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  • E' affidato al blogger Alessandro Delfino il viaggio di VOCI.fm nella carriera di Claudia Catani, uno dei nomi più prestigiosi del doppiaggio italiano. E' sua la voce di Wonder Woman, ma anche quella di Angelina Jolie, Cameron Diaz, Charlize Theron, Gwyneth Paltrow e tantissime altri famosissime attrici

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    E’ uscito da poco al cinema il film solista della super-eroina più famosa dei fumetti e icona femminile per eccellenza: Wonder Woman. L’amazzone interpretata da Gal Gadot (e apparsa già nel film Batman v Superman: Dawn of Justice) è qui la giovane Diana, ancora inesperta sulla razza umana e convinta che la colpa del male nel mondo sia di Ares, il Dio della guerra.

    Nella versione italiana è la doppiatrice Claudia Catani a dare voce alle insicurezze della giovane Diana, alleggerendosi e differenziandosi dalla Wonder Woman elegante e coraggiosa di Batman v Superman; ma non è la prima “donna guerriera” a doppiare.

    Dotata di una voce suadente, elegante, ma nello stesso tempo fiera e adatta per le donne forti la carriera di Claudia Catani (cominciata da piccola doppiando il nipotino di Marlon Brando ne "Il padrino") è circondata di attrici spesso dedite a ruoli coraggiosi.

    Sua ad esempio è la voce di un’attrice spesso abituata a ruoli di azione: Angelina Jolie; Claudia Catani la doppia in film famosi come "Wanted" e "Mr. & Mrs. Smith"; o l’agente dell’FBI Gillian Anderson nella famosissima serie "X-Files", Charlize Theron in "Mad Max: Fury Road".

    Ma un doppiatore è un attore e la bravura di Claudia non si limita ai ruoli forti: riesce a rendere la raffinatezza dell’attrice francese premio Oscar Marion Cotillard in "Nine", "Inception" e "Allied: un’ombra nascosta"; ma anche ruoli drammatici delle stesse Angelina Jolie (Changeling) , Cameron Diaz (Ogni maledetta domenica) e Charlize Theron in molti film come "L’avvocato del diavolo", "La moglie dell’astronauta" e "Sweet November".

    Nel 2014, la Disney la sceglie per doppiare Angelina Jolie nel film "Maleficent", dove riesce a restituire in italiano l’ambiguità, la fragilità e l’emotività del personaggio di "Malefica", la famosa strega cattiva de "La bella addormentata nel bosco", qui riscritta come buona per mostrare il suo punto di vista della storia. Sempre per la Disney doppia l’anno successivo un’altra cattiva da favola: Lady Tremaine, la matrigna di Cenerentola, interpretata nel live-action diretto da Kenneth Branagh, da un’altra attrice Premio Oscar, Cate Blanchett.

    Numerose altre attrici sono state doppiate in tutti gli anni novanta: Gwyneth Paltrow, Meg Ryan, Brooke Shields, Connie Nelsen, Hilary Swank, Robin Wright Penn, Rachel Weisz, Ashley Judd, Diane Krufer e molte altre.

    Vincitrice di numerosi riconoscimenti al Gran Galà del Doppiaggio tra cui il "Premio Ferruccio Amendola", Claudia Catani dimostra ancora oggi, insieme a tante altre brave doppiatrici come l’anima femminile riesca a cogliere al meglio le sfumature, le fragilità, che rendono magica l’arte della recitazione…nell’ombra.



    Le voci più belle di Claudia Catani:

    1. Gillian Anderson - Dana Scully in “X-Files”
    2. Claire Forlani - Susan Parrish in “Vi presento Joe Black”
    3. Gwyneth Paltrow - Emily Bradford-Taylor in “Delitto perfetto”
    4. Charlize Theron - Jillian Armacost in “La moglie dell’astronauta”
    5. Cameron Diaz in “Ogni maledetta Domenica”
    6. Christa Millew Lawrence in “Scrubs - Medici ai primi ferri”
    7. Angelina Jolie - Fox in “Wanted - Scegli il tuo destino”
    8. Marion Cotillard - Mal Cobb in “Inception”
    9. Angelina Jolie - Malefica in “Maleficent”
    10. Cate Blanchett - Lady Tremaine in “Cenerentola”
    11. Charlize Theron - Imperatrice Furiosa in “Mad Max Fury Road”
    12. Gal Gadot - Diana Prince - Wonder Woman in “Batman v Superman: Dawn of Justice”

    Articolo a cura di Alessandro Delfino

  • Sul blog delle voci c'è uno spazio "emozionale" in cui il doppiatoreBruno Conti racconta aneddoti, retroscena e curiosità di anni ed anni passati al fianco di colleghi, attori, direttori e registi. Grandi nomi ma anche professionisti meno noti ma comunque dal talentosuperlativo: quelli che a Bruno piace chiamare "ragazzi del leggio vecchio".

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    Ciao a chi legge. Mi incuriosisce quest’avventura di scrivere di doppiaggio su VOCI.fm, o meglio, mi stupisce... lo confesso.

    Questo lavoro che amo e che ho amato mi piace raccontarlo senza fronzoli, senza retoriche. D’altra parte sono chiacchierate amichevoli.

    In questi giorni ci sono diverse manifestazioni sull’argomento. E poi, con l’avvento dei cosiddetti “talent”, tutti sono più buoni e interessati al doppiaggio. Ma io non mi ritengo un nostalgico, tengo a dire, vivo nel mio tempo e ciò che racconto sono “solo” esperienze di lavoro.

    Ecco, io non ho mai mitizzato il doppiaggio, a volte dissacravo e lo faccio ancora oggi! Ma il mondo del lavoro quando poi è così ristretto, alla fine diventa anche un pò la tua “famiglia”. Una buffa famiglia che va dal grande maestro al meno dotato, dal coglione al più intelligente.

    E devo dire che li ho apprezzati tutti. Per me non ha mai avuto una vera logica l’ambiente del doppiaggio. Forse questo era il mistero. Io adoravo andare al turno immaginando cosa mi potesse aspettare. A volte dipendeva dal direttore e già potevi capire che turno sarebbe stato. Un altro momento era vedere i tuoi compagni di turno: se erano alcuni potevi avere un ruolo, con altri era inevitabile il brusio. E inevitabile era il direttore, o anche il film; insomma... mai la stessa cosa. Naturalmente valeva per me come per gli altri.

    Ma era sempre un appoggiarsi, uno spalleggiarsi, nel fare i fiati di un film, chi fa quello che grida, o chi dà il segnale per l’attacco all’unisono. Le risate per le papere, ma anche l’invidia di un pusillanime per chi faceva una battuta in più. Si... una battuta in più. Ma finiva lì.

    Non conosco l’invidia io, solo il giramento per chi non merita. Io ero abituato a fare sempre i neri, i delinquenti o gli attori brillanti; insomma ero una specie di jolly e potevo doppiare un vecchio avvocato su Matlock, ad esempio, al fianco del grande Giancarlo Maestri. Ma poi tornavo a fare i caratteri.

    E poi gli incontri con persone come Michele Gammino. Al primo turno lui esordì così: “Lo vedi quel bel ragazzo coi baffi, alto?” “certo”, risposi io. E lui: “Ecco, quello è il protagonista e lo doppio io! Tu doppi quello basso brutto e grasso!” Tutti a ridere naturalmente. Ho lavorato con parecchi grandi, ma io tengo molto ai miei compagni di turno di “piccoli ruoli” che erano e sono dei grandi professionisti e capaci di far tutto; vere macchine da guerra e presenti sempre in ogni turno, una garanzia vera e ho imparato tanto da loro.

    Quelli più giovani sono quasi tutti oggi delle star. Io ero sempre presente e concentrato (ero famoso per le battute) ma io mentre arrivavo al leggio leggevo velocemente le battute più ostiche e specie se pioveva sapevo che dovevo star attento alle sibilanti, alle palatali, perchè conoscevo (e conosco) i miei difetti e quindi pensavo “ok S sorda qui, Z dolce là, frase veloce qua, quindi meno emissione qui e più articolazione là.” Mi correggevo prima in testa e poi in bocca. Poi si recitava e basta. A volte fino a casa a pensare “L’avrò soddisfatto?” E questo per anni. Però ho fatto anche molti ruoli, parecchi persi, alcuni no. Ma questa è un’altra storia.

    Un’altra storia che mi diverte ancora è quella di Sergio Fiorentini. Il grande attore famoso in TV per “Il maresciallo Rocca” e uno dei più grandi doppiatori e direttori del doppiaggio dell’era moderna. Da Gene Hackman in su e in giù. Ed era anche una persona spiritosissima ma (come Gammino) non muoveva un muscolo quando scherzava. Lui andò qualche sera prima ad un concerto di Miles Davis, il quale ormai non parlava quasi più. E allora usava dei cartelli per “parlare” col pubblico. Questo fatto me lo raccontò quella che poi sarebbe diventata sua moglie, ma finì lì. Ora sono con lui al turno e si incide; di solito se nessuno dice “buona” ti giri verso la regia per capire. E quella volta mi trovai la faccia da mastino del mio Sergio con un cartello in mano con scritto “più timbro”. Ma lì per lì non capii, perchè mi ero dimenticato di Miles Davis, e dissi “Boh?”. Poi all’altra incisione lo stesso. Mi girai e un altro cartello “Più campo”, insomma tutte le indicazioni “standard“ che si davano e si cominciò a ridere di brutto, non si andava avanti dal ridere e fece impazzire parecchi colleghi perchè non ne sapevano.

    Insomma che dire... ho incontrato davvero grandi personaggi. Ma io mi tengo comunque sempre stretti i miei compagni di tante fatiche, “piccoli ruoli” e brusii. Piccoli ruoli un beneamato! Senza di loro ancora oggi certe scene sarebbero “stonate”, perchè erano capaci di intonare tutti. Grandi ragazzi del leggio “vecchio", intonatissimi. Vi adoro.

    Articolo a cura di Bruno Conti
     

  • Nell'appuntamento "Da dietro il leggio" il doppiatore romano Bruno Conti racconta di una giornata indimenticabile in sala di doppiaggio e di un provino "a sorpresa" di fianco del grande Ferruccio Amendola, storica voce di Robert De Niro, Dustin Hoffman, Tomas Milian, Sylvester Stallone e tantissimi altri divi di Hollywood. 

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    Un giorno, poco prima delle 12.00 e a turno finito, mi avviavo verso l’uscita (o forse verso il bar, non ricordo). Non ricordo nemmeno come fu che vidi Ferruccio Amendola in regia da solo, a luci accese.

    Un pò mi meravigliò perché quello stabilimento che era la “Fonoroma” non veniva utilizzato spesso dalla CDC di allora e comunque non è che da quelle parti Ferruccio si vedesse di frequente.

    E lì il dilemma: “Mi presento? Mi faccio sentire? Maledetta la mia timidezza!”. Però era anche un’occasione ghiotta almeno per prendere un appuntamento; “Chissà quando mi ricapita”, pensai, e che tanto la paura (quella “sana” paura dell’attore) ormai avevi compreso che mi avrebbe accompagnato a lungo.

    Decisi! Salutai e dissi la famosa frase di rito di cui già vi ho parlato nel precedente racconto. Lui mi guardò e mi disse senza esitare un secondo: “Io ascolto tutti i colleghi!”, con il suo “filo” di voce ma deciso come una battuta di RamboNaturalmente mi spiazzò. “Ora appena torna ilfonico lo facciamo ilprovino”.

    Ecco fatto: volevo fare il provino? E ora datti da fare! Però anni dopo mi consolai ascoltando un anziano collega che mi disse che “aveva impiegato dieci anni per superare la paura del leggio”. Allora non ero proprio un eccezione!

    Tornò il fonico e cominciò a preparare l’anello; un pò di ossa me le ero fatte ormai, ma a quei livelli devi essere preparato. Ero cosciente che la mia voce e il mio modo di recitare potevano interessarlo come a tutti quelli che “parlano” al doppiaggio e quindi... che poteva succedere?

    La sua accoglienza e la sua disponibilità mi avevano spiazzato... e ancora non era niente. Mi spiegò che non aveva un attore giovane a disposizione e quindi me l’avrebbe fatto su un attore “un po’ più grande di te ma insomma...”

    E venne vicino a me appoggiato al leggio come di solito facciamo tutti. I provini a volte erano di poche battute, a volte invece erano scene; qualche “artista” faceva recitare solo il copione, insomma la storia è sempre quella.

    A questo punto si spengono le luci e si sente la sua voce, rivolta al fonico: “No no toglila!”. Ed arrivò la prima sorpresa. Sullo schermo apparve semplicemente Peter Falk! Direte: “Ma tutte a te?” Ora il punto era che non solo si trattava di Falk già anziano, ma addirittura di un monologo da finale di film, bellissimo ma non certo una passeggiata.

    Io leggevo le battute e le mandavo a memoria (di solito faccio così a meno che sia molto lunga la battuta) e doppio a memoria. Mentre lo guardavo in originale osservavo la faccia, i fiati, le battute lunghe, quelle corte, le parole più ostiche dove potevo scivolare, perchè poi si doveva pensare SOLO a recitare.

    E io volevo recitare bene, come ho SEMPRE cercato di fare. Punto! Sono profondamente convinto che l’attore debba fare il personaggio e basta. Ma dentro di me pensavo nella mia lingua: “E mò che je faccio?”

    Perchè era un attore più grande, perchè era difficile, ma in tutto ciò la vicinanza di Ferruccio gomito a gomito con me mi rendeva stranamente tranquillo. Dopo aver visto l’anello sonoro mi disse: “Tu fallo con la tua voce, non ti preoccupare”.

    Lo provai sul muto iniziando il vero e proprio provino. E via battuta lunga, risatina, battuta corta ma perentoria, toni dolci e poi un sussurro, pausa lunga, pausa corta, la battuta più importante, e poi via via sul finale che spiegava il tutto, forse il senso di un rapporto, del film stesso, fiati, natiche strette e... non lo mollai mai.

    Dopo un paio di volte (confesso mi stupii un pò di me stesso che per noi emotivi è dura) lui mi disse “Ok! Ora stai attento, a questo punto qui recita meno, è più semplice” (indicazione naturalmente giusta). E la riprovai. “Molto bene” !

    Io stavo posando la cuffia ma le sorprese non erano finite: si girò verso il fonico e disse: “Incidiamo!” “Incidiamo? Ma come incidiamo? Si incide un provino? Non era pensabile per me. Non era prassi per un provino “di routine”.

    E allora presi la cuffia ed il rosso in alto alla sinistra dello schermo si accese. Si ricominciò. Qui cambiai un paio di intonazioni che mi sembravano giuste per l’intenzione e poi di nuovo. “Brucia quella pausa, respira con lui, parla, parla, ecco questo è il tono, questo è il personaggio” e scivolai e risalii per un mare di intenzioni fino a chiudere quella scena bellissima.

    “Va bene!” disse sorridendo. Stavo per prendere fiato ma un’altra sorpresa: “Ora ascoltiamo!” E il fonico rimandò la scena doppiata da me. E tutti e due, gomito a gomito, ascoltammo. E lui commentava! Ecco a cosa serviva aver inciso! “Molto bella questa”, “l’hai seguito bene qui”. Mi spiegava ciò che avevo fatto, questo era il senso. E questo per tutta la scena; mi diceva cose ma solo se era necessario.

    Solo su una battuta mi disse “ecco qui hai recitato un filo!” Ma sorrideva e io non ce la feci più: “Si Ferruccio ha ragione me ne sono accorto... Ma le pare normale che io doppi questo qui vicino a lei???” Lui scoppiò in una grande risata mi mise una mano sulla spalla: “Ma no, sei molto bravo, e tu questo lavoro già lo fai e reciti pure bene!” Mi ringraziò (lui), io confuso ma anche contento mi congedai.

    Lavorammo non molto insieme perchè, fatalità, ero spesso occupato; ma è altra storia.

    Uscendo dalla sala, distrutto dall’adrenalina, dalla paura e dalla tensione, capii che non avevo fatto un provino. Avevo fatto un’esperienza che non avrei mai dimenticato. Ferruccio Amendola mi trattò da collega. Non da provinante. Ed è per questo che queste righe le dedico a Lui.

    Grazie Ferruccio, senza retorica (che odio). Ho imparato più quel giorno che in cinquanta turni.Eravamo io, Peter Falk e te. E me lo ricordo bene. 

    Articolo a cura di Bruno Conti

  • Scorrono brividi nell'ascoltare l'emozionante racconto "Da dietro il leggio" del doppiatoreBruno Conti e dei tanti turni in sala al fianco di Tonino Accolla, compianto mostro sacro del doppiaggio italiano, direttore dell'edizione italiana de "I Simpson", voce di Homer Simpson, Eddie Murphy, Jim Carrey e tantissimi altri grandi attori internazionali. 

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    Quel che era sicuro era che il turno con Tonino non sarebbe stato un turno “normale”! Questo lo sapevo già da casa. Nel senso che i turni con lui erano pieni di inventiva, trovate, fatica, discussioni, risate e confronti.

    Tutti sanno della sua bravura come attore ma io (ed altri come me) conosco bene la sua bravura come direttore. Certo può sembrare banale ma non lo è. Non tutti i bravi attori erano (e sono) dei buoni direttori di attori.

    Tonino Accolla era un personaggio controverso; chi lo amava, chi no, ma per quel che mi riguarda... mi divertiva.

    Lo conobbi nei primi tempi da “libero”, nel senso che aveva la sua società, non sapevo bene chi fosse, poi mi fu spiegato. Non ricordo di aver fatto provini; vidi poi che faceva lavorare gli attori in turni di brusio e così li sentiva. E usava molto noi giovani, sapeva collocarti nei ruoli che tu eri all’altezza di fare.

    Lui si incuriosì a me dopo un fatto: aveva un problema e andò via lasciando la direzione al grande Sandro Iovino. Prima di andare mi disse: “provaci tu a doppiare questo qui, attento che non è facile ti lascio con Sandro”. Era il personaggio di un lustrascarpe che per attirare i clienti si serviva di una cantilena strana (oggi la definiremmo “rap”), era molto “nero” ed effettivamente non era facile ma bastava andargli dietro coi tempi e non recitare. Ancora mi ricordo l’incipit: “splendi e vai, splendi e vai” e via coi vantaggi di avere le scarpe pulite: “con la fidanzata, il lavoro, la gente”. A pensarci bene, forse non era nemmeno un attore tanto era vero; va a capire! Io lo doppiai seguendolo e Sandro (che conoscevo poco allora) mi disse che l’avevo fatto molto bene e di stare tranquillo.

    Io andai, come spesso accade, dubbioso del mio operato; sono sempre stato umile ma alle volte lo ero (e lo sono tuttora) un po’ troppo. In breve seppi che lui era stato molto contento di quel pezzo “rappato” e infatti me lo confermò. Ogni tanto un collega mi faceva, ridendo, “splendi e vai, splendi e vai”; io neanche capivo che era un complimento. Cominciai così a lavorare anche con lui (ho la fortuna di poter dire che i miei maestri sono stati spesso anche colleghi oltre che direttori) e lui diceva che bisognava “recitare coi nervi”. Una sua massima, come numerose altre, che poi diventavano fonte di battute fra noi e lui. Io lo prendevo in giro ma sempre col massimo rispetto.

    Lui era di quelli che mi inibiva non so se l’abbia mai saputo. E per me era una fatica in più, perchè molti sottovalutano l’emotività davanti al leggio, io no. E non riguardava solo me. Lui faceva recitare bene tutti, anche quelli che avevano un vero e proprio terrore di lui. Dava tempo, scherzava, ma se decideva che dovevi farlo tu... lo dovevi fare tu! 16 volte una battuta di un poliziotto ne “Il silenzio degli innocenti”; me la ricordo ancora: “Un’altra” diceva, e basta, ma me la fece ripetere finché non la feci buona. Con lui questa era la “routine”; a volte infatti risultava molto tosto ma alla fine la battuta era giusta e questo contava.

    Io mi sono sempre ascoltato mentre lavoravo e capivo quando la battuta era stonata; con lui non succedeva. Quindi, quando capisci che puoi “fidarti” non è cosa da poco. A volte inventava delle cose un po’ buffe, come dire la battuta dietro le spalle del collega se il personaggio era dietro una porta; era più naturale, secondo lui, del cartone davanti al microfono. Spesso citava il suo maestro (forse perchè si sapesse in giro) ma comunque si lavorava, si discuteva di questo e di quello, ci si prendeva una pausa. A volte si “sforava” di brutto. Doppiammo “Robin Hood” con un cast indovinatissimo; io però facevo troppi ruoli e si sentiva e in questo a volte non se ne accorgeva. Io colpa non ne avevo. E “Leon”, “Alien 3”, i film di Mel Brooks, film francesi d’autore, tutti diventati grandi successi. Su “Braveheart”, che io vidi a Padova perchè ero in tournée, non sbagliò una voce. Mi ricordo anche quando mi fece doppiare James Brown: “dì I feel good, metticelo che ci sta bene!”.

    A volte faceva “l’artista” e parlava come certi tromboni all’interfono, poi sbragava in siciliano se facevi una cazzata. Ho doppiato con lui indigeni, neri, bianchi, ispanici, eleganti, sporchi, vecchi, giovani, di tutto. E' stata una gran bella palestra. Poi arrivarono “I Simpson”... e si aprì un mondo. All’inizio sembrava fossero dei cartoni normali (ora sarebbe lunga e non c’entra) poi lui “capì” cos’erano (noi che doppiavamo personaggi secondari all’inizio arrancavamo), poi capimmo piano piano anche noi (anzi ce lo fece capire lui) e furono turni dove lui poté divertirsi come voleva e quanto voleva inventando voci, caratterizzazioni, linguaggi, di tutto.

    I “dialetti” cominciarono proprio con me, facevo il capo della polizia e lo stavo guardando... lui pensieroso disse “me lo fai un po’ burino?” Non era convinto e gli stava scattando qualcosa e io pensai di farlo imitando la parlata scenica di Silvio Spaccesi. Mi girai e tutti ridevano. E dal quel momento quello calabrese, quello napoletano e così via. Insomma, cominciò li un’altra delle sue invenzioni. Tonino Accolla ha dato soddisfazioni a molti attori, a volte era duro a volte perfino antipatico, ma io lo smontavo prendendolo in giro.

    Un giorno, in un momento “artistico”, diede come indicazione ad un attore : “mettici un po’ di Strurm”; io mi girai e lo guardai sconsolato. Lui per non ridere si attaccò al suo sigaro Avana. Io penso che tutti dobbiamo qualcosa a Tonino. In maniera diversa. Io non sono mai stato un doppiatore importante e non lo sarò mai. Ma la sala la conosco. E la perdita del nostro "pazzo diamante" (per dirla coi Pink Floyd) e come scrissi quando mi arrivò sul cellulare la notizia... non è stata da poco. E questo tutti lo sanno. Io da parte mia sono tranquillo perchè Tonino sapeva quanto lo stimassi, nonostante ci fu tra noi un momento di allontanamento professionale. E quando gli feci i complimenti per il suo bellissimo “Romeo + Giulietta”, rimase ancora una volta sorpreso. E disse “ah ti è piaciuto?” “E certo! Perchè? ti meraviglia?” “No... tu sei uno vero, lo so”; il tutto senza alzare la testa, quasi timidamente. Perchè pur se in quel momento non lavoravamo insieme, io ero andato a dirgli “bravo”; lo meritava.

    Lavorammo ancora insieme sempre prendendoci in giro e rispettandoci. Fino a quel messaggio.

    E certo, per finirla, sarebbe da dire: ”I wish you were here... pazzo diamante”.

    Articolo a cura di Bruno Conti

  • Sul blog di VOCI.fm il doppiatore romano Bruno Conti racconta le proprie esperienze in sala di doppiaggio. Aneddoti, personaggi, soddisfazioni e paure vissute in tanti anni trascorsi proprio lì: dietro il leggio. In questo caso si tratta di una grande emozione: il primo turno “a sorpresa” condiviso da un Bruno Conti “agli inizi” con Elio Pandolfi, che invece al tempo era già un mostro sacro del settore. 

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    Buongiorno, sono un attore, è possibile fare un provino?”

    Questa era la frase di rito che per un periodo di tempo tutti noi “agli inizi” pronunciavamo nelle regie delle varie sale di doppiaggio. A volta era un sì, a volte era un no, a volte “ritorni domani” ma, insomma, alla fine il provino si faceva!

    Serviva a sentire la voce, che ruoli potevi fare, in che fascia di età sarebbe stato più efficace metterti (quasi ogni direttore di doppiaggio aveva infatti un suo taccuino dove c’era il tuo nome e l’età probabile!).

    Questo sembrava essere tutto, ma c’era di più! I direttori davvero lungimiranti (definiamoli così) ascoltavano, come giusto, anche la tua recitazione; altri si limitavano alla tua pasta di voce.

    E poi c’era il provino... il famigerato provino che secondo me dovrebbe essere vietato dalla Corte dei Diritti dell’Uomo e che invece è ancora oggi la “porta” in ogni ambito professionale. A molti attori, specie teatrali, piaceva.

    A me ha sempre terrorizzato e ancora adesso è un problema. Ma in doppiaggio aveva (ed ha) un suo perché. Per certe cose, in passato, il doppiaggio era “più semplice e più serio” e, aldilà dei risultati futuri, il provino ti veniva raramente negato.

    Io avevo assistito parecchio a dei turni per la tecnica. Poi un giorno che c’era tempo, finalmente Liliana Sorrentino mi provinò e subito si staccò dal leggio, e dicendo “Vado di là a sentire perchè la sua voce è interessante!”, andò ad ascoltarmi dalla regia.

    Io non ero consapevole della particolarità della mia voce al microfono e del suo eventuale utilizzo. Lo sapevo dal teatro, ma dal microfono no! Liliana Sorrentino mi spiegò che era una voce che “serviva”. Cioè, non era una voce da protagonista ma da antagonista tendente al carattere, una voce “sporca”, da delinquente o da nero.

    Insomma, Liliana Sorrentino mi incoraggiò e mi fece capire che ero pronto per farmi sentire. Io avevo spiato come si faceva: le pause, l’importanza o meno della cuffia, gli attacchi da fuori campo (cioè, quando non vedi l’attore e devi entrare sentendolo), la distanza dal microfono, il timbro ecc.

    Cominciai così con questi provini e, pur ostentando una certa sicurezza e tranquillità, in realtà.... morivo di paura! Già, la paura di non andare a sync, di far buona la prima, di recitare bene, di utilizzare i fiati giusti, il testo, la faccia (io ho sempre doppiato con le facce), la cuffia, il buio, le luci da regolare, l’assistente che ti affiancava, questo cinema in questi piccoli spazi, questi attori di ogni lingua che diventano italiani attraverso te.



    I tuoi fiati, la tua fatica, e soprattutto la tua paura. Una cosa a cui nessuno pensa. Poi quando cominciai a lavorare (praticamente subito e con tutti) fu una grande sorpresa, anche se naturalmente facevo piccole parti e brusii. C’erano direttori che ti mettevano a tuo agio ed era meraviglioso, altri no ed era più dura.

    Poi capitavano cose assolutamente singolari. C’era Rino Mencuccini, un direttore piuttosto bravo e conosciuto che aveva una sua società e due sale. Gli chiesi di essere ascoltato e lui mi rispose: “guardi, so che lei è bravo e le ho dato un turno; sarà chiamato presto.”

    Di solito quando era così voleva dire che ti sarebbe stato assegnato un turno di brusio dove dicevi una battuta o due da solo e “valeva” come provino. Io insistei ma per pura cortesia e lui “Ma l’ho già distribuita! “ (la distribuzione è l’affidamento dei ruoli anche nei brusii agli attori).

    Quindi... vabbè! Arriva il giorno del turno, era pomeriggio e mi ritrovo ad aspettare i miei giovani colleghi, ma stranamente non arriva nessuno; continuo ad aspettare, finchè, un po’ sorpreso, entra un signore con aria familiare; ci scambiamo un “buonasera” di cortesia.

    A quel punto, l'assistente mi chiama con il classico “vieni”! E andai un po’ stranito, entrai in sala e mi trovai di fronte... Elio Pandolfi! Stavo per svenire, pensai che Mencuccini fosse pazzo: un turno a due con Elio Pandolfi.

    Lui doppiava un grande attore austriaco degli anni ‘40 (era un ridoppiaggio) e io il suo maggiordomo. E non mi aveva sentito mai recitare!

    Il doppiaggio è proprio un mondo strano. Lui fu cortesissimo, io dovetti fregarmene della paura, altrimenti sarebbe stata la fine! Presi la cuffia, strinsi le natiche e inizia!

    Elio Pandolfi era di una bravura imbarazzante con tempi di recitazione e cambi di tono incredibili, per non parlare della tecnica. Io mi agganciai a lui e non lo mollai più. Lo seguivo con l’orecchio per dargli la battuta con lo stesso stile del film.

    Mencuccini, che era un uomo particolare, non dirigeva in regia come gli altri direttori ma su una sedia di fronte al tavolo dell’assistente messo di lato per non togliere visuale e molto spesso leggendo il giornale con la sua candida barba bianca da Babbo Natale.

    Finito l’anello di doppiaggio domandava all’assistente se andava bene e se lui la dava buona... era buona.

    Pandolfi durante le pause mi chiese qualcosa di me, soprattutto da quanto doppiavo. Io, con tutta la sincerità del mondo, risposi di essere alle prime armi. E lui mi fece dei bei complimenti. Insomma, fui all’altezza del turno a due con un maestro e “mostro” del calibro di Elio Pandolfi; non era cosa di tutti i giorni!

    Tutto finì senza grossi inciampi, che se io ero ancora inesperto tecnicamente, avevo ascoltato tanti attori ed attrici mentre superavano le difficoltà, i consigli in merito da parte dei direttori in sala e probabilmente proprio questo mi era servito; oltre al fatto che avevo già una decina di anni di teatro sulle spalle.

    E questo fu uno dei miei inizi verso anni di paura, pause, occhi, battute scivolate, buio, sync, risate, insomma... verso il doppiaggio. Un mondo che in quel periodo era frequentato da personaggi incredibili.

    Io che ero e volevo essere un operaio dello spettacolo imparai e restituii tutto il mio saper e non saper fare.

    Articolo a cura di Bruno Conti

  • Quante volte avete riconosciuto un attore semplicemente ascoltandone la voce? Merito del “Voce-Volto”, un doppio termine che nel doppiaggio assume un solo significato: il momento in cui un timbro vocale finisce con l'incollarsi perfettamente sul volto di un attore. Scopriamo insieme molte curiosità in merito a questo importante legame. 

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    Pensiamo ad Oreste Lionello e Woody Allen, Ferruccio Amendola con Robert De Niro, Tonino Accolla con Eddie Murphy, Giuseppe Rinaldi con Marlon Brando e così via. Sono alcuni dei più noti esempi di legame “voce-volto” del cinema italiano. Spesso queste scelte che poi si rivelano continuative nel tempo si rivelano inizialmente casuali: un direttore di doppiaggio che lavorava in una determinata società sceglieva su di un attore la voce di un doppiatore che era ai tempi socio del direttore. Infatti quando capitava ad esempio che un film con Robert De Niro (che venivano affidati spesso alla CDC-Sefit Group) capitava in un’altra società la voce cambiava (come ad esempio nei film "Angel Heart" diretto da Renato Izzo per la società Gruppo Trenta-Pumaisdue dove De Niro ha la voce di Paolo Poiret; oppure "Paradiso perduto", diretto da Renzo Stacchi per la società Angriservices dove lo stesso Stacchi doppia il celebre attore).

    Col tempo le società sono aumentate, come i doppiatori liberi e spesso oggi può succedere che un attore venga doppiato da diverse voci ricorrenti: ad esempio Edward Norton, spesso doppiato da due doppiatori completamente diversi tra di loro, Massimiliano Manfredi e Massimo De Ambrosis, eppure perfettamente calzanti entrambi sull’attore. O Matt Damon doppiato da tante voci, in particolare da Francesco Bulckaen, Massimiliano Manfredi e Riccardo Rossi; o ancora Ben Affleck, doppiato spesso dai due cugini doppiatori Fabio Boccanera e Riccardo Rossi, che a loro volta hanno doppiato entrambi Johnny Depp e così via. Può capitare anche che un attore doppiato solitamente da una voce fissa o ricorrente in un determinato film possa interpretare un ruolo diverso dal solito e quindi si debba ricorrere ad un altro doppiatore; come Anthony Hopkins, doppiato di solito da Dario Penne, nel film "Hitckock", dove interpreta il celebre regista ricorrendo ad una forte trasformazione fisica, viene doppiato da Gigi Proietti. Oppure Tom Hanks, solitamente doppiato da Roberto Chevalier negli anni novanta, in "Forrest Gump" il suo biascicare viene reso in italiano da Francesco Pannofino.



    Ci sono addirittura attori talmente eclettici che, cambiando di volta in volta nei loro film non hanno mai goduto di una voce fissa e oggi le giovani generazioni di attori cambiano spesso voce di film in film, forse anche per una mancanza di ricambio che purtroppo penalizza un po’ il doppiaggio odierno.

    Oggi più che l’attore spesso si tenta di preservare la stessa voce di un personaggio di una serie tv di successo o di saghe di film al cinema, tanto che non sempre si mantiene la stessa voce anche in altri prodotti al di fuori del contesto. Ad esempio, Robert Downey Jr., doppiato all’inizio della sua carriera spesso da Sandro Acerbo, dopo il successo di "Iron Man" ha la voce di Angelo Maggi in tutti i film Marvel, ma in altri film si divide l’attore con Luca Ward.

    E’ successo anche in passato che cambiassero più volte la voce di un personaggio della stessa saga; ad esempio il celebre personaggio degli anni settanta Harry Callaghan interpretato da Clint Eastwood in cinque film ha avuto quattro voci diverse: Nando Gazzolo nel primo, Giuseppe Rinaldi nel secondo, Michele Kalamera (diventato in seguito voce ufficiale dell’attore) nel terzo e quarto, Dario Penne nel quinto e ultimo film. Oppure Bruce Willis nella saga di "Die Hard" nei primi tre film è doppiato rispettivamente da Roberto Pedicini, Oreste Rizzini e Claudio Sorrentino; quest’ultimo poi lo doppia continuamente nei film successivi.

    Il voce-volto non è passato sempre inosservato: a volte un doppiatore è stato scelto dallo stesso attore tramite i provini; qualche volta voce e volto si sono incontrati e qualche altra volta gli attori stranieri hanno reso omaggio al loro doppiatore dopo la sua morte.

    Ma vogliamo ricordare un momento importante nel 1991 quando, durante l’edizione dei Telegatti, una grande voce incontra il suo grande attore. Godetevi questo breve video. 

    Articolo a cura di Alessandro Delfino

  • Che cosa hanno in comune grandi capolavori del cinema come Forrest Gump, Scarface, Blade Runner e (ovviamente) Matrix? Semplice, una grande doppiatrice: Emanuela Rossi, voce di Robin Wright, Michelle Pfeiffer, Sean Young, Carrie Anne Moss e tantissime altre attrici. Scopriamo la sua splendida carriera nel dossier di Alessandro Delfino.

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    Nel doppiaggio spesso la carriera di un attore comincia sin da piccolo; servono di frequente bambini per dare voce a piccoli personaggi in film o serie televisive o cartoni animati. E’ stato il caso della doppiatrice di cui parliamo oggi, considerata una delle migliori e duttili della sua generazione: Emanuela Rossi.

    Emanuela comincia piccolina e spesso le vengono affidati ruoli da maschietto: ad esempio il gattinoBizet nel film di animazioneDisney del 1973Gli aristogatti. Ma è nel 1970 che Emanuela ottiene il suo primo ruolo importante: doppia la piccola protagonistaInger Nilsson nella serie svedesePippi Calzelunghe. Iltelefilm è un grande successo e la piccola Emanuela comincia a crescere e a farsi conoscere entrando nei cuori degli adolescenti anni settanta.

    Ma è nel decennio successivo che il talento di Emanuela viene riconosciuto, quando nel 1983 doppia una giovane attrice Michelle Pfeiffer, diventando la voce ufficiale dell’attrice e creando uno storico legame voce-volto.

    Per tutti gli anni ottanta e novanta diventa la voce di punta della Cdc- Sefit Group doppiando spesso ragazze belle e sensuali, ma anche donne fragili ed emotive; attrici come l’inglese Emma Thompson, l’americana bad-girl Rene Russo, la bravissima Robin Wright (famoso il suo ruolo di Jenny in Forrest Gump) e tante altre.

    A fine anni novanta doppia il film cult che porterà altri due seguiti nel 2002: Matrix, nel ruolo della lottatrice innamorata dell’eletto Neo Trinity. Numerose le attrici doppiate negli anni novanta: Uma Thurman, Nicole Kidman, Andie MacDowell, Madonna, Kim Basinger, Sophie Marceau e tante altre.

    La bravura di Emanuela riesce a spaziare da ruoli drammatici a ruoli comici riuscendo a doppiare praticamente qualunque attrice, seguendo meticolosamente l’intenzione originale e incollandosi perfettamente al volto del personaggio. Pensiamo al ruolo della pomposa e raffinata P.L Travers interpretata da Emma Thompson nel film Saving Mr Banks; o alla smarrita androide Sean Young in Blade Runner; o ancora alla cinica e senza scrupoli Amanda Waller interpretata da Viola Davis in Suicide Squad.

    Attrice talentuosa, Emanuela riesce a spaziare anche in cinema, televisione e soprattutto teatro (spesso in coppia con il marito Francesco Pannofino), attrice a tutto tondo quindi, non solo voce. Se il doppiaggio è stato spesso circondato da eccellenti voci maschili, sicuramente Emanuela Rossi rimane una delle voci femminili più belle e sensuali, capace di emozionare ad ogni battuta, ad ogni respiro e ancora oggi rimane di ispirazioni per ogni giovane ragazza che sogna di far parte di quel magico mondo nell’ombra...



    Le voci più belle di Emanuela Rossi

    1. Inger Nillson (Pippi) in “Pippi Calze Lunghe”

    2. Bizet in “Gli Aristogatti”

    3. Sean Young (Rachel) in “Blade Runner”

    4. Michelle Pfeiffer (Elvira) in “Scarface”

    5. Elizabeth Shue (Jennifer Parker) in “Ritorno al futuro 2”

    6. Robin Wright (Jenny Curran) in “Forrest Gump”

    7. Carrie Anne Moss (Trinity) in “Matrix”

    8. Rene Russo (Catherine Olds Banning) in “Gioco a due”

    9. Cate Blanchett (Jeanette Francis) in “Blue Jasmine”

    10. Emma Thompson (P.L. Travers) in “Saving Mr Banks”

    11. Viola Davis (Amanda Waller) in “Suicide Squad”

    Articolo a cura di Alessandro Delfino

  • Ci sono voci che più di altre resteranno impresse nella nostra memoria e nella storia del cinema: una è di certo quella del grande Mario Milita, famoso per il ruolo di “Nonno” Abrahm Simpson, il papà di Homer, o di Zio Paperone nei primi cartoon Disney. Con il nostro blogger Alessandro Delfino ripercorriamo la storia artistica di questo grande maestro del doppiaggio.

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    Il doppiaggio lascia spesso in Italia emozioni grazie a voci inconfondibili con le quali siamo cresciuti seguendo i nostri film o serial preferiti.

    E una di questa è stata sicuramente quella di Mario Milita, famoso per il ruolo di Abrahm Simpson, il papà di Homer Simpson, nella celeberrima sitcom; dal 1989 grazie alla sua voce senile, graffiante e ironica dona al patriarca della gialla famiglia di Springfield una comicità e una simpatia unica, seconda solo al protagonista Homer Simpson, doppiato in italiano dall’indimenticabile Tonino Accolla. Ma la carriera di Mario Milita non si è limitata al solo personaggio animato.

    Classe 1923, la sua voce pastosa e brillante si lega perfettamente a personaggi di animazione come Fred Flintstones nella serie "I Flintstones", Mr Magoo, l’anziano pedofilo nella serie "I Griffin" e tanti altri; non solo: nella sua carriera ha prestato la voce anche ad attori i carne e ossa come Bryan-Doyle Murray, Ed Williams e soprattutto Desmond Llewelin (famoso nel ruolo di Q, il geniale agente alleato di James Bond) nei film "Moonraker - Operazione Spazio" e "007 - Bersaglio mobile".

    Dopo aver ricevuto il premio alla carriera al "Gran Premio Internazionale del Doppiaggio" nel 2008, purtroppo in quel periodo comincia ad avere problemi alla voce, che si è fatta man mano più flebile e roca, dovendo lasciare completamente l’attività nel 2012.

    Mario Milita purtroppo ci lascia quest’anno dopo una lunga malattia, ma noi tutti lo vogliamo ricordare come la voce del nonno un po’ burbero, un po’ scontroso, ma sempre affettuoso e generoso che ci ha fatto ridere e continuerà ad allietarci per molto molto tempo.

    Ciao Mario.



    Articolo a cura di Alessandro Delfino

    Le voci più belle di Mario Milita (fonte Wikipedia)

    Film cinema

    1. Desmond Llewelyn in Moonraker - Operazione spazio007 - Bersaglio mobile

    2. Brian Doyle-Murray in Snow Dogs - 8 cani sotto zeroIndiavolato

    3. Ed Williams in Una pallottola spuntata 2½ - L'odore della pauraUna pallottola spuntata 33⅓ - L'insulto finale

    4. Eli Wallach in Tentazioni d'amore

    5. Lee Strasberg in ...e giustizia per tutti

    6. Fred Krause in Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York

    7. Bill Erwin in Mamma, ho perso l'aereo

    8. Will Hare in Ritorno al futuro

    9. Burgess Meredith in Rocky V

    10. Art Carney in Last Action Hero - L'ultimo grande eroe

    11. Richard Hamilton in Le parole che non ti ho detto

    12. Feodor Chaliapin, Jr. in Lettere d'amore

    13. Sam Jaffe in Orizzonte perduto (ridopp.)

    14. Henryk Bista in Schindler's List - La lista di Schindler

    15. Roberts Blossom in Pronti a morire

    16. Thayer David in Rocky

    Serie televisive

    1. Tom Bosley in La signora in giallo

    2. Eric Porter (il Professor Moriarty) in Le avventure di Sherlock Holmes

    3. Jon Pertwee in "Lo spaventapasseri" (Worzel Gummidge)

    Film d'animazione

    1. Vecchio prigioniero in Il gobbo di Notre Dame

    2. Cittadino di Tebe in Hercules

    3. Sparky in Lilli e il vagabondo II - Il cucciolo ribelle

    4. Abraham Simpson in I Simpson - Il film

    5. L'indovino Prolix in Asterix e la grande guerra

    6. Ebenezer Scrooge in Canto di Natale di Topolino (1° doppiaggio)

    7. Politico durante una riunione in Akira

    Serie animate

    1. Fred Flintstone ne Gli AntenatiI pronipoti incontrano gli antenatiIl nuovo Fred e Barney Show

    2. Abraham Simpson ne I Simpson (nelle prime 22 stagioni)

    3. Herbert (1ª voce) e Francis Griffin ne I Griffin

    4. Mumm-Ra in Thundercats

    5. Voce narrante e dottor Harada in Holly e Benji, due fuoriclasse

    6. Gennai in Digimon Adventure

    7. Megatron in Transformers

    8. Toro che ride in Cowboy Bebop

    9. Il nonno di Titeuf in Titeuf

  • Di tutte le voci del doppiaggio sicuramente quella che più rimanda ai personaggi eroici e duri del cinema è la voce di Michele Gammino. Basta ricordare cinque dei tantissimi attori da lui doppiati: Kevin Costner, Jack Nicholson, Richard Gere, Terence Hill e, dulcis in fundo, Harrison Ford in "Indiana Jones"! Di Michele Gammino ce ne parla un vero esperto di cinema e doppiaggio: il nostro blogger Alessandro Delfino.

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    Michele Gammino inizia la sua carriera da giovanissimo, negli anni 70, sia come attore (in film di genere come i poliziotteschi e le commedie-sexy all’italiana) che come doppiatore (lo si ricorda sempre nei film di genere come voce di Luc Merenda in molti polizieschi italiani).

    E' negli anni ottanta che la sua carriera decolla. Nel 1981 doppia per la prima volta un attore già famoso per la saga fantascientifica "Guerre Stellari", Harrison Ford, nei panni di un altro personaggio che lo consacrerà nella storia del cinema: Indiana Jones. Il film "I predatori dell’arca perduta" diretto da Steven Spielberg non solo ottiene un grande successo, ma dà il via ad altri seguiti dove Ford avrà di nuovo la voce di Gammino (tranne in "Indiana Jones e il tempio maledetto" dove viene sostituito da Luigi La Monica); a parte alcuni casi il binomio Ford-Gammino diventerà inscindibile tanto che il doppiatore verrà spesso riconosciuto come la voce ufficiale dell’attore statunitense.

    Sempre nel 1981, Gammino doppia un altro attore già famoso diventando in seguito una delle voci ricorrenti: Jack Nicholson, nel film "Il postino suona sempre due volte", remake del film del 1946. Gammino si distingue rispetto ad Harrison Ford seguendo in modo meticoloso la recitazione asciutta e sorniona di Nicholson “invecchiando” e sporcando la voce donando interpretazioni memorabili: oltre al già citato film "Codice d’onore", "Wolf", "Qualcosa è cambiato", "A proposito di Schimidt".

    La carriera di Gammino comunque rimane costellata di personaggi eroici, ad esempio nel 1985 doppia un altro attore che nel periodo successivo diventerà famoso come eroe del cinema: Kevin Costner; famosi i film doppiati come "Balla coi lupi", "JFK", "Wyatt Earp", "Guardia del corpo" e tanti altri.

    Ma la bravura del doppiatore non si limita solo ai ruoli eroici: riesce con disinvoltura a passare da personaggi duri e granitici come Steven Seagal ("Trappola in alto mare" e "Trappola sulle montagne rocciose") a personaggi ironici e pungenti come Bill Murray ("Ricomincio da capo"), Cheavy Chase ("Avventure di un uomo invisibile"), Bob Hoskins ("Chi ha incastrato Roger Rabbit") e Terence Hill ("Non c’è due senza quattro", "Renegade") o ancora ad attori fascinosi ed eleganti come Richard Gere ("Pretty Woman").

    Michele Gammino rimane ancora oggi uno dei punti di riferimento del doppiaggio e tuttora la sua voce rude, calda e pastosa riesce a migliorare alcune interpretazioni di attori che in originale non hanno quel colore, quella espressività vocale che rende magico e inimitabile il mondo delle voci.



    Le voci più belle di Michele Gammino

    1. Michele Gammino in “Confessione di un commissario di polizia al Procuratore della Repubblica”
    2. Harrison Ford (Indiana Jones) in “I predatori dell’arca perduta”
    3. Harrison Ford (Rick Deckard) in “Blade Runner”
    4. Terence Hill (Luke Mantie) in “Renegade: un osso troppo duro”
    5. Bob Hoskins (Eddie Valliant) in “Chi ha incastrato Roger Rabbit”
    6. Kevin Costner (John Dumbar) in “Balla coi lupi”
    7. Richard Gere (Edward Lewis) in “Pretty Woman”
    8. Paul Sorvino (Paul Cicero) in “Quei bravi ragazzi”
    9. Steven Seagal (Casey Ryback) in “Trappola in alto mare”
    10. Bill Murray (Phil Connors) in “Ricomincio da capo”
    11. Cheavy Chase (Nick Halloway) in “Avventure di un uomo invisibile”
    12. Jack Nicholsonc (Nathan R. Jessep) in “Codice d’onore”
    13. Richard Gere (Lancillotto” in “Il primo cavaliere”
    14. Jack Nicholson (Melvin Udall) in “Qualcosa è cambiato”
    15. Kevin Costner (Jonathan Kent) in “L’uomo d’acciaio”

    Articolo a cura di Alessandro Delfino

  • Vi ricordate la risata di Eddie Murphy? E quella di Homer Simpson? E poi, come ridevano Ace Ventura o Timon de “Il Re Leone”? Una risata fa bene al cuore, all’animo e chi meglio di altri è riuscito nel doppiaggio a strapparla più di Tonino Accolla

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    Dotato di una grande vena comica, Accolla riesce a donare simpatia e personalità ai personaggi doppiati, un attore dotato non solo di un registro comico, ma anche drammatico. Sua infatti è la voce di Mickey Rourke nel film cult "Nove settimane e mezzo", del presidente degli Stati Uniti Bill Pullman in "Indipendence Day", della scimmia tiranna Tim Roth in "Il pianeta delle scimmie" e dello smagrito Christian Bale in "L’uomo senza sonno".

    Ma è sicuramente la commedia dove Tonino Accolla spicca, con la sua ironia brillante e la sua voce pungente riesce a doppiare attori completamente diversi: Tom Hanks nei suoi primi film degli anni Ottanta (come "Splash una sirena a Manhattan"), Hugh Grant nel film "Nine Month imprevisti d’amore", Billy Crystal nella celebre commedia sentimentale "Harry ti presento Sally".

    Ma è nel 1982 che Accolla presta la voce ad un giovane attore di colore che diventerà negli anni Ottanta e Novanta un’icona della comicità: Eddie Murphy. Nel film "48 ore", poliziesco serio con Nick Nolte, il personaggio di Reggie Hammond interpretato da Murphy è una spalla comica talmente riuscita da sovrastare Nolte (tanto che negli anni Novanta nel seguito "Ancora 48 ore" Murphy, ormai famoso, diventerà protagonista assoluto relegando praticamente Nolte a spalla).

    Da quel momento, la carriera di Murphy va in ascesa e Accolla lo doppia in tutti i suoi film (tra i più famosi, "Beverly Hills Cop", "Una poltrona per due", "Il principe cerca moglie", "Il professore matto") seguendo meticolosamente l’attore comico, dotato di una parlantina veloce non facile da replicare. Famosa è la risata di Murphy che in italiano Accolla rende ancora più divertente tanto che lo stesso Eddie Murphy non manca di rendere merito al suo doppiatore; la migliore prova Accolla la dà nello spettacolo "Nudo e crudo" del 1987, tratto dallo spettacolo dove Murphy si esibisce intrattenendo il pubblico con sketch comici. Il risultato è talmente esilarante che ormai si crea il voce-volto e il pubblico italiano non riesce ad immaginare Murphy con un’altra voce.

    Nel 1994 Tonino Accolla doppia un altro giovane comico che con il film "Ace Ventura" riesce ad imporsi nel panorama cinematografico: Jim Carrey. Il personaggio stralunato e bizzarro dell’acchiappa animali riesce a divertire e a diventare cult per la generazione degli anni novanta tanto da creare un seguito ("Ace Ventura missione in Africa"); dividendosi con il doppiatore Roberto Pedicini, Accolla doppia ancora Carrey in film comici come "Io me e Irene" e soprattutto "Una settimana da Dio", altro film comico molto amato.



    >Ma è anche nel fronte animazione che Accolla viene ricordato: pur avendo doppiato poco nel settore viene ricordato per due personaggi destinati a diventare memorabili: "Timon" in "Il re leone" (Disney) ma soprattutto Homer Simpson nella celebre sitcom "I Simpson". Grazie al suo talento, Accolla riesce a dare al grasso e pigro protagonista della serie animata una personalità talmente forte da rendere il personaggio ancora più esilarante dell’originale doppiato da Dan Castellaneta; non solo... Accolla aggiunge alcuni termini che in originale non esistono come: brutto bagarospo (Why you little) o Ciucciati il calzino (eat my shorts) oppure la celebre esclamazione Doh! In una delle sue ultime interviste Accolla confessa di amare talmente il personaggio tanto da ridere lui stesso quando adatta le battute dall’inglese all’italiano.

    Molto importante la sua carriera di direttore del doppiaggio dove Accolla dirige tanti cult degli anni ottanta e novanta: film come "Una pallottola spuntata", "Hot Shots", "Il silenzio degli innocenti", "Robin Hood principe dei ladri", "Mrs Doubtfire", "Leon", "Braveheart", "Romeo+Giulietta", "Il quinto elemento", "Tutti pazzi per Mary", "Titanic", "Avatar".

    Tonino Accolla ci lascia nel 2013, ma i suoi doppiaggi rimangono. Per sempre.

    Le più belle voci di Tonino Accolla:

    1. Eddie Murphy - Reggie Hammond in “48 ore”
    2. Tom Hanks - Allen Bauer in "Splash! Una sirena a Manhattan"
    3. Mickey Rourke - John Gray in "Nove settimane e mezzo"
    4. Eddie Murphy - Billy Ray Valentine in "Una poltrona per due"
    5. Kenneth Branagh - Enrico V in "Enrico V"
    6. Billy Cristal - Harry Burns in "Harry ti presento Sally"
    7. Eddie Murphy - Ax Fooley in "Beverly Hills Cop"
    8. Jim Carrey - Ace Ventura in "Ace Ventura l’acchiappa animali"
    9. Dan Castellaneta - Homer Simpson ne "I Simpson"
    10. Eddie Murphy - Principe Akim in "Il principe cerca moglie"
    11. Gary Oldman - Norman Stansfield in "Léon"
    12. Hugh Grant - Samuel Faulkner in "Nine Months Imprevisti d’amore"
    13. Nathan Lane - Timon ne "Il re leone"
    14. Ralph Fiennes - Lenny Nero in "Strange Days"
    15. Bill Pullman - Presidente Thomas J.Whitmore in "Indipendence Day"
    16. Eddie Murphy - Sherman Klump - Buddy Love ne "Il professore matto"
    17. Tim Roth - Generale Thade ne "Il pianeta delle scimmie"
    18. Ben Stiller - Ted Strohemann in "Tutti pazzi per Mary"
    19. Jim Carrey - Bruce Nolan in "Una settimana da Dio"
    20. Christian Bale - Trevor Reznik in "L’uomo senza sonno"

    Articolo a cura di Alessandro Delfino

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