera meticolosa, con pregi e difetti umani, non sicuramente i tipici cliché da “cattivi“ del cinema.


La distribuzione italiana affida il compito a Lucio Saccone di restituire in italiano le nevrosi e i drammi dei personaggi di questo thriller adrenalinico. Ecco quindi che la protagonista e narratrice Tokyo (interpretata da Ursula Corbero) è doppiata da Eleonora Reti (già voce dell’attrice nella serie “Fisica e Chimica”), che segue alla perfezione la follia e la lunaticità del personaggio, tendente a vedere tutto come un gioco; Salvador Martin, detto “il Professore”, ha la voce scura di Andrea Lavagnino, che dà al personaggio un lieve tremolio al suo modo di parlare, apparentemente sicuro di sé, ma in realtà tutt’altro che coraggioso.

La poliziotta Raquel Murillo, incaricata di fermare i rapinatori, ha il volto di Itziar Ituno e la voce di Roberta Pellini (doppiatrice di attrici importanti come Charlize Theron, Diane Lane, Cate Blanchett), donna non più giovane, divorziata con una figlia piccola, in lotta con la vita, fragile, ma nello stesso tempo carismatica.

Completano il cast Roberto Draghetti e Flavio Aquilone, voci di Mosca e Denver (padre e figlio), Alessandro Quarta, nella parte dello psicopatico e glaciale Berlino, il giovane Mirko Cannella, voce dell’haker Rio e Perla Liberatori, voce della folkloristica Nairobi. Una serie in conclusione da non perdere, con una storia intrigante, attori bravissimi e un cast di voci tutt’altro che banale.
E voi avete visto “La casa di carta”?
 

Serie TV: WESTWORLD su Voci.fm

Lo facciamo sia per i film che, come in questo caso, per le serie televisive: analizziamo trama, attori e, soprattutto, doppiaggio. E vi diamo il nostro punto di vista. E' la rubrica “SERIE TV con Alessandro Delfino”, un appuntamento speciale solo sul #sitodellevoci. Questa recensione riguarda “Westworld”, serie televisiva Sky campione di incassi.

Recensione realizzata ad Ottobre 2018 da Alessandro Delfino


Nella nostra epoca lo streaming la fa ormai da padrone: le persone si sono tutte adeguate a questo nuovo potentissimo mezzo dove tra tutti spicca la piattaforma americana Netflix, esplosa anni fa nel mondo e anche da noi oggi mezzo indispensabile per la fruizione di film, ma soprattutto serie tv. Ed è proprio di una serie di cui oggi parliamo, prodotta dal canale americano HBO e già da qualche anno campione di ascolti: Westworld.

La serie, concepita da Lisa Joy e Jonathan Nolan (sì proprio il fratello minore del grande regista Christopher Nolan), narra di un avveniristico parco a tema chiamato appunto Westworld, ambientato nell’epoca dei cowboy. Le persone hanno la possibilità di vivere una vita avventurosa e assolutamente priva di pericoli..almeno in apparenza: gli androidi creati per recitare dei personaggi si riveleranno non proprio così mansueti.


La bellezza di questa serie è che essendo di alto budget, è stata concepita come un vero e proprio film a puntate: troviamo infatti importanti attori cinematografici come Evan Rachel Wood nel ruolo della protagonista Dolores, Thandie Newton in quella della prostituta Maeve, Jeffrey Right in quelle del dottor Bernard Lowe, James Marsden del cowboy innamorato di Dolores Teddy, ma soprattutto Ed Harris (l’uomo in nero) ed Anthony Hopkins, il dottor Robert Ford, creatore dell’intero parco a tema.

Non potevano mancare quindi nel doppiaggio delle grandi voci per questi grandi attori: Valentina Favazza su Evan Rachel Wood, Rossella Acerbo su Thandie Newton, Roberto Draghetti su Jeffrey Whright, Francesco Bulckaen su James Marsden, Rodolfo Bianchi su Ed Harris e Dario Penne su Anthony Hopkins; direttore del doppiaggio Sandro Acerbo.

Il direttore in questo caso capisce che molti attori necessitavano della loro voce abituale per permettere agli appassionati di ritrovare il loro attore preferito e sentirlo sul nuovo personaggio (ad esempio Dario Penne, che doppia Anthony Hopkins dai tempi de "Il silenzio degli innocenti", o Francesco Bulckaen, voce di Marsden in molti film, in particolare la saga degli "X-Men").

C’è un lavoro di sottrazione e di sfumatura vista la natura dei personaggi, soprattutto il ruolo degli androidi, catatonici, ma nello stesso tempo umani e pieni di paure represse. Ci voleva una grande dote attoriale per seguire questi straordinari attori, ma le nostre voci italiane riescono a restituire alla perfezione nella nostra lingua tutto il dramma e l’intensità dei protagonisti della serie. Voci intense per una storia tutta da scoprire.

Simone Cristicchi: cantautore dalle mille voci

Simone Cristicchi ci ha fatto ridere, riflettere ed emozionare con la sua musica. Ma il talento della voce, per lui, va oltre il saper cantare e, con il “teatro-canzone”, ci dimostra di essere anche un bravo attore e caratterista dalle mille voci!

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Simone Cristicchi su VOCI.fm. Cantante, ma soprattutto “teatro-canzone”. Quindi sei anche attore, no? Come usi la voce in questo particolare modo di proporsi al pubblico?
Il mio primo maestro è stato Alessandro Benvenuti, che è un grandissimo artista e monologhista, che sfrutta, appunto, i vari colori della propria voce per far parlare i personaggi. Di conseguenza, io seguo un pò le sue orme e mi diverto ad entrare in un personaggio e cambiare voce.

Ma tu fai anche il doppiatore?
No, non l’ho mai fatto, mi manca.

Infatti non era una domanda, era un consiglio: “devi fare anche il doppiatore” :-)!
Va bene, ci proverò! Promesso.

Senti, invece quando canti è la tua voce naturale?
Quando canto è sempre la mia voce. Questa voce “bambina” che rimane in un corpo che va... ad invecchiarsi. Una voce che poi è lo specchio della mia anima. Probabilmente si, ho un’anima bambina, ho un bambino dentro che non vuole crescere e la sua voce è quella che esce dalla mia bocca.

Quando hai capito e deciso che tu con la voce ci avresti lavorato in tutti i modi?
Non l’ho deciso…  sono diventato cantautore perché ho vinto un concorso, a 18 anni, e lì ho realizzato che una mia canzone (una mia creazione), poteva far emozionare il pubblico. Così ha preso il via questa avventura. Un saluto a VOCI.fm da Simone Cristicchi, a presto! 

 

SIMONE CRISTICCHI: CENNI BIOGRAFICI

Simone Cristicchi nasce a Roma il 5 Febbraio 1977, nel quartiere Tuscolano (vicino a Cinecittà). Matura parallelamente la passione per il disegno e il fumetto e un amore per la canzone d’autore.  Nel settembre del 2003 vince a Crotone il “Cilindro d’ Argento”, premio per cantautori emergenti e, nel 2005, firma un contratto discografico con Sony / Bmg; ad aprile raggiunge le zone alte dell'airplay e delle classifiche nazionali con il singolo “Vorrei cantare come Biagio”. Nello stesso anno vince il “Premio Musicultura” e poi il “Premio Giorgio Gaber”, il “Premio Carosone” come migliore canzone ironica; si rivela “artista dell’anno” nel Festival “Dallo Sciamano allo Showman” (Premio Renzo Bigi Barbieri). Nel 2006, partecipa al Festival di Sanremo nella sezione Giovani con “La bella gente”. Torna al festival l'anno dopo, ma nella sezione Big, e vince con "Ti regalerò una rosa”. Si ripresenta a Sanremo nel 2010 con "Meno male". Si distingue anche nel teatro - canzone, in cui i brani da lui scritti ed interpretati si inseriscono perfettamente nella vicenda teatrale e dimostrando doti da grande attore oltre che da cantautore. Importante ricordare anche il suo romanzo del 2006, dal titolo "Il Secondo figlio di Dio", in cui Simone Cristicchi ricorda David Lazzaretti, predicatore che nell'800 fondò il movimento "giusrisdavidico" sul Monte Amiata.

Simone D'Andrea: l'anime del doppiaggio

E' la voce giovane e simpatica di decine e decine di personaggi animati, ma allo stesso tempo è anche la voce “scura” di moltissimi attori come Matt Damon o Colin Farrell. Per questo, Simone D'Andrea, classe 1973, è uno dei doppiatori più talentuosi e versatili della nuova generazione. Ripercorriamo alcune tappe della sua carriera nel dossier realizzato per VOCI.fm da Alessandro Delfino.

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Il doppiaggio, come molti sapranno, è nato a Roma alla fine degli anni '30 e ancora oggi le più importanti società del settore operano nella nostra Capitale; ma non sono le sole. Negli anni '80 nascono anche importanti società a Torino e soprattutto a Milano.

Ed è proprio a Milano che nasce un doppiatore oggi socio della "Cast" a Roma ed una delle voci più presenti e duttili della nuova generazione: Simone D’Andrea.

Voce a Milano negli anni '90 soprattutto di tanti cartoni animati (come Trunks in Dragon Ball Z, Yuri in Piccoli problemi di cuore, Flash in Justice League e Justice League Unlimited, Dick Grayson / Nightwing in Batman cavaliere della notte, James del Team Rocket in Pokemon), negli anni 2000 inizia la sua svolta a Roma.

Doppia Colin Farrell in "La regola del sospetto" in coppia con Giancarlo Giannini (voce di Al Pacino) e diventa la voce ricorrente dell’attore (doppiandolo in altri film come Alexander, Parnassus, Come ammazzare il capo, Total Recall, Animali fantastici e dove trovarli).

Ma Simone D’Andrea non si limita a doppiare Colin arrell: diventa voce di attori come Brandon Routh (Superman Returns e Dylan Dog), Cillian Murphy (28 giorni dopo, Batman Begins, Inception, Dunkirk, Peaky Blinders), Channing Tatum, Jonathan Rhys-Meyers, Matt Damon, Edward Norton e tanti altri.

Oltre a Superman e Flash, Simone D’Andrea diventa voce di altri due importanti personaggi dei comics: il Joker di Jared Leto nel film "Suicide Squad" e "The Punisher" interpretato da Jon Bernthal nella seconda stagione di "Daredevil" e protagonista assoluto della serie dedicata al personaggio.

La sua voce, leggera all’inizio della carriera, è diventata con gli anni scura e calda, dotata di un timbro pulito, ma capace di sporcarsi quando serve; pensiamo all’ironico personaggio di Mark Watney interpretato da Matt Damon in "The Martian -  Sopravvissuto", completamente diverso dal tiranno e ambiguo Ramses intepretato da Joel Edgerton nel film Exodus (entrambi diretti da Ridley Scott).

Simone D’Andrea è riuscito con il tempo ad andare oltre le barriere, dimostrando che non esiste un doppiaggio di Milano o di Roma, ma un unico e magico mondo delle voci.

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Le voci più belle di Simone D'Andrea

  1. Trunks in “Dragon Ball Z”

  2. Yuri in “Piccoli problemi di cuore”

  3. James in “Pokemon”

  4. Colin Farrell - James Douglas Clayton in “La regola del sospetto”

  5. Colin Farrell - Alessandro Magno in “Alexander”

  6. Cillian Murphy - Dottor Crane (Spaventapasseri) in “Batman Begins”

  7. Brandon Routh - Clark Kent in “Superman Returns”

  8. Casey Affleck - Patrick Kenzie in “Gone Baby Gone”

  9. Matt Damon - Mark Watney in “Sopravvissuto - The Martian”

  10. Joel Edgerton - Ramses in “Exodus: Dei e Re”

  11. Jared Leto - Joker in “Suicide Squad”

  12. Jon Bernthal - Frank Castle in “Daredevil”

Simone Mori: intervista alla voce di Omar Sy

Essere figli d'arte può aiutare, ma per imporsi nel mondo del doppiaggio servono talento, versatilità, ironia e tanta scuola di recitazione. E' il caso di Simone Mori, voce di Omar Sy e di tantissimi altri attori. Un grande professionista ma anche una persona umile e simpatica. Intervistato per VOCI.fm da Patrizia Simonetti.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Simone Mori su VOCI.fm, buongiorno!
Ciao a tutti!

Senti Simone, come si fa a lavorare con la voce? Io mi sveglio, mi rendo conto di avere una bella voce, so anche un pochino interpretare… mi metto a fare la doppiatrice! Ma si fa così?
Beh, molti lo pensano purtroppo! Io sono per una formazione differente. Quando ho detto a mio padre (Renato Mori), doppiatore, che avrei voluto intraprendere la sua stessa carriera, mi ha risposto “iscriviti all’Accademia, fai le tue belle scuole da attore e poi specializzati nel doppiaggio. Così, infatti, dovrebbe essere. Anche perché se campassero solo quelli con la bella voce, io sarei a casa!

Si sente dire che i doppiatori sono una casta, sempre le stesse famiglie… poi invece ci si contraddice dicendo che questo è un lavoro meritocratico. Io chiedo a te: quanto aiuta avere in famiglia qualcuno che già è del mestiere?
All’inizio aiuta, è indubbio. Un direttore di doppiaggio è più facile che si ricordi (e questo valeva soprattutto quando sono partito con questo lavoro, anni fa) di uno con un nome conosciuto, come è stato nel mio caso. L’aiuto finisce qui, perché poi vai avanti solo se te lo meriti e se dimostri di essere capace. Il discorso delle “famiglie” si riferisce ad un caso diverso dal mio, che ho iniziato tardi a fare il doppiatore, e quindi a quei bambini che entrano in sala di doppiaggio insieme ai genitori che sono già professionisti. Serve un ruolo infantile? Il direttore può chiederti di portare tuo figlio, che così si avvia fin da piccolo a questo lavoro, Ma poi non tutti funzionano e quindi c’è chi prosegue e chi no. Non siamo assolutamente una “casta”, noi doppiatori siamo molto aperti. E’ anche vero che oggi sono moltissimi gli attori che cercano di specializzarsi e l’imbuto e stretto.

La risposta è sincera, ti ringrazio. Senti, quale è stato il doppiaggio che ti ha dato più soddisfazione?
Forse “Carnage”, “Magnolia” (ero la voce di John C. Reilly, un attore a cui tengo molto), “Friends” perchè David Schwimmer mi ha dato popolarità, ultimamente l’attore francese Omar Sy perché mi diverte molto e sta avendo grande successo.

Il consueto consiglio agli utenti di VOCI.fm che vogliono intraprendere la carriera da doppiatore o doppiatrice?
Studiate! Diventate bravi attori e vedrete che così sarà molto facile imparare l’arte del doppiaggio. Io dico sempre a chi viene a fare i provini da doppiatore che la parte tecnica si impara velocemente, ma se non sai recitare non vai da nessuna parte.

Quindi è più importante l’interpretazione del sync?
Assolutamente: 10 contro 2. Un saluto a VOCI.fm da Simone Mori

 

Speciale doppiaggio: Hotel Transylvania 3 (con Claudio Bisio)

Nei cinema italiani dal 22 Agosto 2018, “Hotel Transylvania 3 - Una Vacanza Mostruosa” è l'ultimo capitolo della saga firmata Sony Pictures Animation, diretto ancora dall'ottimo regista Genndy Tartakovsky. Ci interessa la trama, la tecnica e l'animazione ma soprattutto, per noi di VOCI.fm, è importante il doppiaggio. E se non avete visto i primi due film, difficilmente riconoscerete la voce italiana di Dracula (ovvero “Drac”), che è sempre sua, del “mattatore” Claudio Bisio. Non ci credete? Guardatelo all'opera in sala di doppiaggio :-)

Servizio a cura di Patrizia Simonetti

Pur non considerandosi un vero doppiatore, Claudio Bisio non si tira mai indietro davanti a un microfono e un leggio, sempre felice di prestare la sua voce, per quanto “camuffata”, a personaggi di film d'animazione, come è stato per il bradipo “Sid” ne “L'era Glaciale” e come è di nuovo con “Drac” in “Hotel Transilvania”, sotto la direzione di Alessandro Rossi, senza dubbio uno dei più autorevoli doppiatori e direttori del doppiaggio in Italia.

Stavolta il compito si è rivelato un pò più arduo rispetto al primo e al secondo film della serie, visto che il notturno protagonista Drac si è parecchio “umanizzato”, acquistando più anima (per quanto possa averne un vampiro!) e davvero tanti sentimenti.

Perchè dopo oltre un secolo passato a distribuire chiavi e munire il suo albergo di ogni mostruoso comfort a disposizione, anche il vampiro più indaffarato della Transilvania ha sentito il bisogno di una piccola pausa estiva, invece di occuparsi sempre delle vacanze degli altri presso il suo magnifico hotel.

Mento affilato, occhiaie profonde e tintarella di luna, il bisbetico Dracula (voce originale di Adam Sandler ed in Italia di Claudio Bisio) si lascia convincere dalla figlia Mavis (voce originale di Selena Gomez ed in Italia di Cristiana Capotondi) a imbarcarsi con tutta la famiglia su una gigantesca nave da crociera extra-lusso. Ovviamente si unisce a loro anche il resto del gruppo: Frank e signora, il lupo mannaro Wayne con la disordinata cucciolata, il riservato uomo invisibile Griffin, la maliziosa mummia Murray e il mansueto, taciturno mostro di gelatina Blobby.

Ma mentre tutti si divertono moltissimo e partecipano alle attività e alle attrazioni di bordo, invece che dai colossali buffet illimitati, dalle piscine cristalline e dalle insolite escursioni, la curiosità del cinico conte viene stuzzicata dalla misteriosa donna capitano della nave: la seducente Ericka, nient'altro che la discendente del famigerato cacciatore di vampiri Van Helsing.

Il flirt estivo intorno al quale ruota “Hotel Transylvania 3 - Una vacanza mostruosa”, non solo metterà a rischio il delicato equilibrio famiglia-amore appena sbocciato, ma minaccerà di distruggere l'intera razza dei mostri.

Il film si caratterizza proprio per questa vicenda familistica, molto semplice ma in grado di generare gag davvero divertentissime. Ed il regista Genndy Tartakovsky si è proprio sbizzarrito tra smorfie, capitomboli, assurdità assortite, esilaranti scene gratuite, corpi che si piegano e si dimenano senza articolazioni.

Si nota una cura meticolosa per la recitazione, la mimica, le inquadrature e il ritmo, che rendono“Hotel Transylvania 3 - Una vacanza mostruosa”, una visione piacevole sia per i più piccoli che per i genitori.

Fonte comingsoon.it

Toni Servillo: voce narrante di Zanna Bianca

"Sicuramente la voce è la porta attraverso la quale si entra nell’intimità di una persona perché la voce risuona della profondità nascosta di noi”. Parola di Toni Servillo, attore e doppiatore, che torna sul grande schermo come voce narrante di Zanna Bianca, al cinema da giovedì 11 Ottobre 2018. Ce ne parla, e ne parla con Toni Servillo, Patrizia Simonetti per VOCI.fm.

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Avevamo già riconosciuto la sua voce in quella dell'Aviatore nel “Piccolo Principe” diretto da Mark Osborne e anche in quella della pantera Bagheera ne “Il libro della giungla” di Favreau, nonché nel narratore del corto di animazione francese “L'uomo che piantava gli alberi”, nella versione originale di Philippe Noiret. Toni Servillo è anche la sua voce in “Zanna Bianca” di Alexandre Espigàres che trasforma per la prima volta il romanzo di Jack London in un lungometraggio d’animazione.


Una voce narrante, la sua, che ascoltiamo all’inizio e alla fine del film, una nuova esperienza in sala di doppiaggio che Toni Servillo definisce così:
“Un piacere avere l’opportunità di poter partecipare a un film tratto da un romanzo che fa parte dei ricordi più belli della mia gioventù di lettore. Quando ho letto da ragazzo Zanna Bianca ho scoperto Jack London, quindi ho letto subito Il richiamo della foresta e poi il suo capolavoro che è Martin Eden, ed è esattamente quello che mi auguro partecipando a un film del genere: che i ragazzi possano scoprire dietro questo film un grande scrittore e che i nonni o i papà, le mamme accompagnino i figli raccontando chi è Jack London e regalandogli il libro. Siamo in presenza di un film tratto da un classico della letteratura e che in un mondo assediato dalle mode, come tutti i classici invece, si sottrae un po’ dalle mode e ci fa riflettere su delle cose che sono immutabili nella formazione di un ragazzo”.


Zanna Bianca è senza alcun dubbio uno dei libri più importanti della letteratura per ragazzi scritto da Jack London nel 1906 a raccontare di un piccolo lupo, con un quarto di sangue di cane, che vive nel bianco del Grande Nord fino ad essere adottato dalla tribù di Castoro Grigio assieme a sua madre, ex lupa da slitta del capo indiano, che però sarà poi costretto a cederlo ad un uomo senza cuore che gli farà conoscere il bastone per educarlo ai combattimenti tra cani. Zanna Bianca sarà però salvato ancora da una coppia di brave persone che questa volta gli insegneranno a controllare la sua aggressività e a trasformarsi nel loro migliore amico. Il film, un live action che strizza l’occhio al western, ripercorre abbastanza fedelmente quella che è stata la vita dura e di crescita del protagonista de llibro, metà cane e metà lupo, sempre combattuto tra le due nature tra le quali alla fine dovrà per forza scegliere, un romanzo di formazione canina, ma non solo, a tratti anche violento e molto duro, con l’accento su valori come l’integrazione, la lealtà, il coraggio, l’amore per gli animali. Non per niente Zanna Bianca sostiene L’Enpa, l’Ente nazionale protezione animali, nel suo progetto di tutela e rieducazione per cani ex combattenti. Un film di animazione dove, a differenza di quasi tutti gli altri, gli animali non parlano:
“Si mantiene un rispetto per il mondo animale ma anche per il mondo naturale sacrale perché diverso e distinto da noi - commenta Toni Servillo - e proprio perché distinto dall’umano si raccontano poi gli incontri con l’umano nelle loro dimensioni affettuose e anche conflittuali. Cioè si fa un po’ di chiarezza in modo che il messaggio più bello che si offre al giovane spettatore è che la vita è un’avventura in un pianeta meraviglioso che noi attraversiamo con la consapevolezza di sapere che lui resta e noi non ci saremo più”.


Quanto è importante dunque la voce per un attore e quanta attenzione bisogna avere per usarla al meglio?
“Sicuramente la voce è la porta attraverso la quale si entra nell’intimità di una persona perché la voce risuona della profondità nascosta di noi, e poi perché la voce è lo strumento attraverso cui esprimere le parole – risponde Servillo - E se le parole sono chiare, precise, importanti, la responsabilità che si assume una voce è quella di restituire quell’importanza. Sapendo di leggere per dei ragazzini soprattutto tra i 6 e i 13 anni le parole di un grande scrittore, me ne sono assunto la responsabilità mettendo in quel caso soprattutto evidentemente a disposizione di questa espressione, la voce”.


Articolo a cura di Patrizia Simonetti
 

Tonino Accolla: mattatore del leggio

Vi ricordate la risata di Eddie Murphy? E quella di Homer Simpson? E poi, come ridevano Ace Ventura o Timon de “Il Re Leone”? Una risata fa bene al cuore, all’animo e chi meglio di altri è riuscito nel doppiaggio a strapparla più di Tonino Accolla

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Dotato di una grande vena comica, Accolla riesce a donare simpatia e personalità ai personaggi doppiati, un attore dotato non solo di un registro comico, ma anche drammatico. Sua infatti è la voce di Mickey Rourke nel film cult "Nove settimane e mezzo", del presidente degli Stati Uniti Bill Pullman in "Indipendence Day", della scimmia tiranna Tim Roth in "Il pianeta delle scimmie" e dello smagrito Christian Bale in "L’uomo senza sonno".

Ma è sicuramente la commedia dove Tonino Accolla spicca, con la sua ironia brillante e la sua voce pungente riesce a doppiare attori completamente diversi: Tom Hanks nei suoi primi film degli anni Ottanta (come "Splash una sirena a Manhattan"), Hugh Grant nel film "Nine Month imprevisti d’amore", Billy Crystal nella celebre commedia sentimentale "Harry ti presento Sally".

Ma è nel 1982 che Accolla presta la voce ad un giovane attore di colore che diventerà negli anni Ottanta e Novanta un’icona della comicità: Eddie Murphy. Nel film "48 ore", poliziesco serio con Nick Nolte, il personaggio di Reggie Hammond interpretato da Murphy è una spalla comica talmente riuscita da sovrastare Nolte (tanto che negli anni Novanta nel seguito "Ancora 48 ore" Murphy, ormai famoso, diventerà protagonista assoluto relegando praticamente Nolte a spalla).

Da quel momento, la carriera di Murphy va in ascesa e Accolla lo doppia in tutti i suoi film (tra i più famosi, "Beverly Hills Cop", "Una poltrona per due", "Il principe cerca moglie", "Il professore matto") seguendo meticolosamente l’attore comico, dotato di una parlantina veloce non facile da replicare. Famosa è la risata di Murphy che in italiano Accolla rende ancora più divertente tanto che lo stesso Eddie Murphy non manca di rendere merito al suo doppiatore; la migliore prova Accolla la dà nello spettacolo "Nudo e crudo" del 1987, tratto dallo spettacolo dove Murphy si esibisce intrattenendo il pubblico con sketch comici. Il risultato è talmente esilarante che ormai si crea il voce-volto e il pubblico italiano non riesce ad immaginare Murphy con un’altra voce.

Nel 1994 Tonino Accolla doppia un altro giovane comico che con il film "Ace Ventura" riesce ad imporsi nel panorama cinematografico: Jim Carrey. Il personaggio stralunato e bizzarro dell’acchiappa animali riesce a divertire e a diventare cult per la generazione degli anni novanta tanto da creare un seguito ("Ace Ventura missione in Africa"); dividendosi con il doppiatore Roberto Pedicini, Accolla doppia ancora Carrey in film comici come "Io me e Irene" e soprattutto "Una settimana da Dio", altro film comico molto amato.



>Ma è anche nel fronte animazione che Accolla viene ricordato: pur avendo doppiato poco nel settore viene ricordato per due personaggi destinati a diventare memorabili: "Timon" in "Il re leone" (Disney) ma soprattutto Homer Simpson nella celebre sitcom "I Simpson". Grazie al suo talento, Accolla riesce a dare al grasso e pigro protagonista della serie animata una personalità talmente forte da rendere il personaggio ancora più esilarante dell’originale doppiato da Dan Castellaneta; non solo... Accolla aggiunge alcuni termini che in originale non esistono come: brutto bagarospo (Why you little) o Ciucciati il calzino (eat my shorts) oppure la celebre esclamazione Doh! In una delle sue ultime interviste Accolla confessa di amare talmente il personaggio tanto da ridere lui stesso quando adatta le battute dall’inglese all’italiano.

Molto importante la sua carriera di direttore del doppiaggio dove Accolla dirige tanti cult degli anni ottanta e novanta: film come "Una pallottola spuntata", "Hot Shots", "Il silenzio degli innocenti", "Robin Hood principe dei ladri", "Mrs Doubtfire", "Leon", "Braveheart", "Romeo+Giulietta", "Il quinto elemento", "Tutti pazzi per Mary", "Titanic", "Avatar".

Tonino Accolla ci lascia nel 2013, ma i suoi doppiaggi rimangono. Per sempre.

Le più belle voci di Tonino Accolla:

  1. Eddie Murphy - Reggie Hammond in “48 ore”
  2. Tom Hanks - Allen Bauer in "Splash! Una sirena a Manhattan"
  3. Mickey Rourke - John Gray in "Nove settimane e mezzo"
  4. Eddie Murphy - Billy Ray Valentine in "Una poltrona per due"
  5. Kenneth Branagh - Enrico V in "Enrico V"
  6. Billy Cristal - Harry Burns in "Harry ti presento Sally"
  7. Eddie Murphy - Ax Fooley in "Beverly Hills Cop"
  8. Jim Carrey - Ace Ventura in "Ace Ventura l’acchiappa animali"
  9. Dan Castellaneta - Homer Simpson ne "I Simpson"
  10. Eddie Murphy - Principe Akim in "Il principe cerca moglie"
  11. Gary Oldman - Norman Stansfield in "Léon"
  12. Hugh Grant - Samuel Faulkner in "Nine Months Imprevisti d’amore"
  13. Nathan Lane - Timon ne "Il re leone"
  14. Ralph Fiennes - Lenny Nero in "Strange Days"
  15. Bill Pullman - Presidente Thomas J.Whitmore in "Indipendence Day"
  16. Eddie Murphy - Sherman Klump - Buddy Love ne "Il professore matto"
  17. Tim Roth - Generale Thade ne "Il pianeta delle scimmie"
  18. Ben Stiller - Ted Strohemann in "Tutti pazzi per Mary"
  19. Jim Carrey - Bruce Nolan in "Una settimana da Dio"
  20. Christian Bale - Trevor Reznik in "L’uomo senza sonno"

Articolo a cura di Alessandro Delfino

Tullio Solenghi: lunga vita al doppiaggio italiano

Non servono presentazioni per Tullio Solenghi: tutti lo conosciamo come componente del "Trio" con Massimo Lopez e Anna Marchesini. Ma non solo! E' attore teatrale di indiscutibile talento, personaggio televisivo di fama e bravo doppiatore, soprattutto nei personaggi di animazione come l'indimenticabile Scar de “Il Re Leone”. Patrizia Simonetti lo ha incontrato proprio per parlare di doppiaggio.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Tullio Solenghi su VOCI.fm. Quanto ti piace e qual è il doppiaggio che ti ha dato più soddisfazione?
Non ho fatto molto doppiaggio, però mi ha dato tanta soddisfazione il personaggio di Scar ne “Il Re Leone” (il cattivo). Spesso mi fermano per ricordarmi quella voce e quella situazione. Ho fatto poco doppiaggio perchè ero sempre in giro col teatro e quindi non potevo essere “a disposizione”, cosa indispensabile per lavorare in sala. Reputo comunque il doppiaggio un'attività molto gratificante, anche se si esce poco alla luce del sole, perchè la propria voce si imprime su personaggi che fanno la storia dello spettacolo, del cinema e della televisione.

E il fatto di lavorare soltanto con la voce, mettendo da parte il corpo e le espressioni facciale è difficile o, appunto, gratificante?
E' gratificante proprio perchè è difficile, una cosa che se fatta bene lascia il segno. Se non è fatta bene, scivola via. E' un mestiere profondo, complesso ma esaltante quando arrivi a praticarlo con tutti i crismi.

Ti senti di dire “andate avanti” ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di doppiatori?
Assolutamente si, credo proprio che non si arriverà mai a scegliere solo il film coi sottotitoli e ritengo che, a livello di doppiatori, l'Italia possa insegnare non solo a livello europeo, ma mondiale.

Un consiglio che puoi dare?
Di verificare il proprio talento, ma è una regola che vale per tutte le forme di spettacolo. Perchè l'arte è un mondo che non accetta le mezze misure (o “mezze calzette”) e non è un obbligo fare gli attori. Per cui, verificare il vostro talento, per evitare di soffrire. Saluti da Tullio Solenghi a VOCI.fm


TULLIO SOLENGHI: CENNI BIOGRAFICI

Tullio Alberto Solenghi, noto semplicemente come Tullio Solenghi (Genova, 21 marzo 1948) è un attore, comico, regista teatrale, personaggio televisivo, imitatore e doppiatore italiano. Dal 1982 al 1994 ha fatto parte del “Trio” con Massimo Lopez e Anna Marchesini, eccezionalmente ricostituitosi per l'ultima volta nel 2008. Viene conosciuto dal grande pubblico per il programma “Helzapoppin” su Radio 2, nei primi anni '80. In seguito al grande successo di questa trasmissione radiofonica, insieme al Trio partecipa a vari programmi televisivi come “Tastomatto”, “Domenica in”, “Fantastico 7” e per ben tre edizioni del “Festival di Sanremo” (1986, 1987 e 1989). Sulla sua esperienza, Solenghi ha scritto anche il libro “Uno e Trino” (1995, Edizioni Associate). Come doppiatore, Tullio Solenghi ha prestato la voce al perfido Scar nella versione italiana del film d'animazione “Il re leone” (1994), firmato Walt Disney. Ma in sala di doppiaggio ha partecipato anche a “Il viaggio fantastico” (in cui doppia Cristoforo Colombo), “Scimmie come noi”, “Justin e i cavalieri valorosi”, “Casper - Un fantasmagorico inizio”. Indimenticabili gli spot Lavazza di cui è testimonial e protagonista nel periodo 1995-1999 e 2014-2016. A partire dal 2008 conduce la cerimonia di premiazione dei David di Donatello.

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: "s" e "z", la pronuncia

Quante volte, nel leggere un testo, vi chiedete se quella "s" o quella "z" va letta in modo dolce o duro? Beh, esistono dei piccoli trucchi per capirlo velocemente e regole precise che è indispensabile conoscere per imparare la giusta pronuncia. Ce lo spiega il docente Michele Letteranell'ottava puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE su VOCI.fm

VideoCorso a cura diMichele Lettera


corso on-line di dizione.

Annalisa ci ha chiesto qualcosa sulla “S” dolce - “Z” dolce, “S” dura - “Z” dura.

Queste consonanti sono molto importanti nella lingua italiana perché si possono pronunciare in due modi differenti; entriamo nel dettaglio. La “s” si può dire sorda o dura, dolce o sonora. Stessa cosa vale per la “z”. Facciamo qualche esempio; se io vi dico la parola “sasso” secondo voi è una “s” dolce o dura? O meglio, sorda o sonora? “Sasso“ ha una “s” sorda. Fate questo esercizio insieme a me, mettetevi due dita all’altezza della gola e pronunciate la parola “sasso”, allungando la “s”.
Poi, sempre con le due dita nella stessa posizione, pronunciate la parola “casa”, sempre allungando la “s”. Noterete che nella parola “sasso” non vibrano le nostre corde vocali: per questo la consonante si chiama “sorda”.
Al contrario, nella parola “casa” le corde vocali vibrano. Quando non siete convinti se una parola ha al suo interno una “s” dolce o una “s” sonora fate proprio questo esercizio, mettetevi due dita sulla gola e valutate se le corde vocali vibrano o meno.

Andiamo a spiegare qualche regola.
La "s” è quasi sempre dolce quando si trova tra due vocali. Ad esempio: “casa”, “cosa”, “chiuso”, “esempio”. Nei vocaboli composti tipo “girasole”, al contrario, la “s” è dura. Ci sono anche alcuni suffissi dove la “s” è dura (ad esempio in “oso”) ma si sta andando verso una pronuncia che è quasi sempre della “s” dolce. Addirittura l’Accademia della Crusca dice che se si trasforma la “s” dura in dolce non si fa errore. Viceversa, se si trasforma la “s” dolce in dura si fa errore; parole come “disegno”, “preside”, “presidente”, “Pisa” che si devono pronunciare con la “s” dura possiamo anche modificarle e pronunciarle con la “s” dolce perché l’Accademia della Crusca ce lo permette.

Qualche regola invece sulla “z”. Quand’è che troviamo la “z” sorda e la “z” dolce o sonora? Se io dico la parola “zucchero”, oppure “zio”, oppure “zuppa”, sto pronunciando una “z” dura. Se dico la parola “zanzara” oppure “zoo” sto pronunciando una “z” dolce. La differenza principale tra la “z” e la “s” è che la doppia “z” si può pronunciare anche dolce, tipo “magazzino” mentre la doppia “s” non può essere dolce, ma sempre dura. Diamo qualche regola sulla “z” dura: è sempre così quando è preceduta dalla “l” (ad esempio “milza”, “calza”, “alzare”).

Queste sono le regole principali delle due consonanti “s” e “z”, ma la cosa più importante è pronunciare la “s” dolce, perché questa riesce a scremare molto ogni tipo di dialetto, soprattutto quelli del Sud.

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: articolare la maschera facciale

Sapete che per migliorare la lettura è utile fare degli esercizi di ginnastica con la mandibola? E che "articolare" bene la maschera facciale aiuta molto il nostro modo di parlare? Ce lo spiega il docente Michele Letteranella settima puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE su VOCI.fm

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Benvenuti nella settima lezione di questo mini-corso di dizione on-line.

Mi sono arrivate delle richieste sull’articolazione della mandibola e della muscolatura facciale. Così in questa lezione cercheremo di vedere qualche esercizio importante per la smobilitazione della così detta “maschera facciale”.

Che cos’è la "maschera facciale"?
Sono tutti i nostri muscoli facciali, i seni paranasali, i nostri zigomi che fungono da risuonatori e anche l’articolazione della bocca e della lingua.

Ci sono degli esercizi specifici da seguire, che possono risultare un pò noiosi però a lungo portano dei grandi benefici.

La muscolatura facciale funziona come qualsiasi altro tipo di muscolatura corporea. Immaginate di andare in palestra e senza aver mai fatto nulla iniziate ad alzare  60 chili. Vedrete che vi risulterà un tantino complicato, quindi partirete con 5 chili, poi ne alzerete 10, poi 15 e man mano arriverete ai 60 chili di cui sopra.

Questo perché la vostra muscolatura si è allenata gradualmente. Stessa cosa funziona con la muscolatura facciale. Quando siamo bambini, la nostra mandibola non è formata ancora al meglio poi, crescendo, si calcifica e quindi diviene un pochettino più complicato articolare bene; inoltre alcune conformazioni di mandibola sono differenti da altre e questo ci da qualche problemino in più, come il “rotacismo” (quella che tutti definiscono “erre moscia”).

Prima di tutto un'esercitazione semplice ma efficacissima, con risultati garantiti i due mesi: prendere un testo e leggerlo come se articolaste al massimo. Dovete pensare di “strappare” le vostre guance verso l’esterno e verso l’alto in modo da alzare anche gli zigomi e appunto ampliare il raggio d’azione della bocca e della mandibola. Se fate questo per cinque minuti sempre cercando di sillabare al massimo, vedrete che al termine dell’esercizio vi faranno male gli zigomi e la mandibola. Subito dopo, rileggete lo stesso testo in maniera normale e naturale. Vi accorgerete che la vostra articolazione sarà leggera. Immaginate di tornare in palestra, alzare un peso, fare dei movimenti, posare il peso e rifare lo stesso movimento; il braccio è come se si sollevasse perché è abituato a fare più sforzo. Se voi allenate l’articolazione, quello vi aiuterà ad essere più naturali e più pronti.

Un altro esercizio, prima di concludere, è dedicato alla lingua. Per 30 secondi spingete la lingua verso la guancia sinistra, poi altri 30 secondi verso quella destra. Inoltre fate roteare la lingua intorno ai denti, 5 giri a destra e 5 giri a sinistra. Fate questo movimento, cinque-dieci minuti al giorno e vi garantirete un'articolazione migliore nel giro di un mese.
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: correggere la cadenza dialettale

La tua cadenza dialettale è difficile da correggere? Vorresti iniziare a parlare in modo più pulito ed espressivo? VOCI.fm ti aiuta con i consigli del docenteMichele Lettera, nella decima puntatadel VIDEOCORSO di DIZIONE.

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Ciao a tutti! Molti di voi mi dicono come fare per “interpretare”, ovvero di fornire qualche pillola sulla “lettura espressiva” o “lettura interpretativa” che dir si voglia.

Altri mi chiedono come si fa ad eliminare la cadenza dialettale.

Quest'ultima è una delle cose più complicate da spiegare in poche lezioni, anche perché il dialetto non è simile per tutti, cioè non c’è un unico dialetto che va inteso per tutta la nazione.  Noi abbiamo tante regioni, tanti dialetti ed ognuna è differente cioè per ogni dialetto è necessario fare un lavoro specifico.

Ad esempio, persone che vengono ai miei corsi da Palermo non posso trattarle come quelle che vengono da Milano, perché hanno altre intonazioni, un dialetto molto differente e quindi con caratteristiche diverse da affrontare; perciò l’argomento è davvero molto vasto. Iniziamo col parlare di “interpretazione”, ne diamo qualche cenno.

Che cosa significa "interpretare"?
Ci sono due cose sa distinguere. Leggere non è interpretare, leggere significa “leggere in mente”.

Perché è importante leggere ad alta voce?
Perché spesso quando leggiamo in mente, la pagina dura 30 secondi visto che lo sguardo va veloce. Proviamo a leggere la stessa pagina ad alta voce e già ci rendiamo conto che la lettura dura molto di più e possiamo interpretarla meglio.

Il primo passo, quindi, è chiedersi: “leggo mai ad alta voce?”. Il 95% delle persone mi risponde di no.

Tutti leggono in mente e questo è deleterio perché non ci ascoltiamo e non riusciamo a capire gli sbagli che facciamo e quindi ad interpretare bene. Io consiglio a tutti coloro che vogliono imparare ad interpretare, prima di tutto, di prendere coscienza della propria interpretazione, cioè di iniziare a parlare ad alta voce.

Se invii una nota vocale con WhatsApp e poi la riascolti, potrai dire “faccio schifo”, perché dialetto o mancanza di dizione si fanno notare; e poi moltissime persone non sono abituate a riascoltarsi.

Se voi vi abituate a fare questo, la vostra voce inizierà ad esservi familiare e potrete agire sui difetti. Quindi, da domani in poi, prendete un testo e cominciate a leggere ad alta voce; poi chiedetevi: “Se io fossi dalla parte del pubblico mi starei ad ascoltare?”

Insomma, mettetevi dalla parte del pubblico e non dalla parte del lettore, fate una critica costruttiva e mai distruttiva. Nelle prossime lezioni, avrò modo di fornirvi qualche consiglio ancora più mirato ma ribadisco: leggere ad alta voce, cercando di interpretare con il pensiero del pubblico e non con il vostro.
  

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: cos'è la dizione

VOCI.fm, in collaborazione con Michele Lettera, speaker e docente di doppiaggio, offre un'opportunità straordinaria a tutti i suoi utenti: un vero VIDEOCORSO di DIZIONE con più di dieci appuntamenti. Potrete affinare la vostra tecnica o apprendere da zero i segreti della pronuncia corretta.

Videocorso a cura diMichele Lettera


Benvenuti al corso di dizione on-line! Queste saranno delle brevi video-lezioni che vi introdurranno al mondo della dizione

Io sonoMichele Lettera,attore,doppiatore espeaker; insegno dizione,lettura espressiva epublic-speaking in tutta Italia e anche invideo-conferenza on-line.

Innanzitutto, che cos'è la dizione?
La dizione è il modo in cui vengono articolati i suoni che compongono il linguaggio. Con questo termine si intende, oltre alla mera pronuncia delle parole oggetto dell'ortoepia, l'insieme dei meccanismi della fonetica articolatoria e in generale la produzione del linguaggio orale.

Questa è la spiegazione tecnica, poi andiamo nella spiegazione più pratica: imparare la dizione significa parlare da Nord a Sud senza far capire la nostra provenienza. La persona che ci ascolta non deve capire da dove veniamo, quello significa parlare correttamente in dizione.

Purtroppo, ma anche per fortuna, l'italiano è una lingua sempre in evoluzione e quindi capita che nel corso del tempo molte parole cambino accento e pronuncia, proprio per via di questa cosa. La nostra lingua deriva dal fiorentino, è una lingua antica che con il Manzoni si è affermata prepotentemente.

Da che cosa è composta la dizione?
Troviamo principalmente gliaccenti, che possono essere aperti o chiusi. L'accento aperto si dice anche “accento grave”, l'accento chiuso si dice anche “accento acuto”. Un accento aperto è quello troviamo nella parola “sedia”, un accento chiuso è quello “reni” (inteso come schiena).

Andiamo a vedere invece quali sono le vocali della lingua italiana.
Tutti pensano che le vocali della lingua italiana siano cinque, ma in realtà sono sette: cinque vocali alfabetiche e sette vocali fonetiche, ossia sette vocali alle quali noi possiamo dare un suono differente. Quali sono queste sette vocali?

Abbiamo la “a”, “i”, “u” che possiamo pronunciare solo in questa maniera, non ci sono altri modi per pronunciare queste vocali, e poi abbiamo le vocali più importanti, ossia la “è” nel verbo essere, la “e” congiunzione, “ho” come il verbo avere, “o” chiusa. Quindi tre vocali che sono neutre, definiamole così, perché noi non possiamo produrre un suono differente per queste tre vocali e poi abbiamo altre due vocali che possono essere aperte e chiuse e quindi ne abbiamo altre quattro. Insomma, sette vocali in tutto.

Inoltre abbiamo ventuno consonanti e due semiconsonanti.
Le semiconsonanti sono la “ie” della parola “ieri”, che si grafica con la “j” e la “uo” della parola uomo che si grafica con la “w”. Questi sono i principali dittonghi della lingua italiana e nel corso delle prossime lezioni vedremo come metterle in pratica.
 
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: gli accenti

VOCI.fm, in collaborazione con Michele Lettera, speaker e docente di doppiaggio, ti offre la seconda puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE, dedicata agli accenti. Potrete affinare la vostra tecnica o apprendere da zero i segreti della pronuncia corretta. Ogni due settimane, di mercoledi, un nuovo appuntamento. Basta un clic!

Videocorso a cura diMichele Lettera


Bentornati al corso di dizione on-line. Nella prima lezione abbiamo visto che cos’è la dizione, il modo in cui vengono articolati i suoni che compongono il linguaggio e quali sono le vocali, le consonanti e le semiconsonanti (ossia i dittonghi della lingua italiana). Abbiamo detto che sono 7 vocali, 21 consonanti e 2 semiconsonanti (ossia 2 dittonghi). Ora facciamo un passo in avanti. Che cosa incontriamo di altro nella dizione? Incontriamo l’accento tonico e l’accento fonico.

Che cos’è l’accento tonico e che cos’e’ l’accento fonico?
L’accento tonico indica la forza che viene data ad unasillaba, in particolare all’interno della parola; ad esempio, se io dico la parola "mercoledi" l’accento tonico cade sulla vocale “i” quindi cade sull’ultima sillaba: mer-co-le-di. Ma facciamo anche un altro esempio: nella parola "vuoto" l’accento tonico cadrà sulla “o”: vuo-to.

Quindi, ricapitolando, l’accento tonico è la forza che viene data ad una sillaba, in particolare  all’interno della parola. 
Facciamo un altro esempio: quaderno (qua-der-no), quindi l’accento tonico in questo caso cade sulla “e” e così via… L’accento tonico può cadere su tutte le vocali, può cadere sulla” a”, sulla “i”, sulla “u”, ma anche sulla  “e” e sulla “o”. L’accento fonico invece indica le distinzioni tra suoni aperti e suoni chiusi per le vocali “e” ed “o”; quindi indica soltanto questa distinzione. Ad esempio, se io dico la parola "sedia" (sè-dia), innanzitutto troviamo una “e” aperta perché se fosse chiusa sarebbe "sé-dia".
Si chiama "accento fonico" perché indica le distinzioni tra suoni aperti e chiusi per le vocali “e” e “o”. 
Nella prossima lezione vedremo la regola principale e la più importante della lingua italiana. 
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: i dittonghi

Su VOCI.fm parliamo di dittonghinella quarta puntata del VIDEOCORSO di DIZIONEin collaborazione con Michele Lettera, speaker e docente di doppiaggio. Conoscerne la regola e le eccezionici permette di risolvere tantissimi dubbi legati alla corretta pronuncia di molte parole della lingua italiana.

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Quarta lezione di questo minicorso di dizione on-line.

Parliamo di “dittonghi”, che sono fondamentali nella lingua italiana; purtroppo, da Nord a Sud, c’è chi li pronuncia aperti, chi li pronuncia chiusi e chi molto spesso li sbaglia.

Partiamo col dire quali sono i dittonghi nella lingua italiana. Incontriamo il dittongo “ie” che si grafica con la ‘’j’’, poi abbiamo il dittongo “uo” che si grafica con la ‘’w’’. Questi sono i dittonghi principali e se volete apprendere appieno la dizione italiana dovrete imparare ad utilizzarli sapientemente.

Diciamo qualche regola su questi dittonghi.
Il dittongo “ie” è normalmente aperto, ossia vuole la “e” aperta; facciamo qualche esempio: "pieno", "cielo", "siero" ecc. Quindi, normalmente, quando incontriamo una parola che ha all’interno il dittongo “ie”, la pronunciamo aperta. Ma ci sono delle eccezioni come, ad esempio, nei suffissi di derivazione etnica in “iese”, in cui il dittongo “ie” si pronuncia chiuso ("marsigliese", "ateniese", per portare due semplici esempi). Altra eccezione nei suffissi dei diminutivi in “ietto”, come “maglietta”, “foglietto”, “vecchietto” che mantengono la “e” chiusa. Poi nei vocaboli “chierico” e “biglietto”: anch’essi si pronunciano con la “e” chiusa. Ultima eccezione nei suffissi in “iezza” ("ampiezza" o "sottigliezza"); per il resto, qualsiasi parola incontriate dovrete pronunciare il dittongo “ie” aperto.

Passiamo al dittongo “uo”, anche questo normalmente aperto. Facciamo qualche esempio: ”buono”, “suocera”, “cuoco”, “uova”, “scuola”. E le eccezioni del caso? Nei suffissi degli aggettivi e dei sostantivi in “uoso”: “affettuoso”, “sinuoso”, “flessuoso” e poi nelle parole “liquore” e “languore”. Ricapitolando, il dittongo “ie” e il dittongo “uo” sono normalmente aperti.

Io vi consiglio di ricordare le eccezioni perchè una volta memorizzate queste saprete che tutte le altre parole si pronunciano con il dittongo aperto.
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: il "raddoppiamento sintattico"

Perchè chi abita al Sud Italia tende a raddoppiare le consonanti? E chi vive al Nord a commettere l'errore contrario? Di "raddoppiamento sintattico" e delle regole fondamentali ci parla il docente Michele Letteranella nona puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE su VOCI.fm

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Benvenuti alla nona lezione di questo mini-corso on-line di dizione.

Parliamo del “raddoppiamento sintattico”, una delle cose che difficilmente si mette in pratica in modo corretto.

Innanzitutto, al Nord Italia il raddoppiamento sintattico si fa molto meno rispetto al Sud Italia, ma come mai succede questo?
Dobbiamo guardare la storia e considerare che al Nord c’è stata una dominazione di lingua diversa rispetto al Sud, che ha portato ad accentuare questo problema. Infatti è tipica la frase del Nord “ma cosa fai?” (senza il raddoppiamento) piuttosto che al Sud “ma c(c)osa fai?” (con il raddoppiamento). Al Sud si raddoppia molto anche la “b”, tipo “la mia rob(b)a” o “rag(g)ione”, con due “g”.

Diamo qualche cenno: che cos’è il raddoppiamento sintattico o fono sintattico?
In maniera tecnica è il rafforzamento di una consonante iniziale di parola quando la parola che precede finisce per vocale.

Detto in maniera più pratica, il raddoppiamento sintattico lo faccio in parole tipo: “perché (f)fai questo?”, oppure “mercoledì (s)sera” o “giovedì (s)santo” o ancora “venerdì (n)notte”. Insomma, prendo la parola “giovedì”, prendo la parola “sera”, ci metto un'altra “s” in mezzo, unisco la parola e la leggo come la pronuncio, ovvero come se fosse scritta tutto attaccato.

Vi esorto a fare questo esercizio: prendete le due parole, mettete un'altra consonante e pronunciatela in questo modo.

Ma il raddoppiamento sintattico quando va fatto?
Va fatto tecnicamente dopo i monosillabi, dopo il “tra” e dopo il “fra” (esempio, “fra quanto tempo vieni?), oppure dopo il “ma” (“ma che cosa fai?”). Con il raddoppiamento sentite proprio la doppia “c” e vi dovete esercitare con l’ascolto attivo. Il raddoppiamento va fatto anche con la “è” del verbo “essere” e con la “e” congiunzione: “è questo”, ne è un esempio comunissimo.

Ci sono però delle eccezioni.
Il raddoppiamento non va fatto dopo gli articoli determinativie dopo gli articoli indeterminativi; spesso sento dire “la (b)bella e la (b)bestia” ed è un errore perché io ci metto tante “b” ma in realtà ne è soltanto una. Il raddoppiamento sintattico non va fatto dopo le parole polisillabe, ovvero formate da più sillabe. Ad esempio, sento spesso “quanta (b)bellezza” ma è sbagliato perché quanta è una parola polisillaba e quindi è “quanta bellezza”.
Vi invito a sentire la differenza. Il mio consiglio è quello di registrarvi e fare caso al raddoppiamento sintattico proprio a livello sonoro, sentirete un rafforzamento della consonante; in questo modo vi accorgerete dei progressi fatti e degli sbagli che dovete ancora correggere.

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: l'articolazione delle consonanti

Una corretta dizione passa anche per un'attenta articolazione delle consonanti. Altrimenti si finisce col dire “piaSCere” anziché “piaCere”! Per fortuna, grazie al docente Michele Lettera, scopriamo sul #sitodellevoci esercizi facili-facili per migliorare anche in questo.

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Benvenuti alle lezione numero 12 di questo mini-corso di dizione on-line.

In questa lezione andremo a spiegare l’articolazione delle consonanti, perché a seconda del luogo di articolazione delle consonanti ne distinguiamo vari tipi.

Abbiamo le cosiddette consonanti “bilabiali”, pronunciate chiudendo le due labbra e poi aprendole come la “B” in “bene” e la “P” in “piacere”. Provate e vedrete che le labbra prima si uniscono e poi si aprono.

Poi distinguiamo le consonanti “labio-dentali”, pronunciate con gli incisivi che vanno a toccare il labbro inferiore come la “V” in "vero".

Dopodiché abbiamo le consonanti “dentali”, con la punta della lingua che tocca gli incisivi superiori, coma la “D” in “dente” e la “T” in “tela”.

Altri luoghi di articolazione riguardano le consonanti “alveolari”, con la punta della lingua che tocca gli alveoli degli incisivi superiori, come la “L” in “ulivo” oppure “lieto”.

Abbiamo poi le consonanti “palatali”, ossia pronunciate con la lingua che tocca il palato come la “GN” in “gnomo” oppure la “SC” in “scena”.

Infine, le consonanti “velari”, pronunciate con la chiusura del velo palatino (il cosiddetto “palato molle”), come la “G” in “riga” oppure la “C” in “Como”.

Le consonanti possono poi essere consonanti “sorde” o consonanti “sonore”, come abbiamo potuto vedere nella lezione sulla “S” e sulla “Z” sorda. Una consonante sorda è la “C”, infatti con essa le corde vocali non vibrano, mentre con la “D” di “dente” vibrano.

Oltre questo, vorrei rispondere ad una domanda che mi è stata fatta: “come migliorare la “C”, la “GH” e la “G”?”

Infatti, in alcune Regioni d’Italia, la “C” si pronuncia come “SC”, tipo “(SC)Ciliegia” o “Pia(SC)cere”.

Alleniamoci con alcuni scioglilingua: partite con “5055” (cinquemilacinquantacinque) per la “C”, poi aumentate a “5555” (cinquemilacinquecentocinquantacinque) e ancora “55555” ecc. In questo modo avrete proprio una pronuncia molto forte di questa “C”, che non deve diventare “SC”, poichè la “C” corretta è quella di “ci sono”, di “c’è” (“lui c’è”) e la “C” di “casa” corretta è articolata proprio chiudendo il velo palatino.

Allenatevi, trovate delle parole che hanno al loro interno queste consonanti e vedrete che man mano la pronuncia corretta sarà sempre più facile.
  

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: l'ascolto attivo

Attenzione a questa 11esima puntata del corso di dizione di Michele Lettera su VOCI.fm. E' una lezione-chiave che riassume le cinque regole fondamentali della dizione e vi spiega come esercitarvi con l'indispensabile “ascolto attivo”! Clicca e guarda.

VideoCorso a cura diMichele Lettera


In questa 11esima puntata del corso di dizione del docente Michele Lettera su VOCI.fm affrontiamo una tematica molto importante, ma spesso sottovalutata: l’ascolto attivo.

Significa “ascoltare attivamente una persona”, ossia non ascoltare quello che sta dicendo, ma come lo sta dicendo.

Noi abbiamo tre tipi di linguaggio: linguaggio verbale (le parole che diciamo), linguaggio paraverbale (come diciamo le parole, quindi il tono o il volume che utilizziamo) e il linguaggio non verbale, ossia come mi muovo, come mi vesto, le espressioni.

Si dice che per comunicare bene, questi tre livelli della comunicazione debbano essere congruenti tra di loro.

Quindi per fare "ascolto attivo" dobbiamo estraniare gli altri due livelli e pensare soltanto alla comunicazione paraverbale, ossia a come questa persona mi sta parlando, quali sono le parole che sta dicendo bene, quali sono quelle che sta sbagliando in dizione.

Ricordate queste cinque regole fondamentali:

  1. i suffissi in “ménte” sono chiusi, quindi tutte le parole che finiscono in “mente”, come “sinceraménte”, “inutilménte”, “torménta”, si pronuncia con la “e” chiusa.

  2. il dittongo “uo” normalmente è aperto e potete vedere le eccezioni su questa lezione

  3. il dittongo “ie” è normalmente aperto

  4. il condizionale in “ebbe” si pronuncia sempre aperto: “farèbbe”, “dirèbbero”, “introdurrèbbero”

  5. il passato remoto in “ette” si pronuncia sempre aperto: “cedètte”, “dovettero” ecc.

Chi parla di dizione ma non sa queste cinque regole, significa che ha studiato poco oppure che il docente non è riuscito a trasmettere le basi della dizione.

Preso atto di ciò, vi consiglio un esercizio per l'ascolto attivo: per una mezz'oretta parlate con altre persone (meglio se in un contesto informale, come a casa o tra amici) senza dare risalto all’aspetto verbale ma a come le parole vengono dette, facendo attenzione alle cinque regole sopraindicate. Ad esempio, se l’altra persona dice “inutilmente” con la “e” aperta, il vostro cervello deve essere attento e correggerla. Per 5 minuti vi concentrate sul suffisso in “mente”, poi sul dittongo “uo” ecc. Un'altra mezzora dovete fare la stessa cosa ma sul vostro linguaggio. Se, ad esempio, dite “buono” con la “o” chiusa fateci caso e correggetevi.
Questo è un passo fondamentale per chi studia dizione, chi vuole migliorare deve ripeterlo ogni giorno.

Ad un certo punto assimilerete le regole, vi sveglierete e pronuncerete tutto correttamente. Merito dell'ascolto attivo :-)
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: l'uso del diaframma

Avete mai pensate a quanto sia importante regolare la respirazione mentre si parla o si legge un testo? Proprio per questo, nella sesta puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE su VOCI.fm, il docente Michele Lettera ci spiega qualche trucco per migliorare l'uso del diaframma e guadagnarne in prestazioni vocali e salute.

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Benvenuti nella sesta lezione di dizione on-line.

Oggi parleremo di un argomento importante sia per la dizione che, in generale, per la comunicazione nella vita di tutti i giorni: la respirazione diaframmatica.

Parlando della respirazione diaframmatica, citiamo qualche concetto: diminuzione della pressione sanguina, rafforzamento dei muscoli addominali e produzione di endorfine che sono i nostri antidolorifici naturali. Questi sono alcuni benefici a cui porta la respirazione diaframmatica.

Quando siamo piccoli tutti noi respiriamo con il diaframma, nessuno respira con il torace; poi, crescendo, un pò per lo stress un pò per i ritmi serrati, perdiamo questa buona abitudine.
Se fate caso ai bambini e soprattutto al loro pancino quando respirano, noterete che sono fantastici, perché fanno una "fisarmonica" e utilizzano il diaframma in maniera perfetta.

Ma che cos’è il diaframma?
È una lama muscolo-tendinea, a me piace dire, “come un palloncino”. Da sgonfio il palloncino è piccolo, se si riempie di aria il palloncino si allarga; allo stesso modo, quando respirate, questo palloncino aumenta di dimensioni (e così fa il diaframma) e se noi non siamo abituati ad usarlo nella maniera corretta, succede che al diaframma si finisce col far fare soltanto questo movimento e quindi lo si atrofizza.

Servono corretti esercizi.
Pensatelo un pò come lo stomaco: quando siete a dieta, mangiate poco cibo e lo stomaco si riempie, se aumentano i pasti il vostro stomaco si ingrandisce e dovrete mangiare sempre di più. La stessa cosa è per il diaframma a furia di metterci aria.

Con la respirazione toracica riempiamo più o meno il 70% dei polmoni, mentre con la respirazione diaframmatica il 100%. Questo che cosa significa? Beh, che se vado a leggere un testo avvalendomi della respirazione toracica, con una sola emissione di fiato arrivo più o meno a due righe. Con la respirazione diaframmatica, riesco invece a leggere anche quattro righe. Capirete che c’è una bella differenza! Prima di tutto non andiamo a corto di fiato e poi riusciamo a scandire ogni frase (quindi è importante anche per l’articolazione).

Inoltre, quando gridiamo, se gridiamo di gola, ad un certo punto capita di avere la voce stanca. Ciò significa che non stiamo utilizzando bene il diaframma, perchè basterebbe far partire un colpettino di aria dallo stomaco e questo, facendo vibrare le nostre corde vocali, ci assicurerebbe una corretta sonorità.

Prima di concludere, voglio darvi qualche esercizio per la respirazione diaframmatica.
Innanzitutto, come si fa a capire se respirate con il diaframma o con il torace? Semplice: mettetevi una mano sul torace e una sulla bocca dello stomaco in modo tale da prendere un respiro e da buttare fuori tutta l’aria emettendo una “sssssssss” fino a svuotarvi; in questo modo il diaframma si libera completamente. Poi inspirate dal naso e controllate quale delle due mani si solleva; se si solleva quella sul torace significa che avete una respirazione prettamente toracica, se si solleva quella sul diaframma significa che avete una respirazione già diaframmatica, se si sollevano entrambe significa che avete una respirazione mista e quindi dovete esercitarvi. In che modo?

L’esercizio più semplice è quello di stendervi a terra con una mano sul torace e una sulla pancia e cominciare a respirare cercando proprio mentalmente di immaginare l’aria che scende come un ascensore e non si ferma al torace ma va giù come se voi la spingeste verso il basso (verso il diaframma) e vedrete proprio che a livello visivo la pancia fa una sorta di cupoletta. Mentre all’inizio non riuscirete ad ottenere degli ottimi risultati, man mano che andrete avanti noterete progressi ed allargarete facilmente il vostro diaframma.
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: la regola principale della dizione italiana

VOCI.fm, in collaborazione con Michele Lettera, speaker e docente di doppiaggio, ti offre la terza puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE, dedicata alla regola principale della dizione italiana. Eh si, perchè sembra sia più facile del previsto comprendere il tipo di accento in una parola e quindi arrivare a pronunciarla correttamente. Scopriamola insieme, basta un clic!

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Terza lezione di questo minicorso di dizione on-line.
Ci siamo fermati con l’accento tonico e con l’accento fonico, che sono due aspetti da apprendere e da capire fino in fondo per poi andare avanti.

Vi consiglio quindi di allenarvi su questi due aspetti, anche semplicemente leggendo un libro. Allenatevi a capire dove cade l’accento e se è tonico o fonico ed a fare vari esempi.
Ci siamo fermati dicendo che manca “la regola principale”, la più importante della lingua italiana.

Quando in una parola incontriamo un accento, sia esso accento tonico o accento fonico, tutte le altre vocali all’interno della parola sono chiuse, sempre.
Questo significa che in una parola noi possiamo incontrare al massimo una sola vocale aperta. Ripeto: una al massimo, non ce ne possono essere due.

Nella parola “mercoledi” individuiamo dove cade l’accento; perché, come detto  poca fa, la regola è questa: individuare dove cade l’accento e poi considerare tutte le altre vocali sia prima che dopo l’accento come chiuse.
Su “mercoledi” abbiamo “e” chiusa, “o” chiusa; l’accento cade sulla “i”, quindi tutte le altre vocali che in questo caso sono prima (ma anche se fossero state dopo), risultano chiuse.

Facciamo un altro esempio: la parola “libro”.
L’accento è tonico sulla “i”, la “o” è chiusa (non diremo mai “librò”).
Idem per la parola “disco”: accento che cade sulla “i” e la “o” è chiusa.
Allenatevi a pronunciare la maggioranza delle vocali chiuse e soprattutto ad ascoltarvi perché se mentre vi ascoltate captate la pronuncia di una parola con due vocali aperte significa che state sbagliano.

E’ questa la regola principale da stampare a caratteri cubitali per quanto riguarda la dizione italiana.
 

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: le parole con la "GL"

Pronunciare bene le parole con la “GL”, come “famiglia” o “aglio” è un passo importante per una corretta dizione. Questo nesso consonantico sembra però creare non pochi problemi, specialmente al Sud-Italia.Per fortuna, abbiamo i video-consigli del docenteMichele Lettera, sul#sitodellevoci.

Videocorso DIZIONE con Michele Lettera: migliorare l'articolazione

Se ti dicono "Non ti ho capito bene!" non alzare la voce ma... migliora l'articolazione! E' di questo che ci parla lo speaker e docente Michele Letteranella quinta puntata del VIDEOCORSO di DIZIONE su VOCI.fm

VideoCorso a cura diMichele Lettera


Quinta lezione del nostro corso di dizione on-line.

Affrontiamo la tematica dell’articolazione, perché abbiamo detto che questa va di pari passo con la dizione, tanto è vero che la dizione è ilmodo in cui vengono articolati i suoni che compongono illinguaggio.

Quindi “articolazione” e “dizione” sono strettamente correlate.
Spesso ci sentiamo dire: “Scusa cosa hai detto? Non ti ho capito bene!” Noi cosa facciamo? Automaticamente aumentiamo il volume della nostra voce e questo è sbagliato, perché in realtà dovremmo solo articolare meglio senza “mangiarci” le finali di parola.

Se aumentiamo il volume, sprechiamo fiato e ne abbiamo una maggiore emissione; inoltre, quando parliamo troppo a voce alta, le nostre corde vocali possono subire dei danni perché finiscono sotto stress come un muscolo quando lo tendiamo in maniera esagerata. Dobbiamo abituarci a mantenere un livello normale di volume. Per questo, se io parlo con una corretta articolazione, voi riuscite a capirmi nonostante il volume medio o addirittura basso.

Tutto sta nell’articolazione.
Andiamo a vedere subito qualche esercizio pratico per l’articolazione, con gli “scioglilingua”. Quante volte avete pensato che  gli “scioglilingua” non servissero a nulla, che fossero solo un divertimento; e invece oggi scopriamo che possono aiutarci in certi complessi consonantici, partendo da “TR” o “GR”, che noi spesso ci mangiamo.

Il più classico degli scioglilingua, se non lo conoscete, vi consiglio di appuntarvelo: “tre tigri contro tre tigri”. Le prime volte lo dite lentamente, poi man mano aumentate il ritmo, ad esempio ripetendolo due volte di seguito, cercando di articolare bene e di avere un’apertura della maschera facciale ampia in orizzontale e in verticale; poi un più velocemente e alla fine molto velocemente. Noterete che diventa sempre più facile, perché avendo tenuto prima un ritmo basso e poi medio avrete registrato la vostra articolazione. Se non riuscite ancora a dirlo velocemente, ritornate al passo precedente: se state al passo medio ritornate al passo lento, se invece state al passo veloce ritornate al passo medio.

Chiudiamo con un altro scioglilingua, ancora più articolato ma carino: “trentatre trentini entrano a Trento tutti e trentatre trotterellando”! Dovete riuscire a dirlo per cinque volte senza impappinarvi. Vi consiglio di fare molta attenzione all’articolazione muscolo-linguale e facciale: gli zigomi, i seni paranasali, i nostri risuonatori. Il segreto sta nel gustarsi le parole e aprire bene tutta la maschera facciale.
 

Videointervista a Carlo Valli: voce di Robin Williams

E’ famoso prima di tutto per essere il doppiatore ufficiale del compianto Robin Williams, ma Carlo Valli ha prestato e presta la propria voce a tantissimi altri attori al cinema e in televisione. Avevamo già avuto modo di sentirlo per un’intervista telefonica, ma la nostra giornalista Patrizia Simonetti è riuscita anche ad incontrarlo per noi.

Intervista realizzata da Patrizia Simonetti


Carlo Valli su VOCI.FM. Il doppiaggio è la sua vita, possiamo dirlo? 
Beh, io faccio l’attore da quando avevo dieci anni, il doppiaggio è una specializzazione del fare l’attore e quindi rappresenta un aspetto molto importante della mia vita. 

Fare l’attore e il doppiatore allo stesso tempo ci dicono che è la condizione ideale, perché il doppiatore comunque deve saper interpretare. 
Chiaramente deve essere un attore, dare la voce ma anche “interpretare”. Il doppiatore segue degli attori che recitano sullo schermo e quindi deve saper entrare perfettamente in quella parte. 

Le capita quando doppia un certo personaggio che le rimanga “appiccicato”, come può accadere per un ruolo che si interpreta al teatro o al cinema? 
No, anche in teatro quando si fa l’ultima replica, dopo sette mesi di tour, non appena si chiude il sipario io non ricordo più niente di quello che ho detto per tutti quei mesi di fila, quindi figuriamoci. 

E’ vero che il doppiaggio è meritocratico per cui soltanto i bravi vanno avanti? 
Certo, quelli meno bravi sono più riconoscibili col doppiaggio perché il microfono è una brutta bestia, esalta tutto (sia i difetti che i pregi). Come dicevamo prima, per il doppiaggio bisogna essere bravi attori e poi apprendere una tecnica; ci sono dei tempi da seguire, non si può fare quello che uno farebbe per conto proprio in teatro o alla radio. Bisogna andare con l’attore che si sta doppiando, usando i suoi tempi i suoi ritmi, le sue pause ecc. 

Il personaggio che preferisce tra quelli che ha doppiato? 
Robin Williams è quello che mi ha dato più successo, quello che ho doppiato più volte e in particolare amo tre film: “Good Morning Vietnam”, che è stato il primo e anche molto bello, “L’Attimo Fuggente” che era stupendo e “Mrs. Doubtfire” che era una commedia divertente e impegnativa perché facevo quella voce femminile che doveva essere credibile.



CARLO VALLI: CENNI BIOGRAFICI

Carlo Valli, nato ad Asti il 4 ottobre 1943, è un attore, doppiatore, direttore del doppiaggio e dialoghista italiano. Famoso per essere la voce italiana di Robin Williams, nel 1995 vince il “Nastro d'argento al miglior doppiaggio maschile” proprio per la sua interpretazione nel film “Mrs. Doubtfire - Mammo per sempre”. Noto per aver prestato la voce al serial killer Ghostface nella serie di film “Scream”, tra il 1996 e il 2011. Inoltre, nel 2010, ha vinto il “Leggio d'oro” per la sua direzione del doppiaggio del film d'animazione PixarUp”. Come attore è stato fra gli interpreti della miniserie televisiva “La donna di picche” e della pellicola cinematografica “Le leggi del desiderio”, nel ruolo del padre del personaggio di Silvio Muccino.

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